Marco Boato: “Mai d’accordo con i metodi di Toni Negri ma il processo fu folle”

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Marco Boato, attuale copresidente del Consiglio federale di Europa verde, già esponente di Lotta continua, e quindi «assolutamente distante dalle posizioni di Toni Negri». Boato però rimarca un «grande rispetto per lo studioso Negri, e per la sua enorme produzione intellettuale».

Ci spieghi questa “distanza”. Sono passati così tanti anni che molti fanno confusione, l’estrema sinistra di allora è talvolta vista come un unicum, che invece non era.

«Le sue teorie sull’insurrezione – sue e di altri esponenti di Potere operaio – erano politicamente folli, per noi di Lotta continua. Ricordo un episodio: nel secondo anniversario di piazza Fontana, ci riunimmo a Milano per decidere cosa fare per la manifestazione di tutta la sinistra extraparlamentare legale, cioè che operava alla luce del sole. C’erano il manifesto, Lotta continua, Potere operaio e altri. La questura ci autorizzava a manifestare, ma non a fare un corteo. Negri disse che dovevamo forzare il divieto, a costo di scontri. Ci opponemmo tutti, e così fu: una manifestazione, niente corteo. Ma quella notte venne fermata una macchina, con alcuni esponenti di Potere operaio. Vennero arrestati, nell’auto c’erano molte molotov pronte. Ecco, era la ricerca dello scontro, sempre e comunque».

Lei lo conosceva dagli anni Sessanta, addirittura.

«La prima volta che l’ho visto, a Venezia, a una conferenza, era il 1962. Io, studente liceale, lui già impegnato in politica, nella sinistra socialista. È stato il più giovane professore ordinario d’Italia, e lo era diventato con l’appoggio del rettore di Padova, Enrico Opocher, che era di tutt’altre idee. La sua tesi di laurea, poi pubblicata, era sullo storicismo tedesco. Ha fatto una strepitosa carriera universitaria, ed è stato un grande studioso, perciò ne ho rispetto».

Ma su tutto il resto, niente a che fare.

«Assolutamente no. Abbiamo avuto le stesse radici cristiane, poi io sono rimasto cristiano, lui ha fatto un percorso diverso, ha scritto libri su Spinoza, sulla laicità. Ha studiato e scritto moltissimo, e io ho letto molti dei suoi libri. Impero, ad esempio, ha fatto storia. Ne ricordo però uno che mi sembrò un po’ delirante: Il dominio e il sabotaggio».

Adesso che è morto, è tornata a galla la vecchia definizione di “cattivo maestro”. Cosa ne pensa?

«È un cliché, è la definizione banale di una storia – che non è la mia storia – molto lunga e complessa. Posso dire che non aveva niente a che fare con le organizzazioni terroristiche, e che il teorema Calogero – che pure ha avuto dei meriti, con altre indagini – era follia pura. Ipotizzare che ci fosse un vertice unificato del terrorismo italiano, e che il capo fosse lui… un’ipotesi giudiziaria e storico-politica che non stava in piedi, e infatti crollò».

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