Ultima provincia d’Italia per il lavoro femminile, Caltanissetta si ribella: “Non siamo solo mamme”

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A diciotto anni temono di dovere scegliere fra la soddisfazione professionale e la costruzione di una vita familiare come è accaduto alle loro mamme che per la maggior parte non lavorano. Intanto studiano all’istituto professionale “Galileo Galilei”. A Caltanissetta, nel cuore della Sicilia, è il giorno di una maxi operazione della polizia contro il traffico di droga. Ci sono decine di volanti poco distanti dall’ingresso della scuola che si affaccia sul panorama del centro storico da cui sono fuggiti negli ultimi anni residenti e commercianti e le sirene arrivano fino al laboratorio odontotecnico dove le ragazze provano a guardare al futuro nella provincia d’Italia con il più basso tasso di occupazione femminile.

Secondo gli ultimi dati Istat lavora meno di una donna su quattro, appena il 23,1%: 46 punti la separano dalla provincia di Bologna, prima in classifica. “Vorrei continuare gli studi in odontoiatria, ma so bene che è difficile”, dice Sara Caruana di San Cataldo. Anche Francesca Marchiolo vuole proseguire nella formazione, ma al nord Italia. “A Caltanissetta, spesso, le donne scelgono di più la famiglia perché non ci sono alternative valide di lavoro”, dice. La scuola conta 650 iscritti, per il 55 per cento ragazze. “Serve un cambiamento culturale, mi accorgo che molte ragazze iniziano a formarsi per mestieri che prima erano solo appannaggio degli uomini”, dice la preside Loredana Schillaci. “L’offerta lavorativa è carente – ammette Grazia Giammusso, vicesindaca con delega allo Sviluppo economico, imprenditrice da generazioni – Chi ha delle competenze, però, riesce. Molti studiano fuori e non tornano per trovare un lavoro, ma anche il territorio comincia a offrire delle opportunità”.

Il paradosso è che tanti posti ai vertici delle istituzioni, invece, sono occupati dalle donne: la questora, la prefetta, la soprintendente dei Beni culturali, la direttrice del carcere. Tutto al femminile. “Ho sempre percepito grande rispetto e grande considerazione per il mio ruolo – dice Pinuccia Albertina Agnello, questora di Caltanissetta, originaria della provincia di Catania – Le donne di questo territorio meriterebbero certamente molte più opportunità, ma devo dire che ho trovato vere eccellenze in magistratura, nelle istituzioni, nella scuola. Delle figure femminili molto impegnate. È chiaro che vogliamo essere anche mamme e per questo servono i servizi”.

Non sempre trovare un lavoro per le donne della provincia di Caltanissetta è una questione di scelta. Anzi. Basta passeggiare su corso Umberto, nel cuore del centro storico, per essere travolti dalla povertà del tessuto economico. Le saracinesche dei negozi, quasi tutte chiuse, con i cartelli “vendesi” e “affittasi” sono a perdita d’occhio. “Le donne lavorano poco e lavorano male in tutta la provincia – dice Rosanna Moncada, segretaria generale della Cgil di Caltanissetta – I dati del Centro per l’impiego lo confermano: fra l’anno scorso e quest’anno si contano 1945 donne che lavorano su 60 mila abitanti. È chiaro che il resto è sommerso. Ne incontriamo tante di donne sfruttate e sottopagate che, però, hanno paura di denunciare e di perdere quel poco che hanno”.

Non è il caso di Giusi Casciana che, invece, sta lottando con il sindacato per avere un contratto migliore. Da un anno e mezzo lavora per quindici ore settimanali in una cooperativa che offre il servizio di pulizia all’Asp di Gela. “Senza straordinario non ce la faccio – dice la donna di 49 anni – E con tutte le ore extra arrivo intorno ai 700 euro al mese. Lavoro da sempre in questo settore, ma in passato sempre in nero”. Loredana Rosa, fra le fondatrici dell’associazione nissena “Onde donneinmovimento”, ne è convinta: “Più il territorio è povero, più le donne perdono, perché la concorrenza maschile è forte, il lavoro è troppo poco e chi vince in questo spazio ristretto sono gli uomini che hanno più possibilità”. Per una mamma che lavora i servizi pubblici sono pochi. I 138 posti degli asili nido comunali sono occupati.

“Mancando i servizi per la cura di bambini, anziani e disabili – dice Moncada – è chiaro che tutto questo ricade sulle donne. Le misure del governo come il bonus mamme e badanti sono stati solo fumo negli occhi”: Verso l’ora di pranzo, nel centro storico, non c’è nessuno. A viverci ormai sono in pochissimi. Le uniche anime in piazza Garibaldi, davanti alla cattedrale, sono quelle dei migranti del centro di Pian del Lago. Come attività aperte solo qualche minimarket e piccoli fast food di bengalesi.

Al centro ci sono le due sedi del consorzio universitario che dipende dall’ateneo di Palermo che con la presenza degli studenti di Medicina e chirurgia, Infermieristica, Ingegneria biomedica e Scienze e tecnologie agrarie provano a cambiare scenario. “In un territorio dove soprattutto in provincia il settore trainante è quello agricolo, le possibilità per le donne certo si riducono – dice Roberto Gambino, sindaco 5 Stelle di Caltanissetta che nella sua amministrazione conta 146 donne su 313 dipendenti – Ma tantissimi ruoli dirigenziali nel nostro territorio sono occupati dalle donne e anche nella zona industriale che si sta espandendo abbiamo eccellenze di piccole e medie imprese al femminile”.

Cecilia Manduca, ingegnere, guida la Fasten dal 2001 che si occupa di edilizia, di fonti rinnovabili e lavora con Enel su tutto il territorio, è cresciuta nei cantieri al seguito del padre imprenditore: “Il territorio non offre, ma ci sono anche poche competenze – dice l’imprenditrice – Quando ci sono le competenze le persone volano. Certo per le donne è più difficile, sono mamme, non ci sono servizi e devono lottare per farsi riconoscere il ruolo come accade anche a me ingegnere nei tavoli a prevalenza maschile. Lavoriamo molto con la formazione nelle scuole proprio per arrivare alle famose competenze che poi servono alle aziende. Sia donne che uomini”. Alla MacroPharm, da 25 anni azienda leader nel settore della produzione dei dispositivi medici monouso, “le assemblatrici” sono quasi tutte donne. “Dai colloqui che faccio mi rendo conto che c’è ancora grande discriminazione nei confronti delle donne – dice Rossana Anzalone, una delle socie fondatrici dell’azienda – Si stupiscono di avere un contratto che rispecchi l’effettivo lavoro in termini di mansioni, tempi e paghe. Mi rendo conto che ancora non tutti sono disposti ad assumere una donna”.

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