La carta Tarquinio tormenta il Pd: “Su di me sento giudizi precipitosi”

Pubblicità
Pubblicità

ROMA — Candidare Alessandro Zan nel Nord Est, al terzo posto. Per bilanciare — anche se Elly Schlein non la metterà mai in questi termini — l’impatto di Marco Tarquinio, che sarebbe in corsa nella circoscrizione Centro, probabilmente in quarta posizione. La segretaria del Pd è chiamata a fare l’equilibrista. Le liste per le Europee sono un lavoraccio per tutti i leader, ma soprattutto se fai il capo del Pd. E sulla sua fune da acrobata, a questa tornata, dondola pure la leadership del partito. A Schlein il nome di Tarquinio, ex direttore di Avvenire, è stato proposto da Demos, il movimento di Paolo Ciani, vicino a Sant’Egidio. La leader ci ha riflettuto per un mese e sembrava essersi convinta, tanto da formulare la proposta all’interessato. Metteva in conto le lamentele di un pezzo di partito, l’ala più atlantista, quella di Lorenzo Guerini, per le note posizioni anti-armi a Kiev del giornalista. Sperava invece che non venissero troppo sottolineate le uscite di Tarquinio contro il ddl Zan, contro il matrimonio egualitario (che era già nel programma elettorale del Pd di Letta, firmato pure dai cattolici), perfino contro le unioni civili di Cirinnà, che nemmeno Giorgia Meloni mette più in discussione. E anche le sortite sull’aborto — «una leggenda nera della morte come diritto», cit. sempre di Tarquinio — che inquietano una fetta del mondo femminista che Schlein tiene da sempre in considerazione. Lui per ora replica sportivo: «La politica l’ho raccontata per 40 anni, le polemiche sono fisiologiche. Certo mi aspetterei qualche giudizio meno precipitoso, meno superficiale», diceva l’altro ieri a Linea Notte, su Rai3. L’Ucraina? «Mi hanno accusato di essere complessista, ma se fosse tutto semplice, basterebbe dire: cessate il fuoco!». I diritti? «Ho sempre detto: prima viene la persona, poi ragioniamo sui modi, chiarendo che non ci sono mai diritti da accampare su altre persone».

Hanno tutti ragione | Tarquinio il Buono e Tarquinio il Cattivo, due identità per un Pd indeciso

Il punto è che Tarquinio, oltre che come cronista, è persona senza dubbio rigorosa. Un intellettuale onesto, che sceglie una posizione e poi difficilmente la cambia. E questo rischia di creare due cortocircuiti, nel Pd: perché per il lato confessionale, resta un cattolico conservatore, con una bussola inscalfibile sul concetto di famiglia. Dal lato laico, ha posizioni molto-molto di sinistra sulla guerra, sia quella in Medio Oriente che in Ucraina. Posizioni che stonano con la linea del Pd, a sostegno de Kiev.

Certo il personaggio Tarquinio è complesso, mica facile da riassumere in tre frasi. Classe ‘66 da Assisi, scout, una carriera quarantennale cominciata alla Voce, non quella di Montanelli ma il settimanale dei cattolici dell’Umbria, poi il Tempo, poi Avvenire, di cui diventa direttore nel 2009, quando subentra a Dino Boffo, silurato dal Giornale di Berlusconi. Però Tarquinio, va detto, ha saputo scostarsi dal “ruinismo” del predecessore. Boffo, ai tempi dei Dico di Rosy Bindi, titolava: «Non possumus», non possiamo, per citare Pio IX. E invece Tarquinio, per le unioni civili, virò sulla formula «Unicuique suum», a ciascuno il suo. E secondo il giornalista, non è questione di latinorum, ma di sostanza. Anche se poi il ddl Cirinnà lo criticò aspramente: «Un testo pieno di ambiguità e forzature», perché considerato (da lui) un irricevibile «simil matrimonio gay», che rincorreva «derive falsamente progressiste verso ingiustizie e disumanità».

Pd, Tarquinio&Salis e i fuori linea. Fedez dalla Ferragni alla Ferrari

Però Tarquinio ha criticato i raduni “per la famiglia” di Pillon e Salvini, che avrebbero prodotto «una polemica inutilità», così scriveva nel 2019. E di certo sta sul gozzo ai cattolici integralisti (che non gradiscono, eufemismo, il magistero di Francesco) col loro sito Nuova Bussola Quotidiana, che addirittura l’ha accusato, al contrario, di «omosessualismo». Sulla guerra, o meglio sulle guerre, la sua posizione è quella del Papa, quindi quella dell’«abbaiare della Nato» alle porte di Mosca. Con un’aggiunta di sortite piuttosto ruvide su Zelensky: «Gli eroi sono altri, non ammazzano»; «Se avesse fatto le valigie, la guerra sarebbe finita»; quando si parlava del presidente ucraino a Sanremo, un anno fa, proponeva che l’Ariston ospitasse «anche voci russe» di pace. Considerazioni su cui ragiona Schlein, che sulle armi ha tenuto la linea di Ue e Nato, e che è la leader più femminista e più vicina al mondo Lgbtq che il Pd abbia mai avuto. E forse proprio per questo è l’unica che potrebbe far digerire questa candidatura al suo partito. Magari rinunciando al posto di capolista per sé, pure nelle Isole.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *