Russia, vietati la bandiera Lgbtq e il coming out

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MOSCA – L’uso in pubblico dei simboli riconducibili alla comunità Lgbtq, come la bandiera arcobaleno, o anche solo la dichiarazione di appartenenza a tale gruppo, il “coming out”, in Russia sono valutati alla stregua dell’adesione a un movimento di matrice estremista e pertanto puniti dalla legge. È quanto contenuto in una nota esplicativa della Direzione regionale di Stavropol del Ministero della Giustizia. Certo, il documento ha solo valore di raccomandazione, ma dopo la decisione adottata il 30 novembre dalla Corte Suprema di inserire il cosiddetto “movimento Lgbtq” tra le organizzazioni “estremiste”, le autorità e i promotori dei “valori tradizionali” sembrano vedere ovunque i segni della propaganda.

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In alcuni casi, la caccia alle streghe innescata dal nuovo giro di vite contro la diffusione dei “valori non tradizionali” assume toni che sfiorano il ridicolo. Non si tratta soltanto della serata “quasi-nudista” delle celebrità russe, che da giorni riempie le pagine dei tabloid. Né delle incursioni delle forze dell’ordine nei locali frequentati dalla comunità Lgbtq, iniziate immediatamente dopo la pronuncia della Corte Suprema.

Il prof vestito da “fanciulla di neve”

Nella città di Nakhodka, nell’Estremo Oriente, in vista del Capodanno gli insegnanti di una scuola pubblica hanno organizzato una festa in maschera durante la quale un insegnante di educazione fisica si è travestito da Snegurochka, la figura femminile che tradizionalmente accompagna il Babbo Natale russo. Alcuni genitori, preoccupati che un uomo vestito da “Fanciulla di neve” potesse minacciare i valori della famiglia tradizionale, hanno accusato la scuola di diffondere “valori occidentali”. La direzione scolastica ha dovuto scusarsi e spiegare che il riferimento non era alla leggenda popolare, bensì al famoso cartone animato sovietico Nu, Pogodi!, in cui un lupo appare travestito, appunto, da Snegurochka.

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Il giallo del Google Map russo

A inizio settimana, molti media hanno diffuso la curiosa notizia della scomparsa dalla sezione “Mappe” del provider Yandex del Mar Egeo, in russo “Egejskoe More”. Molti utenti utenti hanno sospettato che potesse dipendere dalla combinazione delle tre lettere “gej”, che in russo compongono la parola “gay”. Qualcuno si è preoccupato di verificare se anche l’isola di Lesbo fosse scomparsa dalla mappa. Yandex ha poi rassicurato tutti con un comunicato in cui spiegava che si trattava solo di un problema di grafica, non prima che gli utenti potessero divertirsi a cercare Geyve in Turchia e Gaylord Lake negli Usa.

La crociata di Putin contro i diritti Lgbt: ora la Russia vieta anche le transizioni di genere

Le teorie complottiste sul Mar Egeo sono state alimentate anche dall’inaspettato cambio di nome dell’Istituto geologico di San Pietroburgo “Vsegei”, che in russo ricorda l’espressione “Vse Ghej”, ovvero “Tutti Gay”. Il passaggio all’altra denominazione, Istituto Karpinskij, è stato notato dagli utenti del web solo di recente. Anche in questo caso la direzione si è sentita in dovere di dare spiegazioni. “Tra i compiti della nuova amministrazione – ha spiegato l’ufficio stampa – c’è il ringiovanimento dell’agenda internazionale e Istituto Karpinskij sembra più attraente della vecchia sigla”. Nella capitale del Nord già a inizio anno il festival teatrale “Raduga”, letteralmente “Arcobaleno” ha rinunciato al proprio brand, proprio per evitare le norme sulla propaganda Lgbtq adottate lo scorso dicembre.

Le nuove leggi

A fine 2022, il presidente Vladimir Putin ha firmato una legge che rende più restrittivi i divieti di “propaganda Lgbtq” e “il cambio di genere”, che in precedenza si applicavano solo in presenza di minori. La nuova legge ha colpito in modo significativo i settori del cinema e dell’editoria. Diverse piattaforme di streaming sono state multate per “propaganda Lgbtq”. Librerie e biblioteche hanno iniziato a rimuovere dai loro scaffali i libri che potevano rientrare nell’ambito di applicazione della legge.

Il caso più recente riguarda la casa editrice Eksmo, multata per circa 9 mila euro, a causa di un fumetto presente in catalogo, Il Piccione Gennadij, dell’artista ucraina Koro. Alla base delle accuse sembra esserci la descrizione del pennuto: “I piccioni non sempre distinguono i rispettivi sessi. Pertanto, Gennadij preferisce pensare di essere pansessuale”. In natura è un fenomeno raro, ma presente.

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