L’accordo tra Lega e Russia Unita disdetto solo a parole: tra gemellaggi, scambi e propaganda, l’attrazione di Salvini per Putin

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Quello tra Lega e Russia post-sovietica è un vecchio amore, o comunque un rapporto di reciproca attenzione, che a voler essere onesti non nasce con Matteo Salvini, anche se con l’attuale segretario federale la relazione si solidifica e diventa un accordo strutturale disdetto solo a parole.

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Ma andiamo con ordine: già nel 1997 il Parlamento della Padania di Chignolo Po fu visitato da Vladimir Zhirinovsky, all’epoca leader di un partito nazionalista russo. «I movimenti indipendentisti che potevano indebolire la struttura europea sottomessa ai desiderata di Washington erano ben visti da quelli come loro», racconta l’ex portavoce di Salvini Gianluca Savoini nel suo ‘Da Pontida al Metropol – La lunga guerra dei poteri forti internazionali contro la Lega’ (SignsBooks), libro utilissimo per comprendere ragioni e genesi di questa vicinanza. La Russia che voleva tornare grande e farsi «promotrice di una dimensione alternativa alla american way of life fondata sul consumismo, l’ultraliberismo, il predominio finanziario, l’individualismo più spinto» ben poteva parlarsi con l’Umberto Bossi che contrario al «pensiero unico, alla globalizzazione portata agli estremi, alle migrazioni provocate per cambiare le identità etniche e culturali» sostenne la Serbia di Slobodan Milosevic bombardata dalla Nato, unico in Italia insieme all’allora segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti.

Al congresso di elezione di Salvini, che si svolge al Lingotto di Torino nel dicembre del 2012, ci sono ospiti Alexei Komov e Viktor Zubarev di Russia Unita, portati sempre da Savoini, ed entrambi parlano di globalismo come male assoluto e famiglia tradizionale. Sono ben accolti dalla platea e la sera cenando con il segretario uscente Roberto Maroni e Salvini, oltre al gruppo dirigente di allora, propongono un viaggio ufficiale in Russia di una delegazione leghista per cementare il rapporto, esattamente come stavano facendo già da tempo i francesi del Fronte Nazionale di Marine Le Pen.

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Così a febbraio 2014 nasce l’associazione Lombardia-Russia, presentata negli uffici leghisti al Pirellone. La guidano Savoini e un altro leghista esperto di informatica, Gianmatteo Ferrari; al loro lavoro si unisce un altro leghista, Claudio D’Amico, poi consulente di Salvini nel governo gialloverde. La sede di Lombardia-Russia è in via Colombi a Milano, che detta così non significa nulla: ma è la seconda entrata della sede del Carroccio di via Bellerio. Nascono associazioni simili in Liguria, Veneto, Lazio, Sicilia, per fare un lavoro culturale ma anche per favorire incontri commerciali tra imprenditori italiani e russi. A ottobre Salvini partecipa al primo viaggio a Mosca con il gruppetto, dove incontra il responsabile Esteri del partito Andrey Klimov, il presidente della commissione Esteri della Duma Alexey Puskov e il presidente della Duma, Sergey Narishkin. Dopo, vanno in Crimea, a benedire l’annessione della regione da parte di Putin.

Quello è il vero inizio, si potrebbe dire. Il Salvini di allora era abituato a provocare l’opinione pubblica con le relazioni internazionali spericolate, come quando andò in visita in Corea del Nord assieme ad Antonio Razzi; una volta tornato, disse un gran bene del paese socialista.

Ci saranno altri viaggi di Salvini a Mosca, compreso quello della famosa foto in piazza Rossa con la faccia di Vladimir Putin sulla t-shirt, ci sarà un incontro con Putin stesso a Milano, ci saranno le relazioni culturali leghiste con Aleksandr Dugin, le visite e le cene di gala in ambasciata russa, ci sarà l’accordo politico ufficiale tra Lega e Russia Unita (2017) e tra giovani del partito e giovani di Russia Unita, nel 2018. Così come lo scandalo mai chiarito, grazie alla poca collaborazione delle autorità russe, delle possibili tangenti del Metropol al partito. In Parlamento europeo la Lega non si dimenticherà mai di perorare le cause russe, contro le sanzioni ad esempio; idem in quello italiano.

La guerra in Ucraina non è ancora scoppiata e attorno alla Russia non c’è ancora una vera e propria cortina di ferro. Quando però Putin inizia a bombardare Kiev, per Salvini e la Lega inizia il supremo imbarazzo. Putin diventa indifendibile e la Lega veste la casacca della pace, del no alla guerra, votando al contempo però tutti gli invii di armi all’Ucraina. Una schizofrenia politica non ancora chiarita del tutto.

“I propositi di collaborazione puramente politica del 2017 tra la Lega e Russia Unita non hanno più valore dopo l’invasione dell’Ucraina. Di più. Anche negli anni precedenti non c’erano state iniziative comuni”, è la versione della Lega oggi. In quel documento era scritto così: “Il presente accordo entra in vigore all’atto della firma dei rappresentanti autorizzati delle Parti e ha una validità di 5 anni. L’accordo è automaticamente prorogato per successivi periodi di cinque anni, a meno che una delle Parti notifichi all’altra Parte entro e non oltre 6 mesi prima della scadenza dell’accordo la sua intenzione alla cessazione dello stesso”. Ma questa notifica di cessazione la Lega non l’ha mai resa pubblica.

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