Caso Bari, naufraga il modello Emiliano in Regione: M5S in uscita dalla giunta. Conte torna per l’annuncio

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La fine del modello Emiliano, che aveva fatto da apripista al campo largo, tenendo insieme il Pd e i 5 Stelle, potrebbe essere questione di ore. Il presidente del movimento sarà in settimana a Bari, dove terrà una conferenza stampa per annunciare la sua rivoluzione, una revisione radicale del patto siglato quattro anni fa, all’indomani della vittoria di Michele Emiliano alle elezioni regionali, con l’ingresso in giunta dei pentastellati, che si erano ferocemente contrapposti al governatore in campagna elettorale.

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Da allora, la collaborazione è sempre stata solida e ha permesso ai vertici dem di intavolare un dialogo a livello nazionale. Ma l’arresto di Sandrino Cataldo, presidente di “Sud al centro” e marito di Anita Maurodinoia, ormai ex assessora regionale ai Trasporti in quota Pd, ha rotto l’idillio. Portando, in prima battuta, alla revoca delle primarie per scegliere il candidato sindaco di Bari — «non ci sono le condizioni per celebrarle», aveva annunciato Conte — e alla spaccatura nel fronte progressista. Una frattura che rischia ora di aprire una faglia destinata a provocare un sisma anche in altre regioni d’Italia dove i due alleati condividono esperienze di governo.

L’epicentro resta Bari, dove la prima casella che potrebbe saltare è quella di Rosa Barone, assessora al Welfare che in questi anni ha avuto un ruolo centrale nelle politiche regionali, soprattutto sul terreno della lotta alla povertà. Non è l’unica pedina che potrebbe essere rimossa nello scacchiere giallorosso pugliese. In maggioranza siedono altri tre consiglieri pentastellati: Marco Galante, Cristian Casili e Grazia Di Bari. Quest’ultima ha anche la delega alle Politiche culturali, al patrimonio materiale e immateriale e alla valorizzazione dei borghi. In pratica un altro assessorato, che però è ormai considerato più appannaggio dello stesso Emiliano, a cui Di Bari è molto vicina.

Ma in questi giorni l’ex premier sta valutando tutto. Sia gli elementi che sostengono l’accusa, per usare una terminologia giudiziaria, sia quelli che potrebbero scagionare politicamente il presidente della Regione. Per esempio le dimissioni immediatamente accolte della Maurodinoia, all’indomani dell’arresto del marito e della diffusione del suo stesso coinvolgimento nelle indagini, sia pure per un solo capo d’accusa contestato a Cataldo per il quale sono stati esclusi i gravi indizi.

Ma è difficile che questa “attenuante” possa bastare a fermare la mannaia che Conte è pronto a far calare su un’esperienza che rischia di inficiare l’immagine di legalità e trasparenza alla quale il suo movimento ha sempre particolarmente tenuto. Anche perché molti hanno fatto pesare, a lui e ai suoi uomini, l’incoerenza che rischierebbe di emergere tra la decisione di dire stop ai gazebo e la permanenza in una giunta regionale nella quale sedeva, fino a pochi giorni fa, Maurodinoia, eletta grazie a un serbatoio elettorale sul quale i magistrati, sia pure in altre competizioni — a Triggiano e a Grumo Appula — hanno sollevato pesanti perplessità.

E poi ci sono altri casi, che dalla Puglia sono rimbalzati sul tavolo dell’“Avvocato del popolo” cresciuto nel Foggiano, Per esempio, quello del capogruppo dem Filippo Caracciolo, che era stato rinviato a giudizio per corruzione e turbativa d’asta, una vicenda che risale a quando era assessore nel Comune di Corato nel lontano 2017. In quell’occasione Caracciolo avrebbe pilotato l’appalto per una nuova scuola.

Ma l’esponente del Pd è nel mirino del suo stesso partito per aver capitanato, contro il volere della segreteria regionale e nazionale — e dello stesso Emiliano — i tentati blitz per approvare la buonuscita retroattiva per i consiglieri regionali. Tentativi che per il movimento fondato da Beppe Grillo hanno la stessa gravità di una bestemmia in chiesa per un cristiano. A fare imbestialire il Pd di Elly Schlein, inoltre, sono alcune operazioni considerate trasformistiche che portano la sua firma, come l’alleanza con pezzi di Forza Italia alle elezioni provinciali della Bat.

Operazioni politicamente dubbie che un tempo erano considerate vincenti e che ora anche il Pd sta ripassando al setaccio. Come quella che ha portato alla vittoria schiacciante, a Triggiano, del sindaco Antonio Donatelli, sostenuto da Maurodinoia con la benedizione di Emiliano nonostante il centrosinistra avesse un altro candidato, Giovanni Campobasso. Donatelli, arrestato anche lui nelle indagini, ha rassegnato le dimissioni, come riferiamo a parte. L’altro Comune al centro delle indagini è Grumo, dove il sindaco Michele Minenna, che invece non risulta indagato, ha deciso di convocare un Consiglio comunale monotematico per discutere dei fatti e dimostrare la sua estraneità.

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