“Soldati Usa via dal Ciad”, anche l’ultimo bastione dell’Occidente nel Sahel vira verso Mosca

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A quattro mesi dall’uscita di scena dei soldati francesi, pochi giorni fa è arrivato l’annuncio: anche quelli americani dovranno abbandonare il territorio del Niger. Intanto, a Niamey, la capitale, è sbarcato un centinaio di istruttori militari russi, con un sistema antiaereo al seguito, un “regalino” di Mosca. Sul posto restano 250 soldati italiani e un centinaio di tedeschi, ma il paese, dopo il golpe militare dell’estate scorsa, è ormai entrato nell’orbita della Russia, dopo il Burkina Faso e il Mali. Teoricamente nel Sahel resta il Ciad come bastione fedele all’Occidente (lì rimangono asserragliati oltre mille soldati francesi e un centinaio di americani). Ma fino a quando? Il paese è in piena ebollizione, sempre più vicino alle presidenziali, che si terranno il 6 maggio. E dal Ciad arrivano elementi contraddittori e preoccupanti, pericolose strizzate d’occhio a Mosca e un litigio appena scoppiato con Washington. Senza contare lo sbarco annunciato di 200 soldati ungheresi: Viktor Orban, dalle relazioni ambigue con Vladimir Putin, ha messo gli occhi su questo paese del Sahel, dove invia missioni di esperti a ripetizione (di cui fa parte anche un personaggio misterioso, Gaspar Orban, suo figlio).

Il presidente del Consiglio militare

A guidare il Ciad è oggi Mahamat Idriss Déby, 40 anni, presidente del Consiglio militare di transizione, creato dopo la morte improvvisa, nel 2021, di suo padre, Idriss Déby, padrone del paese per 31 anni e ucciso mentre combatteva contro i ribelli del Nord. A più riprese Idriss Déby ha ribadito la sua fedeltà alla Francia, ex paese coloniale, e all’Occidente, ma lo scorso 24 gennaio è volato a sorpresa a Mosca, dove ha incontrato Putin, che gli ha promesso “di contribuire con tutti i mezzi possibili” alla stabilità del paese. “Il Ciad è un paese fratello della Russia”, ha ribattuto il presidente africano.

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A che gioco gioca? Vuole far paura alla Francia e agli Usa e monetizzare la propria alleanza? O prepara qualche “sorpresina”? Senza contare che lo scorso 18 aprile sui social è stata diffusa una lettera, giudicata autentica, indirizzata dal capo di stato maggiore dell’aviazione del Ciad al ministero della Difesa, dove se ne evoca una precedente, nella quale si chiedeva all’addetto militare presso l’ambasciata Usa in Ciad di “fermare immediatamente le attività militari americane”. Ci sarebbe stato un problema dovuto a un esercizio aereo non segnalato precedentemente alle autorità del paese. Abderaman Koulamallah, portavoce del governo, ha dichiarato: “Abbiamo solo chiesto un chiarimento e stiamo cercando di trovare una soluzione”. Ma il New York Times indica che gli Stati Uniti hanno appena dovuto allontanare 75 soldati dal Ciad. Ne rimarrebbero ormai appena una manciata. Fonti del dipartimento di Stato segnalano che “gli Usa e il Ciad vogliono fare il punto sulla loro cooperazione militare, una volta passate le elezioni”.

Verso le presidenziali

Le presidenziali si terranno il 6 maggio. All’inizio della transizione, subito dopo la morte del padre, Idriss Déby aveva promesso che non si sarebbe presentato: faceva il democratico. E invece si è candidato. Ancor prima, lo scorso 28 febbraio, l’esercito ha assalito il quartier generale a N’Djamena, la capitale, di Yaya Dillo, suo cugino, che è stato ucciso. Era l’unico rivale che poteva davvero vincere contro di lui alle elezioni: eliminato. La candidatura di altri oppositori è stata invalidata dalla Corte costituzionale. Se alle presidenziali non vincerà Idriss Déby, potrebbe imporsi Succès Masra, attuale premier, ex oppositore, ma ormai passato dalla parte del presidente ad interim. Idriss Déby, intanto, ha avuto contatti dallo scorso autunno con gli emissari di Orban.

Nell’ottobre 2023 a N’Djamena era arrivato il ministro della Difesa ungherese Kristof Szalay-Bobrovniczky. Il Niger si trova su una delle principali rotte dei migranti dirette dall’Africa subsahariana verso il Mediterraneo: “Se il Ciad diventa instabile – aveva dichiarato -, potremmo assistere a un forte aumento del flusso migratorio verso l’Europa”. Il Ciad ha 18 milioni di abitanti, ma conta ben 1,1 milioni di profughi sul suo territorio, per la metà sudanesi. Sono seguite altre missioni di Budapest. All’inizio dell’anno Hungary Helps, la cooperazione ungherese, ha aperto a N’Djamena il suo primo ufficio di rappresentanza in Africa. Poi, la decisione di inviare 200 militari, forse subito dopo le presidenziali. Non è chiaro se Orban agisca coordinandosi coi francesi e gli europei.

Il ruolo del figlio Gaspar

Ebbene, vaga una presenza insolita in queste missioni, suo figlio Gaspar (che nelle trasferte ha cercato sempre di evitare le telecamere o di camuffarsi, indossando mascherine tipo Covid o uno strano cappello verde, ma alla fine i media lo hanno individuato). Ha 32 anni, è l’unico figlio maschio del presidente. È ufficiale dell’esercito. Da giovane aveva iniziato come calciatore professionista, carriera abbandonata nel 2014, dopo qualche mediocre performance nella squadra preferita dal padre, Puskas Akademia. In seguito, si è appassionato all’Africa, dopo aver partecipato a una missione umanitaria in Uganda con una Ong cristiana. A quel momento si è convertito al movimento pentecostale. Con una borsa del governo, ha seguito una formazione all’Accademia reale militare di Sandhurst, la scuola degli ufficiali britannici. Ora risbuca fuori in Ciad.

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