Pressing per le dimissioni di Salvini: Azione convince Pd e M5S sulla mozione di sfiducia. Lui resiste: “Vergogna”

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ROMA — Una mozione di sfiducia contro il vicepremier Matteo Salvini. Obiettivo: incunearsi nelle contraddizioni in politica estera della maggioranza e mettere nel mirino l’accordo siglato dalla Lega con Russia Unita, il partito di Putin, nel 2017 e rinnovato tacitamente a marzo 2022, a guerra già scoppiata. Un memorandum di collaborazione e di “scambio di informazioni” diventato talmente imbarazzante che via Bellerio adesso prova a negarne perfino l’esistenza. Nonostante sia ormai agli onori delle cronache da anni: se ne conosce perfino il testo integrale. «In gioco c’è la sicurezza nazionale e voglio vedere cosa dice Meloni, cui ho riconosciuto sempre di avere una linea netta sull’Ucraina», dice Carlo Calenda, che spinge per presentare la richiesta di sfiducia «a giorni», mettendo Salvini davanti a un aut aut: o mostra di avere rescisso quell’intesa con l’autocrate del Cremlino o dovrà risponderne davanti al Parlamento.

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Il leader di Azione domattina all’alba partirà per Kiev, per l’anniversario del conflitto. Sa che per arrivare a dama, cioè per protocollare la richiesta, ha bisogno di altre firme. Da regolamento di Montecitorio, ne servono almeno 40 e i deputati azionisti, da soli, non bastano: sono 13. Per questo ieri Calenda si è messo al telefono. Si è sentito con la segretaria del Pd, Elly Schlein, che pare intenzionata ad appoggiare la mossa. E ha scritto anche a Giuseppe Conte.

Il capo dei 5 Stelle, a sera, si è convinto: il Movimento sosterrà la mozione di sfiducia a Salvini. «Il ripudio di quell’accordo era un obbligo», conferma l’ex premier uscendo dalla Camera, subito dopo avere annunciato una mobilitazione (probabilmente sotto l’ambasciata britannica) per dire no all’estradizione di Assange. Tecnicamente, la mozione ha i numeri per essere presentata. Anche i rosso-verdi sono orientati ad essere della partita. «Se la mozione si farà, la sosterremo», fa sapere Angelo Bonelli, il leader dei Verdi. Apre pure Nicola Fratoianni, segretario della Sinistra italiana: «Ne discuteremo al nostro interno, ma l’idea di una mozione di sfiducia va presa in considerazione».

Più cauto Riccardo Magi di +Europa, che però a Montecitorio conta solo 3 deputati: «La mozione rischia di essere un’arma spuntata nella misura in cui l’esito è scontato». Cioè: la destra farà quadrato. Impossibile che Meloni sfiduci il suo vice, al netto delle bizze su un mucchio di temi, ultimo il terzo mandato. Anche i renziani di Italia viva ancora non si sono espressi.

Ma se anche il Pd, come pare. appoggerà l’iniziativa, l’opposizione dovrebbe schierarsi quasi a ranghi completi. Costringendo il partito di Meloni a difendere in Aula un vice-premier che ha ancora in tasca un accordo politico con Putin. «L’assassinio di Navalny ci riporta alla dimensione della sfida che si combatte in Ucraina», spiegava ieri sera la deputata dem Lia Quartapelle, durante un convegno in Senato sull’anniversario dell’invasione russa, con la deputata della Rada di Kiev, Daria Volodina. «Non possiamo cedere alla stanchezza – insisteva dalla stessa conferenza Mariastella Gelmini di Azione – La linea del fronte ucraino è la trincea dell’Europa democratica contro il totalitarismo. Questa battaglia ci riguarda da vicino. E non sono ammessi passi indietro, incertezze o ambiguità». Eppure dalla Lega insorgono contro la mozione e se la prendono con Conte e Calenda: «Non conoscono vergogna — attaccano i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari — prima di attaccare Salvini sul nulla si guardino almeno una volta allo specchio».

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