Bonino: “Un errore le finte candidature di Meloni e Schlein. Le europee non siano una conta italiota”

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ROMA – «Non ho l’energia fisica per correre alle europee. Se l’avessi lo farei, ma per andare all’europarlamento, non per ingannare gli elettori con una finta candidatura. Così si finisce per alimentare la sfiducia nella politica». Nel terrazzo della sua casa nel centro di Roma, tra le azalee e gli arbusti resistenti al gelo invernale, Emma Bonino prepara l’intervento alla direzione di +Europa, il partito che ha fondato e di cui è leader. Molti i nodi da sciogliere, innanzitutto con quale squadra presentarsi il 9 giugno agli elettori. Guarita dal tumore al polmone, tuttavia il suo corpo è infragilito e non potrebbe sottoporsi allo sforzo di una campagna elettorale. L’ex ministra degli Esteri dice: «L’obiettivo per me è rafforzare +Europa e per questo mi impegno e mi impegnerò». Intanto organizza l’agenda di call con i sindaci e di incontri per la sua ultima battaglia “Ora tocca a noi”, gli uomini in campo contro i femminicidi. E ricorda che la strage non si ferma: dall’inizio dell’anno altre quattro donne sono state uccise.

Bonino, avercene di leadership femminili, non crede?

«Non è che essere donne sia di per sé più valido: questo lo pensano gli uomini di se stessi. A me interessa che una leadership sia credibile, autorevole, che sappia cosa deve fare. Certo, se poi queste qualità ce le ha una donna, molto meglio, anzi benissimo».

Meloni punta a candidarsi alle europee per fare man bassa di consensi nel centrodestra. Schlein è tentata a sua volta per trainare il Pd. Lei cosa ne pensa?

«Tutte e due, se così la pensano, hanno sbagliato strada. Si tratta di discutere l’elezione al Parlamento europeo, non di fare la conta italiota».

Quindi è d’accordo con Romano Prodi: per l’europarlamento si corre ma senza trucchi e senza inganni?

«Sì, sono d’accordo con Prodi. Chi si candida in qualsiasi istituzione europea, poi deve compiere quel mandato. Per esperienza sono stata tanti anni nel Parlamento europeo – la prima volta era il 1979, e lì conobbi Altiero Spinelli. So quanto sia impegnativo lavorare nelle istituzioni europee, Europarlamento compreso. L’atteggiamento di Meloni e, a quanto pare, anche di Schlein a me sembra la prova provata che né all’una né all’altra importa dell’Europa, ma piuttosto sono prese dalle convenienze italiane. Aggiungo che per gli elettori italiani è una presa in giro: votano una persona e poi se ne ritrovano un’altra. Né Meloni, né Schlein si dimetterebbero dai loro incarichi in Italia per tenere il seggio europeo».

Tuttavia la presenza del leader può fare da traino.

«Ma da traino per cosa? Se devi trainare verso gli Stati Uniti d’Europa devi farlo attraverso candidati che si dedichino poi pancia a terra a questo obiettivo, non devono distrarsi. Non è un lavoro da poco: astenersi scansafatiche».

Lei si candiderà?

«No. C’è un tempo per ogni cosa e, per mia sfortuna, io non ho l’energia fisica per garantire tanta mobilità e impegno».

Ma se avesse l’energia fisica, lo farebbe?

«Onorando il mandato e rispettando gli elettori: come dicevo. Però due settimane a Bruxelles, una Strasburgo, poi nei vari collegi dei vari Stati membri, sono un lavoro politico intenso e impegnativo. Sto in Italia e ho come progetto di rafforzare +Europa».

Quale è la posta in gioco di queste europee?

«Io penso sia urgente un salto di qualità nell’integrazione politica europea. Gli Stati Uniti d’Europa sono la sfida delle sfide. Dall’integrazione politica dipende per le nostre democrazie la possibilità di affrontare con qualche possibilità di successo le grandi questioni del nostro tempo: da quella climatica, dando vita a una transizione ecologica che sia anche occasione di crescita economica, a quella della sicurezza e della difesa, cioè della pace. La dimensione europea è l’unica che può salvare e rivitalizzare la democrazia di fronte all’avanzare dei nazionalismi e dei fondamentalismi».

Teme il sovranismo di Giorgia Meloni e della destra?

«Sì. Il rischio di un arretramento nel percorso dell’Unione europea c’è. L’Europa – è stato detto – è un gigante economico, un nano politico e un verme militare. E quindi rafforzare l’Europa politica è indispensabile. La prossima legislatura sarà decisiva. Dieci Paesi sono in lista d’attesa per entrare nella Ue. Ognuno può immaginare cosa significhi una commissione a 36 e un consiglio europeo con 36 capi di Stato con diritto di veto!».

Tuttavia il risultato del 9 giugno disegnerà nuovi rapporti di forza politici in Italia?

«Non credo».

Ma +Europa corre da sola? Con Renzi? Con Calenda?

«Attorno a +Europa tutti si agitano e nessuno si muove. Prenderemo le nostre decisioni quando i birilli si fermeranno».

Avete reclutato nelle vostre file Giusy Nicolini, l’ex sindaca di Lampedusa?

«Giusy Nicolini ha aderito all’appello che ho lanciato per gli Stati Uniti d’Europa. Lei un passo l’ha fatto».

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