Il destino di Gaza è una strada che divide in due la Striscia

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IL CAIRO — La situazione odierna a Gaza mostra una linea di confine tra il Nord e il Sud, una strada costruita con filo spinato che taglia la Striscia dal confine israeliano a Est fino al mare a Ovest. Con due principali posti di controllo, uno lungo la strada Salah Adin, e l’altro sulla Rasheed “la strada costiera”. Il posto di controllo su quest’ultima permette ai residenti di attraversare in un solo senso: da Nord a Sud. In centinaia sono morti nel tentativo di attraversare nella direzione opposta. Questa linea di confine non è costruita per essere rimossa dopo la guerra, già si evince che sarà permanente: è un segnale su quale sarà il futuro della Striscia di Gaza una volta terminato il conflitto.

Yousef Obaid, politico e attivista per la pace, in passato è stato direttore del centro studi strategici a Gaza, e partecipa ora alla conferenza di Ginevra per la ricostruzione della Striscia, spiega a Repubblica che la divisione israeliana tra Nord e Sud era inizialmente una tattica militare per avere maggior controllo sul terreno e spingere i civili verso Sud per creare più pressione sui gruppi militari, ma ora è diventata una realtà, e la strada di confine chiamata 749 da Kibbuz Nahal Oz fino alla costa a ovest de di Gaza, è ora la linea che segna la separazione di fatto tra Nord e Sud.

Obaid crede anche che questa non sarà l’unica strada di separazione, ce ne sarà un’altra tra l’area centrale e la città di Khan Yunis, e un’altra tra Khan Yunis e la città di Rafah: Israele sta cercando di controllare l’area di confine tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, ma questo avverrà solo se invaderà Rafah. «Israele non lascerà Gaza nella prossima decade, Hamas ha dato a Israele la possibilità di rioccupare Gaza», spiega e assicura che Israele sa come cavalcare l’onda per trarne vantaggio e conta con l’appoggio della comunità internazionale.

Naser Attalah, direttore dell’unione delle panetterie nella Striscia di Gaza, ha ottenuto il permesso di tornare a Nord, è tra i pochi. Il coordinamento è condotto dall’ufficio degli affari civili dell’autorità palestinese a Ramallah, la missione è quella di riaprire le panetterie a Nord e porre fine alla fame nell’area settentrionale isolata. Secondo Attalah, «le barriere tra Nord e Sud sembrano separare due entità diverse», una nel Nord dominata da Israele con pieno controllo, e l’altra nel Sud che ancora non è risolta.

Attalah ha tre grandi panetterie, due a Gaza City e una nel campo profughi di Jabalia, spiega che devono coordinare l’ingresso di farina, carburante e gas da cucina per poter far funzionare la produzione. «Ancora non sappiamo qual è il piano israeliano, ci sono circa 200.000 persone che vivono a Nord: hanno affrontato una carestia, Non sappiamo se è previsto un ritorno per i residenti».

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