Scuola, gli istituti professionali sempre più simili a gironi infernali, tra povertà, scarse competenze ed episodi di violenza

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Istituti professionali come gironi infernali dove la scuola, lasciata sola, ha fallito. E le cose non cambiano molto se si tratta di istituti professionali regionali o statali. Non di rado, i ragazzi più difficili portano in classe coltelli e sostante proibite. E i docenti fanno non poca fatica a gestirli. Spesso si tratta di giovani problematici che avrebbero bisogno di un supporto, psicologico e non solo, da parte delle istituzioni e degli enti locali, perché da soli non riescono a farcela. Supporto che sovente manca. L’ennesimo episodio di violenza a carico di una docente dell’istituto professionale Enaip di Varese, accoltellata alla schiena ieri mattina da uno dei propri studenti, riporta all’attenzione il clima che si respira in alcuni istituti della penisola che si trovano in piena emergenza educativa. Dove insegnanti, personale non docente e presidi fanno quello che possono.

La segregazione della scuola italiana

Tra pochi giorni, il 10 febbraio, si chiuderanno le iscrizioni all’anno scolastico 2024/2025. I numeri ci dicono che quella che appare una scelta del tutto libera da parte delle famiglie italiane non lo è così tanto. Secondo i dati messi a disposizione dall’Invalsi, l’80% degli studenti dell’ultimo anno che nel 2022/2023 hanno frequentato gli istituti professionali italiani appartenevano alle famiglie più vulnerabili. Il loro profilo socio-economico e culturale, sintetizzato dall’indice Escs, era basso o medio-basso. In altre parole, come titolo di studio, i genitori erano in possesso di una licenza elementare o media, a casa le librerie erano semideserte, quando presenti, e a livello occupazionale le cose non andavano per il meglio: uno o tutti e due erano disoccupati o sottooccupati. Nei classici e negli scientifici la quota di studenti provenienti da contesti disagiati crolla al 33%. Un altro mondo. Negli istituti tecnici, le cose vanno un po’ meglio: la percentuale di studenti con Escs di livello basso o medio basso copre il 66%. Due ragazzi su tre. Dopo la scuola media, coloro che non hanno potuto supportare i propri figli, perché di basso livello di istruzione e con scarse possibilità economiche, prenderanno la via dei tecnici e dei professionali. Lasciando i licei a chi sta meglio. Anche a livello di dispersione implicita, i diplomati che escono dalla scuola con scarse competenze e che faranno non poca fatica a entrare nel mondo del lavoro, gli istituti tecnici e professionali danno un forte contributo. Tra i maturati dello scorso anno che mostravano una competenza in Italiano così carente da potere essere paragonata a quella di un ragazzino della terza media, tre su quattro hanno sostenuto l’esame in un istituto tecnico o professionale.

Gli episodi problematici

Per avere una vaga idea di cosa avviene negli istituti professionali italiani, basta scorrere alcuni numeri. L’anno scolastico di riferimento è il 2021/2022. Nel 48% di queste scuole è stato necessario rivolgersi ai servizi sociali per gestire i casi più problematici. E nel 20% degli istituti il preside ha chiesto l’intervento della pubblica autorità almeno una volta. Mentre nel 13% delle scuole le famiglie sono state chiamate a risarcire i danni causati dai propri figli. E nel 44% degli istituti gli studenti più indisciplinati incappati in una sospensione dalle lezioni si sono visti convertire la sanzione in “lavori utili alla comunità scolastica”. Nei licei la vita scorre in maniera più tranquilla: la percentuale di capi d’istituto costretti a richiedere l’intervento dalla forza pubblica scende al 7%, i servizi sociali sono intervenuti in una scuola su cinque, nel 21% dei casi, e in una su quattro gli studenti sono stati inviati ai lavori socialmente utili.

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