Operatrice sanitaria no vax e positiva infetta 27 ospiti nella Rsa di Fiano Romano. “Ora basta, non lavoreranno più qui”

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E’ bastata la lieve febbre di un’operatrice socio-sanitaria no-vax, a far da far da miccia a un focolaio che ha colpito la maggioranza degli anziani ospiti di una casa di riposo di Fiano Romano: 27 su 36, ora tenuti sotto stretto monitoraggio dalla Asl Roma 4. E adesso gli operatori “egoisti”, che hanno rifiutato in massa il vaccino, rischiano il posto di lavoro.

Quando i primi di gennaio i vaccinatori della Asl Roma4 erano venuti alla “Casa di riposo e riabilitazione” di Fiano Romano, il titolare, Roberto Agresti, aveva “fatto un discorso alla nazione”. Per convincere i suoi “nonni” ospiti, e il suo personale, a dire sì all’iniezione. Su 36 anziani, in 24 hanno accettato.

Ma per quanto riguarda gli operatori – nonostante Agresti per primo avesse dato il buon esempio, facendosi somministrare la dose – non c’è stato niente da fare: tutti e 26 hanno scosso la testa. Due mesi dopo se ne sono viste le conseguenze. “Tutto è partito il 15 marzo, quando un’operatrice ha avuto la febbre – spiega Agresti – l’ho subito mandata a casa, ha fatto il tampone ed era positiva.

Abbiamo subito preso tutte le precauzioni, tute, isolamento, ma il danno era fatto. E sono venuti fuori i casi”. Tra gli operatori, tutti giovani, solo in 3 si sono contagiati. Ma non è stato così per gli anziani. Anzi, a risultare positivi, sebbene con sintomi lievi, sono stati anche alcuni vaccinati. “Ho fatto il conto – prosegue il titolare – i 9 nonni negativi sono tutti vaccinati, ma tra i 27 positivi il 70% aveva ricevuto le due dosi di Pfizer”. Tanto che la Asl porterà avanti anche gli esami per determinare il dosaggio degli anticorpi presenti negli ultra 80enni.

“Al momento non ci sono fortunatamente criticità, ma abbiamo mandato un’equipe Uscar a valutare le condizioni dei positivi dal punto di vista clinico”, spiega Simona Ursino, direttrice del Servizio prevenzione della Asl che copre l’area a nord-ovest di Roma da Ladispoli a Civitavecchia. “Sono amareggiata – prosegue Ursino – .Abbiamo finalmente uno strumento per precedere il virus, invece di corrergli dietro, eppure c’è chi non lo vuole sfruttare”.

La dottoressa confessa che il caso della casa di riposo di Fiano Romano non è isolato. “Sul territorio abbiamo strutture che hanno avuto un’adesione del 90%, ma in tante non è affatto così e gli operatori che accettano sono la minoranza – continua il medico – le strutture socio- sanitarie, come le Rsa vanno meglio, ma in quelle comunitarie e assistenziali ci sono problemi. E comunque bisogna sempre fare una forte attività di couseling”. Un lavoro di convincimento incessante da parte della Asl.

“Il 20 aprile, appena arriva il vaccino Johnson & Johnson, inizieremo la vaccinazione dei detenuti del carcere di Civitavecchia, ma abbiamo già organizzato degli incontri formativi tenuti da personale sanitario, per fugare ogni dubbio a chi si vaccinerà”, conclude.

Intanto, nella casa di riposo di Fiano, immersa nel verde, regna la mestizia e la rabbia. “Sono cinque giorni che sto chiuso qui dentro, non abbandono la mia nave, è un dramma – si sfoga Agresti -. E’ da un anno che siamo chiusi ai parenti, ai nostri anziani viene richiesto un enorme sacrificio, non è giusto che ci sia un egoismo tale, una totale mancanza di senso civico. C’è stato un duro confronto con gli operatori, e ho detto alla cooperativa che fornisce il personale che a fine focolaio tutti quelli che lavorano in questa struttura dovranno essere vaccinati. Altrimenti qui non tornano. Punto. Non c’è un matrimonio tra struttura e operatore, chi si vaccina rimane, chi non lo fa va a lavorare altrove”.

Per Agresti l’unica soluzione al problema è rendere obbligatoria la vaccinazione per chi fa lavori di tipo sanitario. “Lo deve imporre lo Stato, noi privati abbiamo sempre le mani legate – conclude l’imprenditore -. Perdiamo 400 persone al giorno per il Covid. Non c’è scusa che tenga”.

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