Lavoratori stagionali e contratti a termine della Pa, partono le procedure di infrazione della Ue contro l’Italia

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Lavoratori a termine nel pubblico, stagionali, ritardi nei pagamenti. Sono diversi i capitoli sui quali la Commissione europea ha acceso un faro sull’Italia – insieme ad altri Paesi – avviando una procedura di infrazione.

I contratti determinati della Pa

Nel resoconto fornito da Bruxelles, l’Italia torna nel mirino dell’Ue per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico e l’abuso dei contratti a tempo determinato. Bruxelles ha inviato a Roma un parere motivato, secondo passo della procedura avviata nel luglio 2019, evidenziando che “la normativa italiana non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico“. Il riferimento è alla direttiva 1999/79/CE che “impone di non discriminare a danno dei lavoratori a tempo determinato e obbliga gli Stati membri a disporre di misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato”. Secondo Bruxelles, la legge italiana “non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico in Italia. Tra questi, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali e volontari dei vigili del fuoco nazionali”. Per l’analisi comunitaria, “alcuni di questi lavoratori hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell’Unione”. La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da una lettera complementare di costituzione in mora nel dicembre 2020. Sebbene l’Italia abbia fornito spiegazioni sulle proprie norme nazionali, la Commissione le ha ritenute non soddisfacenti e dà ora seguito all’esame con un parere motivato. L’Italia dispone ora di 2 mesi per rimediare alle carenze individuate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’UE.

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Gli stagionali

Per quanto concerne gli stagionali, invece, la procedura d’infrazione riguarda anche altri nove Paesi e si contesta il non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali, volta ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento. “Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare”, evidenzia Bruxelles. Che sta “monitorando il modo in cui tutti gli Stati membri hanno recepito questa normativa nel diritto nazionale”. E “ritiene che questi Stati membri non abbiano recepito e/o attuato correttamente alcuni obblighi previsti dalla direttiva”. Anche in questo caso ci sono due mesi per rispondere alle argomentazioni dell’esecutivo Ue.

I pagamenti in ritardo

Tra i capitali segnalati dalla Commissione, c’è anche quello dei pagamenti in ritardo. Tasto dolente in particolare per quel che riguarda “settore sanitario nella Regione Calabria. La legge italiana costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento in quanto proroga oltre i termini previsti dalla direttiva il termine di pagamento per i debiti delle amministrazioni pubbliche. La Commissione ha pertanto deciso di inviare all’Italia una lettera di costituzione in mora”, si legge nella panoramica di Bruxelles. “La Commissione ha inoltre deciso di inviare un parere motivato all’Italia a seguito della mancata inclusione del noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle indagini penali nella definizione di transazioni commerciali prevista nella normativa nazionale. Escludendo tali operazioni dall’ambito di applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento, le imprese interessate non possono beneficiare della tutela accordata dalla direttiva”.

Disabili, antiriciclaggio, spazio marittimo

Nel documento della Commissione ci sono anche altri temi. L’Italia “deve garantire” alle persone con disabilità il pieno accesso ai “prodotti e servizi chiave come telefoni, computer, e-book, servizi bancari e comunicazioni elettroniche”, si legge con contestuale apertura della procedura, con Danimarca ed Estonia. Con la Lettonia e il Portogallo finiamo dietro la lavagna, invece, per il mancato corretto recepimento della direttiva Ue in materia di antiriciclaggio. I tre Paesi “avevano notificato il pieno recepimento” delle norme comunitarie, ma la Commissione europea “ha individuato diversi casi” di “mancata conformità” su aspetti ritenuti “fondamentali” – come, nel caso dell’Italia, “la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi” -, decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora. Italia, Bulgaria, Grecia, Cipro e Romania hanno infine ricevuto pareri motivati per la non corretta attuazione della direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo definendo l’approccio comune che consente ai paesi di pianificare le loro zone marittime. Si tratta di organizzare le attività nelle zone marine al fine di conseguire vari obiettivi ecologici, economici e sociali. Tra questi obiettivi figurano lo sviluppo di un’economia blu sostenibile, l’uso sostenibile delle risorse marine e la conservazione di ecosistemi marini sani e della biodiversità.

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