Flat tax e aliquote personalizzate, il fisco tagliato a misura degli autonomi

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Rosaria Amato

ROMA — Non bastava la flat tax al 15%. Con il concordato fiscale, per 4 milioni di partite Iva e piccole imprese arriva l’aliquota su misura, l’imposta concordata con il fisco, bloccata per due anni ed esente da accertamenti. L’unico modo per far pagare le tasse a chi non le paga, ha ammesso senza giri di parole il viceministro all’Economia Maurizio Leo. Ma il concordato preventivo scava ancora di più le distanze tra autonomi e dipendenti, rendendo sempre più ingiusto un sistema fiscale profondamente iniquo, che prevede due tipi diversi di Irpef per gli autonomi e i dipendenti, e diversi regimi forfettari. Non c’è solo la flat tax fino a 85 mila euro per gli autonomi. C’è la cedolare secca al 21% per gli affitti, e il prelievo del 26% sulle rendite finanziarie (12,5% per i titoli di Stato).

Previsto dal decreto legislativo approvato giovedì dal Consiglio dei ministri, il concordato preventivo biennale propone un accordo ad personam per la definizione delle imposte da pagare per il 2024 e il 2025. La cifra viene messa a punto da un software: l’algoritmo che verrà utilizzato terrà conto dei ricavi passati e di altri dati sull’attività d’impresa, raccolti attraverso le banche dati pubbliche. Se l’aliquota “su misura” viene accettata dal contribuente, nel caso in cui la ritenga più conveniente degli altri due sistemi di tassazione a disposizione degli autonomi (l’Irpef ordinaria e il regime forfettario), non ci saranno controlli per stabilire se le entrate reali sono differenti. E dunque la norma secondo la quale il concordato decade se le entrate si discostano di oltre il 30% da quelle previste risulta teorica, difficile da applicare.

La riforma fiscale, ha ricordato il viceministro Leo, era attesa dagli anni Settanta. Vero, ma con l’auspicio che sarebbe servita a sanare le fortissime disparità di trattamento già esistenti tra le varie categorie di percettori di reddito, aumentate negli anni da tutte le innovazioni che si sono aggiunge all’impianto originario del fisco italiano.

La flat tax per gli autonomi è tra le più significative: ha contribuito ad aumentare fortemente le distanze tra autonomi e dipendenti, legati invece ad aliquote progressive. Ma nella realtà il rapporto fiscale tra le due grandi categorie di lavoratori in Italia è molto più complesso, e non sempre, come invece si crede di solito, pende a favore degli autonomi. Che sono sì, indubbiamente avvantaggiati da quell’aliquota forfettaria del 15%, introdotta con la legge di Stabilità 2015 per i titolari di partita Iva con redditi fino a 65 mila euro, e poi, su spinta della Lega, fino a 85 mila euro, tanto è vero che a sceglierla sono stati nel 2022 1,8 milioni di contribuenti. I vantaggi, però, aumentano man mano che il reddito sale. E non tutti possono permettersi di sceglierla: a parte chi supera il tetto degli 85 mila euro, sono esclusi i professionisti che lavorano in studi associati e coloro che preferiscono puntare sulle spese da detrarre (con la flat tax c’è un coefficiente fisso).

Guardando quindi a chi invece segue il regime ordinario dell’Iva, emerge una penalizzazione degli autonomi a basso reddito, rispetto al regime forfettario, ma anche rispetto ai lavoratori dipendenti. Una curva ideale delle imposte, che sale man mano, seguendo il reddito, vede anzi gli autonomi in svantaggio fino ai 50 mila euro, quando i conti si pareggiano con un’aliquota reale del 28,3%. Se si guarda oltre “vincono” gli autonomi. Ma se si guarda indietro i dipendenti sono in netto vantaggio: con un’entrata da 15 mila euro pagano solo il 2,5% di tasse contro il 16,4% degli autonomi. Anche con 20 mila euro di reddito la differenza è di quasi 10 punti, e di oltre 6 a quota 25 mila. E tuttavia è indubbio che il fisco pesi in via prioritaria sui lavoratori dipendenti: dall’ultimo aggiornamento della Relazione sull’evasione fiscale del Mef emerge che il “tax gap” (cioè la distanza tra le entrate fiscali reali e quelle attese) era nel 2021 di 3,96 miliardi per i dipendenti (dai 3,86 miliardi dell’anno precedente) e di 30,03 miliardi per gli autonomi e le imprese (dai 28,07 del 2020).

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