L’Istat conferma il rallentamento dell’inflazione di maggio, legato a doppio filo con l’energia: +7,6%

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MILANO – L’Istat conferma la stima preliminare e dice che a maggio i prezzi al consumo sono saliti dello 0,3% mensile e del 7,6% annuo, rallentando dunque dal +8,2% di aprile e riportandosi sul livello di marzo.

“La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +26,6% a +20,3%) e, in misura minore, di quelli degli Alimentari lavorati (da +14,0% a +13,2%), degli Altri beni (da +5,3% a +5,0%), dei Servizi relativi ai trasporti (da +6,0% a +5,6%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,9% a +6,7%)”. In senso opposto, quindi con “tensioni al rialzo” hanno agito i prezzi degli Alimentari non lavorati (da +8,4% a +8,8%) e di quelli dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,2% a +3,5%).

A testimonianza del fatto che la dinamica inflattiva è “vischiosa“, come si dice nel gergo dei banchieri centrali, e dunque che resta ormai appiccicata ad altre categorie di beni al di fuori dell’energia ci sono altre dinamiche. L’inflazione di fondo, che esclude proprio l’energia insieme ad altre componenti volatili come gli alimentari freschi, rallenta molto lievemente passando da +6,2 a +6%. Così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,3% a +6,2%.

Infatti l’Istat scrive nel suo commento ai dati che, da una parte, “a maggio l’inflazione riprende a scendere, tornando, dopo la risalita registrata ad aprile, al livello di marzo 2023 (+7,6%)”. Ma dettaglia che “il rallentamento appare ancora fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei Beni energetici, in particolare della componente non regolamentata, in calo su base congiunturale. Nel settore alimentare, i prezzi dei prodotti lavorati mostrano un’attenuazione della loro crescita su base annua, che contribuisce alla decelerazione dell’inflazione di fondo (scesa a +6,0%)”.

Se si guarda al carrello della spesa, cioè i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da +11,6% a +11,2%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,9% a +7,1%).

L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,6% per l’indice generale e a +4,7% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) – la variabile che si utilizza nelle statistiche europee – aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’8,0% su base annua (in decelerazione da +8,6% di aprile); la stima preliminare era +8,1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 7,2% su base annua.

I dati arrivano all’indomani della decisioni della Bce di alzare il costo del denaro di altri 25 punti: la presidente Christine Lagarde ha spiegato la scelta proprio con il fatto che l’inflazione resta troppo alta e troppo a lungo, nonostante l’inizio di inversione di tendenza. Per altro, proprio gli economisti dell’Eurotower hanno aggiornato le loro previsioni sui preziz, sorprendendo al rialzo: gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione complessiva si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3,0% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. La spinta sui prezzi al netto di alimentari ed energia, che resta alta, costringe a rivedere al rialzo le stime precedenti: per quest’anno salirebbe al 5,1%, per poi ridursi al 3,0% nel 2024 e al 2,3% nel 2025.

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