Arriva maxi-stretta della Bce, ma si avvicina una pausa

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Un nuovo rialzo deciso dei tassi d’interesse da 75 punti base, come a settembre. Una possibile stretta ai maxi-prestiti ‘Tltro’ che stanno concedendo utili troppo ricchi al sistema bancario mentre il resto dell’economia soffre. E il possibile cenno al quantitative tightening, cioè la marcia indietro dagli acquisti di bond che potrebbe partire nella seconda parte del 2023, ma senza scossoni.
E’ quello che c’è da aspettarsi dalla riunione iniziata in serata a cena nel palazzo della Bce a Sonnemanstrasse, a Francoforte, per concludersi nelle prossime ore con l’annuncio e poi la conferenza stampa della presidente Christine Lagarde.

Dove potrebbero arrivare repliche alle parole della neo-Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che alla Camera aveva evocato una “scelta azzardata” sui tassi allungando la lista dei malumori della politica nazionale dopo il francese Macron e la finlandese Sanna Marin.
Possibile che Lagarde ricordi l’indipendenza della Bce dalle richieste della politica, fondamento della credibilità di ogni banca centrale. Ma la prima risposta al mal di pancia della politica, che nascono dalla constatazione che l’Eurozona è sull’orlo della recessione e alzare i tassi rischia di esacerbarla, arriverà dalla decisione sui tassi. “La Bce alzerà tranquillamente di altri 75 punti base nonostante la recessione all’orizzonte”, ragiona in un report Marco Valli, responsabile globale della ricerca economica di Unicredit. Perché a dispetto dei dati economici come gli indici Pmi, il mercato del lavoro regge e le aziende continuano ad assumere.

Tanto Macron quanto la premier finlandese avevano insistito sul fatto che l’inflazione è da energia, e che la Bce non può pensare di contenerla comprimendo la domanda fino al punto di spingere i Paesi in recessione, opzione riconosciuta candidamente dal presidente della Fed Jay Powell. Lagarde, con ogni probabilità, ricorderà loro che il genio dell’inflazione è uscito dalla lampada: con il tasso nominale che ormai veleggia verso il 10%, persino l’inflazione ‘supercore’, depurata da alimentari, energia e fattori stagionali, è ormai al 5,8%. E che una “normalizzazione” della politica monetaria – ancora molto espansiva – verso un livello neutrale è ineludibile se non si vuole soffiare sul fuoco.

Un punto per i ‘falchi’ nel Consiglio Bce riuniti attorno alla Bundesbank, con molti governatori nordici che fanno i conti con un’inflazione a oltre il 20% e che per ora sono maggioritari sulla pattuglia delle ‘colombe’ riunite attorno a Francia, Italia e al membro del Comitato esecutivo Fabio Panetta. Ma l’inflazione, con il passaggio al 2023, al lordo dell’incognita-gas potrebbe iniziare a rallentare per ragioni statistiche. La recessione dovuta allo shock energetico darebbe un colpo ulteriore all’andamento dei prezzi. Ecco perché già nella riunione successiva, quella del 15 dicembre, la Bce potrebbe già rallentare con un rialzo di mezzo punto che porterebbe il tasso sui depositi (che domani salirebbe all’1,5% dopo due rialzi da tre quarti di punto) al 2%, avvicinandosi all’agognato tasso “neutrale”. Da qui in poi è possibile una pausa di riflessione: specie se la nuove previsioni che la Bce diffonderà a dicembre indicassero il ritorno dell’inflazione al 2% entro 2025, fornendo ai governatori un ottimo argomento per fermarsi nel 2023. Una volta completata la normalizzazione, toccherà disfare il quantitative easing: ma con molta calma, lasciando che i bond comprati arrivino a scadenza senza reinvestirli. (ANSA).
   

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