Hamas scatena la guerra dei nervi: tre video in sequenza per mostrare i cadaveri di due ostaggi

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ROMA — Più di cento giorni di conflitto hanno affilato la regia del terrore psicologico, rendendola ancor più sofisticata e cinica. Tra domenica e la serata di ieri Hamas ha costruito e diffuso una serie in tre puntate con un’involontaria protagonista: la 26 enne Noa Argamani, la “figlia d’Israele”, il volto disperato dei rapimenti del 7 ottobre. Il mondo l’ha vista gridare il nome del fidanzato mentre veniva portata via su una motocicletta. Dunque adesso eccola, ancora viva, mentre nell’ultimo video fatto circolare dalle Brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, annuncia al proprio Paese che Yossi Sharabi (53 anni) e Itai Svirsky (38 anni), ostaggi come lei e come altre 133 persone, sono rimasti uccisi in «attacchi dell’esercito israeliano».

Non potendo vincere la guerra convenzionale, Hamas sta puntando sulla guerra dei nervi, cercando di fiaccare quelli assai provati delle famiglie dei rapiti, nel tentativo di alimentare la protesta politica nei confronti del premier Netanyahu e sperare così nel crollo del fronte interno. In questa cornice vanno inquadrati i tre video girati, montati e pubblicati sui canali telegram dei miliziani. E che i media israeliani, come contromisura emotiva, hanno deciso di non mostrare.

Il primo è stato diffuso domenica. Si vedono Noa, Yossi e Itai, chiedere al governo dello Stato ebraico di fare di tutto per riportarli a casa. Nel filmato, non si sa girato quando né dove, i tre appaiono in buona salute. Noa Argamani era stata catturata al rave Supernova di Re’im la mattina del 7 ottobre, l’attimo del suo rapimento è stato ripreso da un telefonino. Anche sua madre, Liora, è diventata un volto simbolo, perché malata terminale (ha quattro tumori al cervello) eppure combattiva. Scrive lettere e lancia appelli al presidente americano Biden, come il 26 dicembre, attraverso le telecamere della Cnn: «L’unica cosa a cui penso è che prima di morire voglio riabbracciare Noa un’ultima volta, è Natale presidente Biden, come regalo vorrei rivederla prima di lasciare questa vita».

Hamas sfrutta proprio la fragilità di centinaia di famiglie israeliane come gli Argamani. Ieri pomeriggio ha diffuso una seconda clip in cui i tre ostaggi si muovono come fossero all’interno di una slot machine, per giocare alla lotteria della vita, accompagnati dalla scritta «Che pensi? Sono ancora vivi? Sono morti? Oppure alcuni sono vivi e altri sono morti?». Infine il verdetto, con il terzo video rilasciato ieri sera: i due uomini sono morti, Noa è viva. E parla.

Con gli occhi fissi nell’obiettivo della telecamera, forse leggendo, di sicuro sotto la minaccia dei suoi carcerieri, la si sente raccontare cosa sarebbe successo. «Mi tenevano in un edificio che è stato bombardato da un caccia F16. Ha sparato tre razzi, due sono esplosi, il terzo no. In quell’edificio c’erano i soldati della Brigata Qassam e tre ostaggi: io Noa Argamani, Itai Svirsky e Yossi Sharabi. Dopo il raid siamo stati seppelliti dalle macerie. I miliziani hanno salvato me e Itai, ma non hanno potuto fare niente per Yossi». La sua storia prosegue oltre. «Dopo molti giorni… due notti, Itai e io siamo stati trasferiti altrove. Durante il viaggio Itai è stato colpito dall’Idf (le forze armate israeliane, ndr), non è sopravvissuto». E arriva il messaggio finale, quel che più interessa ad Hamas. «Itai e Yossi sono morti per colpa degli attacchi dell’Idf. Fermate questa follia e portateci a casa, finché siamo vivi». Poi, con impietose riprese ravvicinate, le immagini dei due cadaveri avvolti in un lenzuolo bianco.

Il portavoce militare Daniel Hagari nega che gli ostaggi siano stati uccisi dall’esercito e definisce «brutale» la propaganda di Hamas. Il ministro della Difesa Yoav Gallant spiega che «se dovesse cessare la pressione militare sul terreno, il destino dei rapiti resterebbe incerto per anni». E tuttavia, a giudicare dalla rabbia dei parenti degli ostaggi, dall’esasperazione di centinaia di migliaia di israeliani che scendono in piazza urlando «bring them home», la regia del terrore psicologico non è priva di effetti, non è scevra di conseguenze.

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