Papà al lavoro, mamme a casa: dopo due anni i congedi di paternità sono solo teoria

Pubblicità
Pubblicità

“Dovremmo dare attuazione…”. Dovremmo. Così dice la ministra Marina Calderone. Aula della Camera, mercoledì, interno giorno. Si parla dei congedi di paternità, conquista di civiltà in tanti Paesi occidentali, grande incompiuta in Italia.

Dieci giorni d’obbligo per gli uomini, contro i cinque mesi delle donne. Più i dieci mesi facoltativi che i due genitori possono spartirsi fino ai dodici anni del bambino. Risultato: magrissimo. Nel 2022, secondo l’Istat, 173.223 papà fruivano del congedo obbligatorio, 3.203 di quello facoltativo. Per introdurre un po’ più di parità nella gestione della famiglia una norma del Family act, in vigore dalla primavera del 2022, impegnerebbe il governo ad aumentare i giorni del congedo obbligatorio “per un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all’altro genitore per ciascun figlio”. Due mesi ciascuno, con un bonus nel caso in cui la ripartizione tra i due sia equa. Un incentivo alla parità tra le mura di casa. Bello, in teoria. In pratica, dopo due anni: nulla.

“Dovremmo dare attuazione”, dice Calderone, ministra del Lavoro del governo Meloni. Ma la collega ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, non sembra altrettanto convinta: “C’è la naturale volontà di riconsiderarne i contenuti alla luce degli indirizzi dell’attuale maggioranza, ma il Family Act è sostanzialmente una dichiarazione di intenti, priva di corrispondenti poste di bilancio e rimasta infatti inattuata”. Non ci sono soldi e forse non siamo d’accordo: questo il messaggio.

Congedi, ultimi in Europa

Due anni fa in Italia i congedi genitoriali facoltativi erano chiesti per il 78% dalle madri, per il 22% dai padri. Cinquantaquattro giorni in media le donne, ventitre in media gli uomini. Quattromilacinquecentoventi coraggiosi, pronti a combattere gli stereotipi e mettere in pausa la carriera, per unirsi a un esercito di mamme nella cura dei figli. Pesano fattori culturali ma anche economici: gli uomini in genere guadagnano più delle donne, per una famiglia il loro lavoro pesa di più.

Ma neanche il congedo obbligatorio sembra far breccia. Quei dieci miseri giorni di pausa a ridosso della nascita dei figli, nel 2022 venivano goduti da 124.410 padri. Ma più della metà se ne infischiava della legge: 393mila i bambini nati quell’anno in Italia.

Oggi siamo ancora lì, tra gli ultimi in Europa, con Belgio e Polonia. La Spagna sia le madri che i padri hanno diritto a 16 settimane, non trasferibili, a stipendio pieno. La capofila Svezia è inarrivabile: lo Stato garantisce congedi di oltre un anno a coppia, quattrocentottanta giorni, di cui sessanta riservati alla madre e sessanta il padre, all’80% dello stipendio. A Roma la premier Giorgia Meloni e la ministra Roccella hanno celebrato come misura importante per le donne la garanzia, solo per il 2024, di due mesi di congedo indennizzati all’80%. Un raddoppio, rispetto all’anno precedente. Meglio di niente, forse.

La spinta per l’intervento

I partiti del centrosinistra da mesi chiedono che si faccia di più. Avevano presentato anche un emendamento, bocciato, alla manovra. Cinque mesi, per entrambi i genitori, pagati al 100%, propone Elly Schlein. E’ una battaglia che portiamo avanti da anni, incalza Giuseppe Conte. E’ stato anche aperto un tavolo tra i gruppi d’opposizione, per arrivare a una proposta unitaria. E però Elena Bonetti, ex ministra della Famiglia e firmataria del Family act, va ripetendo che la norma c’è, bisogna solo attuarla. Intanto però nulla, o quasi. “Dovremmo”, dice il governo. Chissà.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *