Ingegneri navali in testa, psiocologi in coda. Ecco quanto “vale” la laurea in busta paga. La classifica degli atenei che prospettano stipendi migliori

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MILANO – Un ingegnere navale o aerospaziale può ambire a uno stipendio più pesante del 10% rispetto agli altri laureati, mentre uno psicologo abbassa le pretese a un -8 per cento. Ecco quanto “pesa” in busta paga portare avanti il percorso di studi, e quali sono le Università che prospettano la progressione di carriera più importante.

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Il quadro delineato dall’ottavo University Report dell’Osservatorio JobPricing, in collaborazione con LHH Recruitment solution, è particolarmente rilevante se si ripensa alla recente protesta dei giovani universitari accampati fuori dagli atenei per protestare contro il caro-affitti.

L’Italia resta indietro per molti parametri nel quadro Ocse, con solo il 28% di giovani tra 25 e 34 anni che hanno in tasca un titolo di studio terziario. Eppure il mercato del lavoro, dicono i fabbisogni occupazionali Excelsior al 2027, si sta orientando verso profili specializzati. Ad esempio, nella Pa due terzi della forza lavoro sarà costituita da professioni “ad elevata specializzazione e tecniche”, contro il 28,9% di profili impiegatizi e solo il 5,6% a bassa qualifica. E questo già si vede nel legame occupazione-istruzione: più dell’80% dei laureati è occupato contro un tasso d’occupazione totale del 60% circa. “Molto spesso, nel dibattito a cui stiamo assistendo sul salario minimo, è molto marginale il riferimento alle competenze. Ancora una volta però questa analisi mette in luce come la formazione, ed in particolare la formazione universitaria, sia un ottimo viatico per percorsi di carriera brillanti”, annota Mariangela Lupi, head of HR di LHH.

Resta, quello dai banchi all’ufficio, un passaggio da oliare. Con l’effetto paradossale ben rappresentato dall’alto tasso di disoccupazione giovanile a fronte di una folta schiera di lavoratori sovra-istruiti, che svolgono mansioni inferiori alla loro preparazione: si calcola un tasso del 26%, che arriva al 37,4% tra i laureati.

Le luci e ombre si ritrovano anche in busta paga. Gli istruiti terziari guadagnano in media il 38% in più di chi ha istruzione secondaria: se si prende la media Ue, dati Ocse, siamo 14 punti sotto. La laurea, dunque, premia ma meno che altrove.

Il database di Jobpricing consente di andare ulteriormente in dettaglio. Sulla Ral, tra un laureato e un non laureato c’è una differenza in busta paga di 13mila euro (45%). Il delta cresce chiaramente col tempo: se è “contenuto” al 22% fino a 34 anni, la progressione di carriera apre una forbice fin quasi all’80% per gli ultra 55enni. La differenza è, dunque, data dal fatto che il titolo di studio è più facilmente un lasciapassare per gli inquadramenti superiori: dentro gli stessi raggruppamenti (ad esempio, operai o impiegati) non si apprezzano infatti incrementi significativi di stipendio per chi ha la laurea.

L’idea che “studiare non serva è un luogo comune privo di fondamento”, commenta Alessandro Fiorelli, ceo di JobPricing, che aggiunge: “Si sta tratta, però, di una scelta da compiere in modo molto oculato visto che il tipo di percorso di studi e perfino l’ateneo scelto sono fortemente impattanti in termini occupazionali, di carriera e quindi di guadagno nel medio e lungo termine”.

Quali sono, dunque, le lauree che pesano di più nel cedolino? Dai dati dell’University report è chiaro che la specializzazione tecnica, le cosiddette STEM, premiano. La Ral media più alta per i 25-34enni si registra per chi viene dal campo dell’ingegneria chimica e dei materiali (33.519 euro). Al contrario, gli studi psico-pedagogici sono quelli a cui si associa il salario medio più basso (27.709).

L’analisi JobPricing conferma altri tratti noti del sistema italiano: chi esce da un ateneo privato punta a salari del 4% superiori a quelli del pubblico, ma sono ancor più i politecnici (+10% sul pubblico) a premiare. Contiguo è il discorso geografico: laurearsi al Nord assicura un +3% di retribuzione sul Centro e un +7% sul Sud.

Ed ecco, infine, le classifiche sugli atenei che prospettano una retribuzione maggiore e quella sul tempo in cui si “ripaga” l’investimento in studi.

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