Il loggionista Vizzardelli: “In Italia sento un profumino di fascismo. Non volevo ascoltare l’Inno con un presidente del Senato che ha in casa il busto di Mussolini”

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“E’ stato un gesto istintivo, nulla di preparato. Anche se, da frequentatore della Scala, da giorni il mio disagio cresceva. Soprattutto pensando all’Inno nazionale con un presidente del Senato che ha il busto di Mussolini in casa”. Marco Vizzardelli ha 65 anni e frequenta la Scala da quando ne aveva nove. Giornalista, appassionato di lirica e naturalmente loggionista, ancora non si spiega il tanto clamore suscitato dal suo “Viva l’Italia antifascista”, urlato alla fine del primo atto dal loggione. “E’ una frase lapalissiana – dice – sarebbe stato grave gridare il contrario”.
Vizzardelli, quando ha deciso il suo gesto?
“In realtà non avevo deciso nulla. Poteva anche succedere che non dicevo niente. Ho sentito un altro loggionista urlare “no al fascismo”. Poi, dopo l’inno, è partito un breve applauso, ed è successo. Ho gridato “Viva l’Italia antifascista”, ma l’ho detto molto con calma”.
Una cosa istintiva..
“In buona parte sì. Il “Don Carlo” è uno dei miei titoli preferiti, e anche giovedì mi è piaciuto moltissimo, così ho deciso di partecipare alla Prima. Ma giorno dopo giorno ascoltavo le polemiche su Liliana Segre.. dove la mettiamo.. dove mettiamo i politici.. Un vero cancan che non mi è piaciuto, l’uso della senatrice a vita come scudo umano.. ma non solo questo”.
Cos’altro la disturbava?
“Inizio a riflettere sul fatto che mentre eseguiranno l’Inno nazionale, ci sarà un presidente del Senato che ha il busto di Mussolini in casa. Mi crea disagio, non ce la faccio. Fascismo e razzismo non li sopporto. Sono stato in coda con tutti questi pensieri in testa. Gli appelli per i loggionisti durano quasi due giorni, e tutti gli altri vicino a me erano molto accesi, dicevano che bisognava fare qualcosa, protestare, una protesta forte. Io cercavo di calmarli, dicevo che non bisogna mischiare tutto e tutti. La Segre bisognava solo applaudirla, ringraziare che esista, per quel che fa e quel che è”.
E’ arrivato a teatro senza un’idea precisa, quindi.
“Pensavo a una cosa mirata e limitata, ma non avevo deciso niente. Poi sa com’è andata. Una cosa estemporanea. Una donna in galleria ha urlato “bravo” ed è scoppiato l’applauso”.
Poi è arrivata la Digos.
“A metà del primo atto mi rendo conto che qualcuno mi gira intorno guardandomi fisso. Ho capito subito che era un poliziotto in borghese. Poi alla fine del primo atto ha tirato fuori il distintivo, e in maniera molto cortese mi ha chiesto i documenti”.
Come ha reagito lei?
“Sono scattato subito. “Non vedo il motivo” ho detto. Lui è andato via, ma poco dopo sono arrivati in quattro, mi hanno detto che se mi rifiutavo commettevo un reato. Io l’ho buttata sul ridere. “Se avessi detto “Viva l’Italia fascista”, avevate il diritto di portarmi via.. ma avendo detto il contrario.. una frase lapalissiana..”. Sono scoppiati a ridere anche loro. “Ha ragione, siamo d’accordo con lei”, mi hanno risposto. Comunque ho tirato fuori la carta d’identità elettronica”.
Si aspettava questo clamore?
“Assolutamente no. Sono stravolto, ho dormito pochissimo, per tutta la notte mi continuava a squillare il telefono, mi inviavano le foto delle prime pagine dei siti. Non me l’aspettavo. Però era giusto farlo. Possibile che dire “Viva l’Italia antifascista” crei disagio e clamore?. C è qualcosa che non va”.
Qualche politico ha reagito.
“Ignazio La Russa, che in fondo poteva essere l’obiettivo principale, ha reagito con intelligenza. Ha detto di non aver sentito niente. Salvini ha reagito da Salvini, tirandomi un assist.. Dicendo che non si urla alla Scala. Dimostra di non conoscere la storia delle proteste che da sempre ci sono state alla Prima della Scala. Comunque sono molto stupito, non era quello l’obiettivo, volevo solo comunicare un mio sentire”.
Lo rifarebbe?
Assolutamente si, ma molto serenamente. Sento un profumino di fascismo e un profumone di razzismo nella classe politica. Ritengo che ogni tanto parlare sia utile. La Scala è un posto così importante, talmente simbolico. Non credo di aver fatto una cosa né dannosa né inutile”.

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