Siti e forum che odiano le donne, ecco come funziona la propaganda maschilista

Pubblicità
Pubblicità

I sospetti sono cominciati subito: «Perché non si disperano?». Gli insulti, poco dopo. È bastato che il corpo di Giulia Cecchettin fosse ritrovato in un dirupo perché i leoni da tastiera andassero all’attacco dei famigliari. La sorella Elena è stata accusata da un consigliere regionale (Stefano Valdegamberi, ex lista Zaia) di «fare la recita» e d’indossare simboli satanici perché non chiamava Filippo Turetta mostro, ma puntava il dito contro il patriarcato. Il padre Gino, ancora peggio: troppo razionale, senza lacrime. In pochi giorni è diventato protagonista di migliaia di meme e post violentissimi in cui lo si accusava di ogni nefandezza, soprattutto di essere un ipocrita che in passato faceva battute sessiste e ora vorrebbe insegnare la morale a un intero Paese.

Insulti social a Gino Cecchettin, il suo avvocato: “Ora basta, già presentate due querele”

Il giorno dei funerali, mentre larga parte dell’Italia accettava il suo invito a riflettere sulla responsabilità collettiva dei femminicidi, ci siamo imbattuti nel video di un ex ispettore di polizia, ora life coach, che commentava il messaggio con il quale Cecchettin annunciava ai suoi contatti professionali la decisione di prendere una pausa dal lavoro: «Il giorno delle esequie della figlia», gridava Gianluca Spina, «quest’uomo ha pensieri per i suoi clienti e fornitori. Mi fa rabbrividire, giuro che lo seguirò passo a passo, sarò la sua ombra!».

Gino Cecchettin: “Dite ti amo alle vostre mogli. Fatelo sempre”

Mattoncino dopo mattoncino

Non era l’unico. Altri hanno cominciato a razzolare per i social cercando frasi della sua vita passata che lo mettessero in ombra o in imbarazzo. E quando è andato da Fabio Fazio, ospite di Che tempo che fa, a spiegare che voleva trasformare il suo dolore in una scintilla per aiutare altre donne, hanno sferrato l’attacco. Tutti insieme con un solo hashtag – #radiosboro, dal nome di un incolpevole e ignaro gruppo goliardico veneto – rapidamente entrato nelle tendenze di X. Con quale scopo? Non è chiaro.

Certo è che molti di quegli account hanno un meme per foto, biografie ironiche e un mattoncino come icona. E infatti li chiamano i mattonisti, già scesi in campo per sostenere Donald Trump, negare il cambiamento climatico, inneggiare all’estrema destra o diffondere le idee No Vax. Un “mischione” micidiale, generato per fare rumore «contro ogni narrazione dominante». In questo caso il femminismo.

Mattonisti e non, c’è un mondo che nega la violenza di genere e le sue radici nella cultura patriarcale. Per dirla con il generale Roberto Vannacci: Giulia e le altre donne ammazzate da un partner o da un ex non sono vittime di femminicidio, ma di omicidio. Un concetto sostenuto anche dalla community di Avoice for men, un sito web americano fondato sulla misoginia che diffonde odio in mezzo mondo, Italia compresa. Di più, uno dei cuori della manosphere, la galassia virtuale che esalta la supremazia dei maschi, una rete di comunità sessiste frequentate da attivisti per i diritti degli uomini, seduttori seriali che insegnano a conquistare le donne con tecniche che comportano il maltrattamento e gli insulti, fanatici del patriarcato, e Incel, ovvero celibi involontari. Un mondo di uomini che odiano le donne.
congiura planetaria

In Italia la manosphere, chiamata anche androsfera, a parte alcuni studi accademici, è stata a lungo considerata una realtà marginale. Ma la valanga di disprezzo sulla famiglia di Giulia, sulle nuove femministe e anche su quegli uomini che si stanno pubblicamente interrogando sulla propria educazione affettiva sembra indicare il contrario: i nuovi maschilisti non sono pochi e vedono in alcuni politici, in buona parte di area leghista – da Simone Pillon allo stesso Vannacci – degli avatar della loro visione del mondo.

