I truffatori del Pnrr. Fondi europei usati per comprare ville, supercar e gioielli

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Primo step: creazione di bilanci falsi, su società vere, in modo da poter avere i requisiti per partecipare a bandi. Secondo: presentazione di progetti di internazionalizzazione delle aziende per decine di milioni di euro, tutti da finanziare con fondi del Pnrr che dovevano essere erogati da Simest, società di Cassa depositi e prestiti che si occupa appunto di supportare la crescita delle società italiane all’estero. Terzo: incassare subito il 50 per cento del finanziamento, pari a 150mila euro. Quarto: spostarli immediatamente su conti correnti esteri, in modo da renderli irrintracciabili. Quinto, ed ultimo: farli sparire con investimenti e spese nel lusso, dai viaggi ai gioielli. Ma anche reinvestendoli in altre truffe, come quelle sui bonus edilizi. Risultato: un giro d’affari illecito da 600 milioni, ieri sequestrati.

Funzionava così forse la prima grande truffa italiana sui fondi del Pnrr che ieri ha portato i militari della Guardia di Finanza di Venezia, in un’indagine coordinata dalla procura europea (Eppo) all’arresto di 22 persone: 8 sono state portate in carcere, 14 ai domiciliari, mentre per due è scattata l’interdizione. Nel corso delle perquisizioni, i finanzieri hanno anche sequestrato appartamenti, ville signorili, orologi di pregio, oro e automobili di lusso. L’accusa è appunto di aver creato un’associazione a delinquere guidata da due insospettabili — un imprenditore altoatesino e la sua compagna ucraina — che, grazie all’aiuto di una serie di professionisti (tra gli indagati ci sono anche tre commercialisti e un notaio), ha bucato i sistemi di controllo italiani ed europei.

Lo ha fatto con la complicità di imprenditori, tra gli arrestati c’è per esempio il presidente della Pistoiese, Maurizio de Simone. E attraverso sistemi sofisticati. Per parlare il gruppo criminale utilizzava vecchie sim, apparentemente dismesse, e che invece dalla Romania rimbalzavano attraverso reti vpn e server cloud. «In questa maniera — spiega il colonnello Marco Stella, che ha condotto l’indagine — i criminali informatici utilizzavano reti informatiche private, che permettono di simulare la connessione da un Paese distante migliaia di chilometri rispetto alla reale posizione di chi le utilizza». Per bucare i sistemi di controllo della Simest sono stati poi utilizzati dei sistemi «implementati dall’intelligenza artificiale» spiega ancora il colonnello Stella, «con software avanzati che permettevano di ridurre a zero il tempo di realizzazione e falsificazione dei documenti per le richieste di finanziamenti».

«Si trattava — si legge nelle 88 pagine di provvedimento di custodia cautelare emesso dalla procura europea — di un software che permetteva la creazione dei documenti in 3d, in grado di riprodurre anche lo spessore». «Le segnalazioni alle autorità competenti sono arrivate anche da parte nostra, grazie ai controlli interni» precisa Simest. «A oggi i fondi bloccati prima dell’erogazione sono di 17 milioni, a 80 imprese, su un totale di fondi deliberati pari a 2,7 miliardi di euro a sostegno di 6.900 aziende italiane».

(g.f.)

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