Il Comune di Milano dice no alla statua dedicata alla maternità in una piazza cittadina: “Valori non condivisi da tutti, meglio un luogo chiuso”

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Una donna dall’espressione amorevole che tiene in braccio il figlio neonato e lo allatta al seno. È “Dal latte materno veniamo”, scultura in bronzo a grandezza naturale realizzata da Vera Omodeo, che i figli della scultrice, scomparsa pochi mesi fa, volevano donare alla città affinché fosse esposta in piazza Eleonora Duse, a pochi passi da Porta Venezia. La Commissione di esperti incaricata di valutare le proposte di collocazione di opere d’arte negli spazi pubblici di Milano, però, ha bloccato l’operazione «sia per la tipologia dell’opera proposta, sia per la posizione» si legge nel verbale.

Secondo gli architetti la scultura rappresenta «valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutte le cittadine e i cittadini, tali da scoraggiarne l’inserimento nello spazio pubblico». Da qui il suggerimento di donarla «a un Istituto privato (ad esempio un ospedale o un istituto religioso), all’interno del quale sia maggiormente valorizzato il tema della maternità, qui espresso con delle sfumature squisitamente religiose».

Una motivazione, questa, che lascia interdetti i familiari della scultrice e le realtà che vorrebbero sostenere il progetto, come le associazioni Toponomastica Femminile e DonneinQuota. «Non capisco quali siano i messaggi e i valori non condivisibili: essere donna? Allattare? Partorire?» si chiede la figlia Serena Omodeo-Salè, sottolineando come la statua sia anche «del tutto priva di riferimenti religiosi, visto che è anche parzialmente un nudo». L’altra criticità rilevata dagli esperti, ovvero la scelta di piazza Eleonora Duse, «luogo che — si legge — presenta una sua compiutezza in senso urbanistico e che verrebbe quindi alterata da qualunque inserimento di opere scultoree», ha in realtà un peso minore, dal momento che già nella lettera d’intenti inviata al Comune dai figli della scultrice per proporre la donazione si apre alla possibilità di una diversa collocazione.

Così facendo, la città perde la possibilità di avere una statua raffigurante una figura femminile e opera di una donna. A tutti gli effetti una rarità. Su oltre 120 statue presenti a Milano, infatti, solo due sono dedicate a donne: quella a Margherita Hack di Daniela Olivieri, in largo Richini, e quella a Cristina Trivulzio Belgioioso, in piazza Belgioioso, opera di Giuseppe Bergomi. Alle quali si aggiunge l’opera di Rachele Bianchi in via Vittor Pisani, che rappresenta una figura femminile. E i numeri sono simili anche in Italia, dove le statue raffiguranti personaggi femminili sono poche e spesso al centro della polemica poiché tendono a dare un’immagine sessista.

L’opera di Omodeo (autrice di oltre 300 lavori mai proposti in vendita sul mercato, tra i quali spicca il portale bronzeo del santuario seicentesco di Santa Maria della Vittoria, nei pressi delle Colonne di San Lorenzo), invece «è un bell’omaggio a una madre, a una donna nell’atto della cura» sottolinea la figlia, che ha proposto la donazione lo scorso novembre facendosi carico (come da prassi) anche della manutenzione ordinaria e straordinaria dell’opera per i prossimi venti anni.

Se l’occasione di avere l’opera di Vera Omodeo ad oggi risulta persa — la famiglia, infatti, non intende procedere alla donazione se la statua non sarà collocata in luogo visibile alla cittadinanza — , lo stesso verbale riporta anche una buona notizia: l’ok della commissione all’installazione di una statua dedicata ad Alda Merini. Nello specifico, “Scultura ad Alda Merini”, l’opera realizzata da Giovanni Battista Mondini, sarà collocata in via Magolfa, accanto allo Spazio Alda Merini.

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