Luigi Zanda: “Dopo Pisa il governo sbaglia ad alzare la tensione. Così le piazze rischiano di esplodere”

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ROMA – «L’ordine pubblico dipende anche dal comportamento del governo. Così come la polizia deve agire con prudenza e usare il manganello solo in situazioni di grave emergenza, così la politica deve evitare toni provocatori, deve cercare la pace sociale e non eccitare il conflitto». Altrimenti il rischio per Luigi Zanda, ex senatore del Partito democratico e prima ancora, alla fine degli anni Settanta, portavoce di Francesco Cossiga, è di gettare benzina sul fuoco.

Zanda, non le sembra invece che dopo i fatti di Pisa proprio sulle piazze il governo abbia alzato la tensione?

«Io penso che Giorgia Meloni dovrebbe sapere che senza il rispetto e l’amicizia della società la polizia non può garantire la sicurezza. E dovrebbe sapere che questo rispetto si conquista solo con comportamenti impeccabili. Credo quindi che la presidente del Consiglio dovrebbe mantenere un equilibrio che spesso le manca».

Anche per questo non è rischioso indicare nella piazza, in qualsiasi piazza, il nemico di cui si ha bisogno per fini politici?

«Oggi ci sono pezzi vasti della società italiana che vivono in condizioni di povertà e poi ci sono gruppi che cercano di imporre le loro richieste con atti di forza, come abbiamo visto da una parte del mondo agricolo o, prima, da frange No Vax. E per tutti questi cittadini il luogo della protesta è sempre la piazza. Mantenere l’ordine pubblico quando le manifestazioni si fanno dure è un esercizio difficilissimo che richiede doti di equilibrio e grande sensibilità. Ma bisogna saper distinguere quando la polizia può cedere alla piazza e quando bisogna invece porre un limite. E per questo servono uomini ben addestrati e funzionari estremamente preparati».

A Pisa non si era di fronte a una manifestazione violenta. Di quel che è successo cosa ne pensa?

«Ci sono stati comportamenti inammissibili, gravi anche nel caso in cui i ragazzi avessero avuto un atteggiamento provocatorio. Le manganellate della polizia su giovanissimi inermi che manifestano a volto scoperto non possono esistere in una democrazia matura come la nostra».

Quel che ha detto Mattarella, trascinato però anche lui nella polemica politica.

«Sono pienamente d’accordo con il presidente della Repubblica. E aggiungo che da parte del governo la condanna di questi eccessi doveva essere più ferma, immediata e chiara».

Davanti alle critiche sull’uso eccessivo della forza il governo ha invece risposto suggerendo che ci sia un pericoloso disegno, istituzionale e non, per togliere sostegno alle forze dell’ordine.

«Nessuno ha messo in dubbio quel sostegno. Io credo che si debba avere molto rispetto e riconoscenza per chi tutti i giorni ha la responsabilità della nostra sicurezza e rischia per questo. Anzi, sarebbe bene ricordare che oggi un poliziotto guadagna meno di 1.500 euro al mese e invece la dignità dello Stato si dovrebbe vedere anche da come tratta economicamente i suoi servitori più necessari perché senza sicurezza, sanità o scuola le società si disgregano. Dove però il ministro Matteo Piantedosi ha mancato è nel non aver espresso il dolore dello Stato italiano per un incidente così grave. E nel non aver saputo tendere una mano verso quei ragazzi che sono stati colpiti».

Ora le manifestazioni aumentano, l’insoddisfazione sociale anche. A giugno c’è il G7 e la polizia prepara, con preoccupazione, un piano straordinario. Secondo lei, che ha vissuto dal ministero dell’Interno la fine degli anni Settanta, siamo su un crinale pericoloso dal quale si rischia di scivolare su un piano inclinato?

«Mi sembra che siamo molto lontani dal clima di quegli anni. Mi preoccupano più gli atti di forza di alcuni gruppi di interesse che possono bloccare le città e innescare disordini, mentre gli studenti mi sembrano più responsabili. Certo ci sono stati episodi come quello dell’assalto violento a una volante di polizia a Torino per liberare un fermato dalla polizia, un fatto inquietante. Ed è difficile capire se si tratta di un fatto isolato o se può essere la spia di un salto di qualità di frange estreme. Per questo, lo ripeto, di fronte alle piazze servono capacità di ascolto e di mediazione, saggezza, prudenza, professionalità. Non la volontà di innescare altre tensioni».

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