Malata terminale morta all’Idi, il medico indagato: “Il marito mi disse di fare qualsiasi cosa per la moglie”

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Non solo il medico dell’Idi (già licenziato) che ha materialmente iniettato una dose letale di cloruro di potassio a una paziente terminale. A processo, anche se si è detto contrario all’eutanasia, rischia di finire anche il marito della 47enne morta il 13 febbraio del 2019 in una stanza dell’ospedale di via dei Monti di Creta. Perché? Ascoltato dalla commissione disciplinare dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata, il camice bianco ha spiegato che “durante l’intervento è stato presente il marito, che ha insistentemente chiesto di fare qualsiasi cosa, affinché la moglie terminasse quella sera”. Così entrambi rischiano il rinvio a giudizio per omicidio volontario.

Malata terminale morta all’Idi, il marito: “Un’iniezione e ha smesso di respirare. Io contrario all’eutanasia”

Il nodo da sciogliere – appuntamento il 10 novembre davanti al gup – è quello relativo all’interpretazione delle parole dell’uomo, negoziante di 53 anni. Quando ha chiesto ai dottori di fare qualcosa per la moglie, malata di tumore, cosa chiedeva? Una sedazione più profonda o la morte? Le parti sono pronte a difendersi, fermo restando le dichiarazioni davanti al pm Stefano Luciani del marito: “Sono contrario all’eutanasia”.

La presa di posizione davanti al magistrato, però, non basta. Pesano anche le parole del medico – che non si è fatto sentire dalla procura – sulla richiesta del 53enne. Nel dubbio, riporta il Corriere della Sera, allora gli indagati per la morte della 47enne sono due. Il medico e il marito della signora.

La donna, tornando al febbraio 2019, soffriva troppo. Per questo il compagno chiese un aiuto. Nella cartella clinica è segnalata l’iniezione di cloruro di potassio, sostanza potenzialmente letale. Letta dai colleghi del camice bianco, la documentazione ha portato all’avvio di un procedimento disciplinare. In quella sede il dottore si è difeso raccontando la sua versione.

“La paziente verteva in uno stato di perdita di efficacia della sedazione profonda, già attuata dai medici del reparto di oncologia. Nonostante l’implemento della dose e della velocità di infusione dei sedativi non si riusciva ad ottenere ormai un valido stato di sedazione con alterazione dei parametri cardiocircolatori visto lo stadio terminale della paziente. L’infusione attuata nei confronti della malata era non di cloruro di sodio allo stato puro, ma in forma diluita”, ha spiegato il medico davanti ai colleghi. Una versione che potrebbe ripetere davanti al gup.

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