È morto lo scrittore Vitaliano Trevisan

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È morto lo scrittore Vitaliano Trevisan. Aveva 62 anni. Scrittore, attore, drammaturgo, sceneggiatore,aveva esordito con il romanzo I quindicimila passi. Il suo libro più recente è Works (Einaudi). Lo scorso novembre aveva raccontato su Repubblica il suo ricovero in un reparto di psichiatria.

Nato a Sandrigo, vicino Vicenza, nel 1960, era arrivato tardi alla scrittura, svolgendo prima vari mestieri, dall’operaio al gelataio, esperienza da lui raccontata in Works

La testimonianza. Vitaliano Trevisan: “Io, un matto trattato senza pietà”

I suoi primi racconti (le antologie Un mondo meraviglioso e Trio senza pianoforte/oscillazioni) risalgono alla fine degli anni Novanta, mentre con I quindicimila passi aveva esordito nel romanzo: prendendo a pretesto l’ossessione del protagonista nel contare e annotare i passi dei suoi tragitti, il libro prendeva di mira l’educazione cattolica e le ipocrisie della provincia italiana. Con I quindicimila passi aveva vinto il Campiello Europa e il Premio Lo Straniero. Tra gli altri suoi libri per Einaudi ricordiamo Il ponte, un crollo (2007) e Grotteschi e Arabeschi (2009).

Per il teatro, Trevisan aveva curato nel 2004 l’adattamento di Giulietta di Federico Fellini e ha scritto, tra gli altri, Il lavoro rende liberi, messo in scena nel 2005 da Toni Servillo, e i monologhi Oscillazioni e Solo RH, pubblicati da Einaudi nel volume Due monologhi (2009)

Aveva lavorato anche per il cinema – con Matteo Garrone in Primo Amore (2004), come attore e come co-sceneggiatore e con Gianclaudio Cappai in Senza lasciare traccia (2016) e in tv (tra le altre, nella serie RIS).

Tra gli altri suoi libri, per Einaudi Il ponte, un crollo (2007) e Grotteschi e Arabeschi (2009). Per il teatro, Trevisan aveva curato nel 2004 l’adattamento di Giulietta di Federico Fellini e aveva scritto, tra gli altri, Il lavoro rende liberi, messo in scena nel 2005 da Toni Servillo. I suoi monologhi, Oscillazioni e Solo RH, erano stati pubblicati da Einaudi nel volume Due monologhi (2009)

Del recente ricovero in ospedale psichiatrico aveva voluto scrivere su Repubblica, come un “inviato speciale in incognito”, raccontando con umanità i pazienti con cui aveva condiviso quel periodo difficile.

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