Alternano i toni sarcastici a un linguaggio pseudo autorevole, proprio come quello ostentato da Avoice for men, il sito fondato nel 2009 da Paul Elam, attivista del Men’s Rights Movement e amico di Warren Farrell, autore di un libro, Il mito del potere maschile, uscito nel 1993 e considerato una specie di bibbia da molti degli uomini che oggi sostengono di essere vittime e non carnefici.

Le sorelle Mirabal: ecco perché il 25 novembre è la giornata contro il femminicidio

Dopo il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il sito ha puntato i riflettori sull’Italia per dimostrare come nel nostro Paese l’allarme sulla violenza di genere sia stato montato ad arte. La prova? Gli attacchi con l’acido. Negli anni passati la stampa avrebbe acceso i riflettori su un unico caso, quello di Lucia Annibali – «in alcuni giorni potevamo vederla al mattino, a pranzo, a cena, nei principali programmi tv» – e si sarebbe dimenticata delle vittime maschili come dimostra il caso di William Pezzullo, un ragazzo sopravvissuto all’aggressione della sua ex fidanzata e di un complice.

Tribunali e teorie

C’è poi chi sventola la bandiera dei diritti dei padri separati. Il gruppo Facebook Diritti Maschili – MRA Italia sostiene la teoria pseudoscientifica dell’alienazione parentale e fa ironia sulle vittime di violenza domestica: «Una volta per i maltrattamenti in famiglia piangevano, adesso guadagnano un sacco di soldi».

Giovanna Vingelli, sociologa dell’Università della Calabria, in uno studio sull’antifemminismo online pubblicato sulla rivista Im@ago, già nel 2021 faceva notare come l’influenza di questi gruppi nel discorso pubblico e nella sfera politica fosse in costante crescita. A riprova citava la proposta di riforma del diritto di famiglia, firmata dall’allora senatore leghista Pillon, uno dei fondatori del Family day, al quale non bastava la già controversa legge 54 del 2006 sulla bigenitorialità, ma ambiva a nuove e più stringenti norme a tutela dei padri. Un progetto aspramente criticato da avvocati, psicologi e operatori, ma anche dai centri antiviolenza e dai movimenti femministi.

Non solo online

Anche se il ddl Pillon è stato affossato, le teorie che ne erano alla base – tra cui la convinzione che gli uomini siano vittime di un sistema giudiziario che riconosce diritti alle sole donne – hanno continuato a viaggiare sia online che offline. E nelle ultime settimane hanno camminato a braccetto con altre idee, come quelle che vedono nel femminismo il male della società. Maurizio Belpietro ha scritto su La Verità che certi politici «usano persino un omicidio per rieducare il maschio»; il sindaco di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna ha consigliato di andare a cercare la colpa «nella perdita di antichi valori»; e Marcello Veneziani su Panorama ha accusato le femministe di essere fondamentaliste, in piena sintonia con gli hashtag #iononchiedoscusa #nontuttigliuomini #patriarcatoimmaginario.

L’androsfera italiana è andata giù ancora più pesante, scagliandosi contro gli uomini che sono scesi in piazza lo scorso 25 novembre. La pagina Fb Diritti maschili – equità e umanità ha pubblicato le loro foto, condannando «la stupidità ginocentrista» che fa passare tutti come carnefici «e deresponsabilizza ancora di più le donne nella scelta del partner». Una variante del vecchio «se l’è andata a cercare» o del consiglio rivolto dall’ex first gentleman Andrea Giambruno alle ragazze: «Se eviti di ubriacarti, eviti di trovare il lupo». Peccato che i lupi oggi si addestrino su TikTok seguendo le lezioni dei Pua (Pick-up artist) che insegnano come sedurre e dispensano regole del tipo: «Se si fa pagare la cena, ha un debito: deve dartela». Il consenso? Concetto non pervenuto.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) G]]

Male lives matter

Gli utenti più attivi parlano di lavaggio di massa del cervello e sotto la bandiera Male Lives Matter snocciolano dati. In ordine sparso: «In Italia il 99,9 per cento di morti sul lavoro sono uomini, il 35,5 per cento delle donne al Nord e il 46 per cento al Sud sono mantenute, il 70 per cento delle tasse sono pagate dagli uomini e con questi soldi si finanziano i centri antiviolenza statali per sole femmine. Il MeToo ha spinto al suicidio centinaia di migliaia di uomini…».

Chi copia e incolla dati del genere ha preso Matrix molto sul serio: si sente come Keanu Reeves quando deve scegliere tra la pillola rossa, che svela il mondo com’è realmente, e la pillola blu che assicura tranquillità continuando a fare vivere in un’illusione.
La red pill apre gli occhi, rende consapevoli che sono le donne a dominare il mondo. Ultimamente, però, sulla pagina social Il redpillatore serpeggia preoccupazione: «Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin tira un’aria molto brutta, temo che si stia andando verso una svolta autoritaria di uno Stato che, come accade in tutti gli altri Paesi occidentali, è già molto imbevuto di ideologia femminista», dice un utente. Un altro considera Turetta «un normaloide che non aveva abbastanza potere contrattuale per tenere» Giulia legata a sé. In pratica lo classifica come Incel: un uomo messo in un angolo dall’emancipazione femminile, e lì dimenticato.
Secondo la teoria Redpill, infatti, gli uomini si dividono in maschi alfa e beta in base alla legge LMS (Look Money Status): ognuno ha un valore sul mercato delle relazioni. I maschi alfa, in genere eterosessuali e bianchi, sono conquistatori seriali; gli altri sono brutti, poveri e depressi. I primi in questi giorni stanno consigliando ai secondi di fare un passo indietro, perché la salute mentale non può dipendere «dalle ubbie della principessa di turno» e i secondi puntano il dito contro Chi l’ha visto?, colpevole di avere mandato in onda i messaggi privati di Turetta, al quale verrebbe negata una linea di difesa.

Non lo giustificano, ma poco ci manca. Del resto, è già accaduto: alcuni Incel chiamano Elliot Rodger, un ragazzo che ha fatto strage in un campus universitario della California dichiarandosi membro attivo della manosphere, «Saint Elliot».

Il rischio della radicalizzazione è concreto. Nei forum privati di redpillati e Incel, dove si parla protetti da un nickname, il rancore spesso si trasforma in violenza verbale. Lo hanno dimostrato Annalisa Dordoni e Sveva Magaraggia (Università di Milano – Bicocca) in uno studio pubblicato da AG About Gender, rivista internazionale di studi di genere.

Le due studiose grazie a un account fittizio si sono fatte ammettere in alcuni gruppi chiusi con 1.500-3.000 membri e in un forum con quindicimila utenti, analizzando le conversazioni per sette mesi, da gennaio a luglio 2020. «I ragazzi in queste comunità si ritengono oppressi dalle donne, sono convinti che gli uomini debbano avere il potere e che i loro diritti siano violati e negati», hanno scritto notando come molti proponessero l’idea «che le donne esercitino una violenza sessuale simbolica sugli uomini perché si mostrano seduttive senza concedersi».
È un’idea alla base della cultura dello stupro.

L’International centre for counter-terrorism, prestigioso think tank dell’Aia, ha denunciato più volte la crescente minaccia terroristica del suprematismo maschilista in America, Canada e anche Europa. In Italia per ora c’è una sola certezza: la reazione rabbiosa alle centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza contro la violenza di genere. Dopo giorni passati a leggere le voci nell’androsfera viene voglia di tornare a Matrix e alla scelta tanto cara ai complottisti: pillola blu o rossa? Blu, non per assecondarli, ma per dimenticarli.

Sul Venerdì del 29 dicembre 2023

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *