San Valentino, cosa c’entra il cuore con l’amore

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“L’AMORE non è nel cuore, è riconoscersi dall’odore””. Se avete nella mente questa canzone di Eugenio Finardi e pensate alla poesia della passione che nasce dai simboli, dagli stessi umori dei corpi, sappiate che non è proprio così. Perché se è vero che una love story coinvolge la psiche e diventa cibo per l’anima, è innegabile che può avere effetti sull’apparato cardiovascolare, quasi tutti molto positivi. E non solo, materialmente, perché in qualche modo durante il rapporto sessuale si fa una sorta di “allenamento” ed aumenta la frequenza cardiaca, che nei momenti di particolare passione può anche raggiungere e superare i 100 battiti al minuto. O più prosaicamente, secondo i fisiologi nel momento dell’attesa dell’amato/a sentiamo battere il cuore più velocemente, tanto da sentirlo pulsare in gola quando lui/lei si avvicina nei momenti di maggior trasporto emotivo. Cadere tra le braccia di Cupido induce una serie di reazioni positive per l’organismo che si riflettono anche sul cuore. E soprattutto, avere una vita di coppia ben strutturata e senza grandi stress, con una persona che si prende cura dell’altra e ne riceve le medesime attenzioni, significa prevenire con maggior efficacia infarti ed ictus, oltre ad avere migliori esiti e più valide opportunità di recupero dopo un evento cardiovascolare serio.

Il ‘colpo di fulmine’

L’amore a prima vista? Esiste, e lo segnala anche il corpo. Non solo per le “farfalle” che si sentono nello stomaco o per il ‘trasporto’ emotivo che ci fa sentire di colpo più legger. No, si verifica anche uno stress acuto, per fortuna positivo. “L’innamoramento innesca una reazione ben nota in fisiologia che viene chiamata di lotta o fuga (‘fight or flight’) – segnala Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia – l’adrenalina e la norepinefrina vengono rilasciate nel flusso sanguigno quando vengono rilasciate le catecolamine. Questo fa battere il cuore più velocemente ed è per questo che si sente la tachicardia quando si è attratti da qualcuno. Questa reazione devia il sangue agli organi essenziali come il cuore e lo allontana da altri come lo stomaco”.

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Insomma, con la passione noi rendiamo ancora più avidi di sangue, ossigeno e nutrimento i cosiddetti organi ‘nobili’ come appunto il cuore e il cervello (in subordine anche i reni), tralasciando magari di approvvigionare l’apparato digerente e magari le gambe. Per questo può capitare che, nelle prime fasi, chi è preda della passione possa anche avere un calo dell’appetito (ma innamorarsi non è una dieta), oppure che quando si vede giungere l’amato/a si sentano le gambe più deboli, come si si fosse fatto uno sforzo. In pratica, infatti, innamorarsi è uno stress e come tale induce una serie di reazioni positive che ci rendono più vigili ed attenti nelle risposte fisiche ed emotive.

“Quando si nota per la prima volta qualcuno da cui si è attratti, le sostanze chimiche nel corpo iniziano a funzionare in pochi secondi. Queste sostanze sono la dopamina, la fenetilammina e l’ossitocina che vengono rilasciate nel sangue e pompate in tutto il corpo dal cuore – precisa Indolfi – queste sostanze chimiche assicurano che i sensi siano vigili e incoraggino il legame e l’attaccamento. Man mano che ci si avvicina fisicamente ed emotivamente, azioni come quella dell’abbracciare aumentano quelle secrezioni, soprattutto di dopamina, collegata a sentimenti come il desiderio e l’euforia. Quando vi è un impegno fisico, poi, il testosterone rilasciato nel flusso sanguigno può influire sulle relazioni fisiche e sentimentali. Infine è stato dimostrato che i gesti d’affetto, come il bacio, abbassano i livelli di colesterolo attraverso il rilascio di ormoni portando ad un cuore più sano”. Il tutto, va detto, senza particolare impatto sulla pressione.

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Eh già: chi pensa che l’innamoramento potrebbe aumentare la pressione arteriosa a dismisura è fuori strada, ovviamente se la passione non è frustrata dal diniego del partner: il percorso di una storia mai nata porta ad uno stress cronico, con effetti negativi. “In genere, stando alle ricerche, una relazione amorosa condivisa abbassa o comunque normalizza la pressione arteriosa – conclude Indolfi – poi non bisogna dimenticare che anche i gesti semplici di affetto sono benefici per il cuore: abbracciare qualcuno con cui si ha una relazione abbassa la pressione, perché favorisce il il rilascio di ossitocina che promuove una sensazione di legame e solidarietà. Infine, le persone innamorate tendono ad avere uno stile di vita più sano”.

Cuore infranto o felice

Purtroppo, va detto, esiste anche la sindrome del cuore infranto, chiamata anche cardiomiopatia di Takotsubo. “Questa condizione  si verifica dopo uno stress importante (come per esempio la perdita di un familiare) ed è più comune nelle donne, ma può verificarsi in entrambi i sessi – commenta l’esperto – tale sindrome provoca una temporanea incapacità del cuore a pompare il sangue anche se in alcuni casi può essere pericolosa e persino fatale. Ultima curiosità: esiste anche una sindrome del “cuore felice”, o “Happy Heart”, che può invece verificarsi a in seguito ad eventi felici e gioiosi, come un matrimonio, una festa di addio a sorpresa, una squadra di calcio preferita che vince una partita. Questa situazione porta a sintomi come il dolore toracico costrittivo molto simile a quello dell’infarto e si associa ad una riduzione della contrattilità del cuore, di solito transitoria”.

Gli effetti a lungo termine

Avere una persona vicino, alla lunga, si traduce in un vantaggio per cuore ed arterie, pur se il rapporto passa attraverso gli inevitabili screzi. Secondo una metanalisi recentemente apparsa su Heart e condotta analizzando 34 diversi studi dagli esperti dell’Università Keele del Regno Unito, chi non ha una vita di coppia perché mai sposato, divorziato o vedovo mostra un rischio più alto del 42% di sviluppare malattie cardiovascolari in termini generali e del 16 per cento per quanto riguarda specificamente le patologie coronariche. Inoltre il non essere sposati è risultato associato ad un più elevato rischio di morte per malattia coronarica (42 per cento), e soprattutto di ictus (55 per cento). Il divorzio rappresenta un momento di “rottura” anche in termini di salute delle arterie. Sia per gli uomini che per le donne la separazione sarebbe associata a un incremento del rischio di malattie cardiovascolari pari al 35 per cento, mentre la vedovanza avrebbe un peso minore: probabilmente anche per l’età più avanzata, aumenterebbe del 16 per cento il rischio di andare incontro ad ictus cerebrale. Infine il rischio di infarto sarebbe più elevato in chi non ha mai trovato l’anima gemella rispetto a chi risulta felicemente coniugato. Siamo solo nella statistica, va detto, ma si tratta di indicazioni che fanno riflettere sulla necessità di trovare l’anima gemella.

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Per chi non è soddisfatto, infine, ricordiamo che la vita serena di coppia potrebbe influire direttamente sull’aterosclerosi. Non ci credete? Uno studio apparso qualche tempo fa su Psychosomatic Medicine che ha seguito diverse coppie, correlando il benessere a due con la comparsa di placche sulle arterie carotidi che portano il sangue al cervello, ha dimostrato che chi aveva un rapporto sereno con il partner tendeva ad avere lesioni meno pronunciate sulla parete arteriosa. E poi, guardare al futuro in due potrebbe aiutare anche a prevenire il calo cognitivo che compare nel tempo. Stando ad uno studio che ha interessato quasi 4500 coppie dell’Università del Michigan pubblicato su Journal of Personality, monitorando anche fino a otto anni psiche e salute, si è visto che “disegnare” in coppia un futuro positivo potrebbe incidere sulla condizione psicologica, contribuire a ridurre la chiusura nei confronti degli altri e migliorare quindi il benessere psichico. Ma soprattutto avere una persona che aiuta a seguire una vita sana, condividendo le scelte e gli sguardi sul domani, potrebbe comunque aiutare nella prevenzione. E non solo per il cuore.

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