Ex Ilva, è rottura con i soci indiani. Doppio “no” alle proposte del governo

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Milano — Il tanto atteso incontro tra gli esponenti del governo Meloni e i vertici di ArcelorMittal per risolvere la delicata vicenda dell’ex Ilva di Taranto è finito con un nulla di fatto. All’incontro erano presenti i ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, degli Affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, del Mimit, Adolfo Urso, del Lavoro, Elvira Calderone e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano da una parte. Il ceo di Arcelor Aditya Mittal e quello di Invitalia Bernardo Mattarella. Ma ciò non è bastato a trovare una soluzione per immettere nuove risorse nell’acciaieria che sta viaggiando a ritmi molto bassi, con una produzione scesa nell’intorno di 3 milioni di tonnellate contro i 5-6 milioni previsti dai piani e migliaia di dipendenti in cassa integrazione.

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Nella riunione di ieri il governo ha prospettato l’idea di far salire Invitalia al 60% del capitale – come previsto dagli accordi firmati nel dicembre 2020 dall’ex ad di Invitalia Domenico Arcuri – e poi di effettuare un nuovo aumento di capitale da 320 milioni per far fronte alle necessità dell’azienda che l’ad Lucia Morselli nell’ottobre scorso aveva quantificato in 420 milioni. Ma sui nuovi versamenti e sul conseguente cambio di governance dell’azienda che dovrebbe portare Invitalia a nominare un nuovo ad e ArcelorMittal a indicare il presidente, le parti non si sono trovate d’accordo.

Il passo successivo ha visto il governo prospettare la sottoscrizione integrale da parte di Invitalia di tutto l’aumento di capitale da 320 milioni con conseguente salita al 66% del capitale di Acciaierie d’Italia. Ma anche questo passo è stato rifiutato da Mittal e comunque non sarebbe risolutivo perché per cambiare la governance della società occorre il 77% del capitale.

A valle di tutto ciò è arrivata la dura nota di Palazzo Chigi: «Il governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale». Quali saranno le prossime mosse difficile dirlo, il governo sembra disorientato, giovedì sono stati riconvocati i sindacati mentre a Palazzo Chigi in contemporanea con la riunione ha fatto capolino Luca Cordero di Montezemolo.

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La situazione pare assai ingarbugliata anche per effetti di accordi e contratti siglati in passato e che devono essere interpretati dagli avvocati delle parti. Uno dei nodi riguarda un allegato al contratto del 2020 firmato da Arcuri in cui si dice che Invitalia si darà da fare per far arrivare all’ex Ilva circa due miliardi di risorse aggiuntive per far fronte agli investimenti. Una promessa che è stata ripresa dal ministro Fitto nel preliminare firmato con Mittal l’11 settembre scorso ma che ora sembra essere stato accantonato. Fatto sta che il tempo stringe perché il 31 maggio scade il contratto di affitto degli impianti con l’amministrazione straordinaria ed entro quella data gli impianti devono essere acquistati se si vuole che Acciaierie d’Italia vada avanti. Per farlo occorre un ulteriore aumento di capitale che Invitalia stima in circa un miliardo mentre Mittal ritiene possa essere inferiore in quanto il prezzo si può negoziare. A questo scopo Morselli nei mesi scorsi ha presentato una serie di reclami del valore di 1,1 miliardi che devono essere discussi in altrettanti arbitrati ma che potrebbero essere oggetto di compensazioni a fronte del prezzo degli impianti. Non a caso è previsto dagli accordi societari che i rapporti con i commissari vengano gestiti in esclusiva dal socio ArcelorMittal e questo è un altro elemento di cui il governo dovrà tener conto.

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