Spalletti: “Qui niente teste di c…. Non voglio vedere chi ondeggia con le cuffie come un ebete”

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Firenze – Spalletti a tuttocampo: nel suo secondo raduno a Coverciano, dopo due mesi di lavoro, ha toccato tutti gli argomenti. E il più importante è stato l’avvertimento alla squadra: chi non dimostrerà attaccamento alla Nazionale, negli allenamenti e nei comportamenti, non avrà più futuro in maglia azzurra: “Non voglio vedere chi ondeggia per Coverciano con le cuffie nelle orecchie come un ebete. La sua carriera continuerà. Ma non con me”.

Mano tesa a Sarri

Spalletti ha tracciato un breve consuntivo del suo inizio nel nuovo incarico: “Le mie considerazioni sono forzatamente influenzate dal piacere di vivere questo ruolo, perciò sono tutte molto belle. Ovviamente ci sono anche problemi, ma fanno parte del gioco. Mi sono ritagliato uno stile di vita per stare bene dentro la tuta: se poi è la tuta dell’Italia, è ancora più bello. Anche se resti a casa per un mese, approfondisci il lavoro. Questo è un lavoro stimolantissimo, mi ha permesso di venire a contatto con molti colleghi che non conoscevo, di vederli lavorare sul campo. Bisogna diventare migliori: se siamo tutti uguali, non va bene”. L’allenatore della Lazio Sarri ha apertamente dichiarato di non essere scontento, se i suoi calciatori non vanno in Nazionale: “Il mio collega Sarri, che stimo moltissimo perché ha sentimento e amore per questo sport e cerca sempre cose nuove, ha detto dal suo punto di vista una cosa vera: anch’io quando facevo l’allenatore di club, ero contento se avevo il maggior numero possibile di giocatori a disposizione. Noi non vogliamo mandarglieli a casa peggiorati, ma migliorati. La Nazionale deve stare a cuore a tutti, anche a lui. Anche i suoi risultati dipendono da quelli dell’Italia: il lavoro dei club è legato a quello del Club Italia, vanno a braccetto. E il mio è un tentativo di andare più a braccetto che mai, per portare cose nuove”.

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Immobile in pausa

Il capitano della Lazio e della Nazionale (designato lo scorso settembre) non è un assente ingiustificato, né un giubilato: “Ci è giunta comunicazione dal medico della Lazio che aveva un problema di natura fisica e che non si sapeva se avrebbe recuperato. Siamo andati più in profondità, ho telefonato direttamente a Martuscello e a Sarri: mi hanno risposto con disponibilità. Poi ho parlato col calciatore e tutti insieme abbiamo contribuito alla conclusione che era meglio lasciarlo a riposo, perché anche lui sentiva questa necessità. Non ha neppure giocato in campionato, c’è stata coerenza da parte di tutti”.

Kean e il libro sugli All Blacks

L’attaccante della Juventus si porta dietro un passato ingombrante nel rapporto con la Nazionale: “Non so quale sia stato il suo comportamento precedente. Per me i miei calciatori sono creature speciali e li tratto come tali, però alle stesso tempo voglio risposte speciali, perché qui non si viene a ridacchiare dietro quello che si fa in campo o sul tempo che passiamo a Coverciano. Questo è un gioco, ma richiede molta serietà e professionalità. C’è un libro sugli All Blacks con questo titolo: “Niente teste di cazzo”. Rende l’idea? Ai calciatori ho detto sarà il regalo di Natale. Qui si fanno le cose seriamente, non abbiamo spazi differenti. Siamo disposti a questo sacrificio per portare a casa la pagnotta del risultato. Non c’è spazio per le banalità. Mi sono segnato un sacco di senza. Senza arroganza, presunzione, superficialità, indugi, remore, confini, ruolo, tempo. Tutto senza, nel senso che non c’è spazio per altro, se non per portare a casa il risultato, perché noi dipendiamo da quello. Non butteremo via i rapporti costruiti qui dentro, poi ci rimarranno se li viviamo intensamente. Ma poi conta il risultato: dobbiamo impegnarci in profondità e totalmente”.

L’identikit del centravanti

Spalletti non è affatto pessimista sul ruolo che ha condizionato i suoi predecessori: “La figura dell’attaccante perfetto nel calcio si è di volta in volta evoluta. Probabilmente in futuro avrà bisogno della scocca e del motore, nello spazio dei 90-95 minuti. ll calcio moderno ci ha fatto vedere che la fisicità e il motore che hai sono sempre un bel punto di partenza. Se potessi scegliere, partirei dalle caratteristiche di questi due che ho qui. Scamacca è più pulito tecnicamente e come qualità nello stretto. Kean è più massiccio, dà più copertura di metri a disposizione della squadra. Parlandone con Allegri, Kean mi ha fatto grandissima impressione: per come mi ha guardato, per come mi ha abbracciato. Ha fatto vedere di essere un calciatore che può vestire questa maglia. Verrò a conoscenza dei suoi comportamenti anche qui dentro e ne parlerò con lui. Io divento un soggetto scomodo per chi non ha subito chiaro come deve essere il suo comportamento qui. A Raspadori manca probabilmente un po’ di altezza: ormai molte partite si vincono sui calci piazzati, sui colpi di testa. Ma lui ha tecnica da vendere, destro, sinistro, inventiva, può giocare più aventi o più indietro, più o meno largo. Ha altre caratteristiche: può giocare anche con un altri centravanti. Per concludere, sono messo benissimo”.

I meriti di Bonaventura

Il centrocampista della Fiorentina non è qui una tantum: “L’altra volta ho fatto fatica a non chiamarlo. Lui è un po’ il Pellegrini della situazione: un centrocampista più offensivo, anche esterno, ha una gestione della palla totale, di possesso palla totale. Ha tiro fa fuori, gol, inserimento. L’unica cosa su cui ero un po’ titubante era l’età. Ma se quelli della sua età fanno questo volume di affari, bisogna nominarlo ambasciatore italiano all’estero. Il nostro Bellingham? Sì”. L’attacco non lo preoccupa: “Ci sono 170 calciatori convocabili in A e prima erano più di 500, ma abbiamo le carte in regola per potere ambire a fare un calcio importante”.

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Chiesa e gli esami clinici

Tutto parte dalla fascia sinistra, dove i candidati sono tanti: “Kean, Raspadori, Zaniolo che ora in Inghilterra gioca lì. Spero che ci siano anche Zaccagni e Chiesa. A Zaccagni hanno fasciato la caviglia. Io telefono ai ragazzi: se lui viene volentieri e sta benino e sente che migliora, poi lo portiamo. Se invece è titubante, sta a casa. Non vogliamo giocatori che vogliono stare in vacanza. Non si vuole avere a che fare con chi non ha a cuore le sorti della Nazionale”. Il concetto è generale, l’affondo è per Chiesa: “Siccome l’altra volta sentiva male e poi dopo tre giorni ha giocato, stavolta secondo la società c’è pochissimo e negli accertamenti che abbiamo fatto qui pure. Gli metteremo davanti le diagnosi e poi lui ci dirà”.

Un rapporto fiduciario

Di solito chi non gioca in campionato non viene convocato, stavolta accade il contrario: un nuovo rapporto totalmente fiduciario coi club? “Sì sicuramente è il risultato dei pensieri che si sono fatti, ci è successo il mese scorso al contrario. Vogliamo andare a sentire come la pensano i giocatori. La Juventus non è rimasta sorpresa da questa convocazione. C’è grandissima stima e collaborazione col loro staff medico, si valuta tra oggi e domani”.

Malta e Inghilterra, vietato distrarsi

I due prossimi appuntamenti, uno in teoria facile (Malta) e l’altro complicato (Inghilterra) lascerebbero pensare al turnover tra una partita e l’altra. Spalletti spiega che non c’è nulla di scontato: “Il poco rispetto dell’avversario ci può rendere presuntuosi, il troppo rispetto ci rende deboli. Sono due partite difficilissime, che con comportamenti ben visibili possono rendere migliore l’immagine di questa Nazionale. Noi non snobbiamo nessuno e nemmeno ci presenteremo a Wembley contro quelli che hanno inventato il calcio senza volere fare il nostro calcio. La formazione sarà in tutte le due le occasioni adatta a farci forti”.

Le riserve in preallarme

La penuria di convocabili è un tema, le seconde squadre dei club, come hanno fatto Juventus e Atalanta, una soluzione possibile: “Dipende da che cosa ci metti dentro, da chi allena e da quali giocatori scegli. La verità è che ci sono molte soluzioni per allargare la rosa. C’è anche l’Under 21: 2-3 dei 5-6 calciatori allertati fanno parte proprio dell’Under. Chi è allertato è importante. Per Orsolini, ad esempio, ha contribuito il modo in cui è venuto qui l’altra volta. Ma averne 28 diventa difficile, per allenarli, sono scontenti se ne hai troppi”. La duttilità è una risorsa in più: “Udogie, ad esempio, ha fatto anche il centrocampista, sono tutte cose ragionate e valutate”. Poi c’è l’atteggiamento: “Ho lasciato a casa mal volentieri Spinazzola. Ho parlato con lui e mi ha risposto quello che volevo sentirmi dire: Mister, tanto ho sempre lavorato per fare ricredere gli altri, è stata la mia vita”.

La Nazionale della felicità

Il messaggio agli azzurri è chiarissimo: impegnarsi al massimo resta il primo comandamento di Spalletti: “Ci sono tutte cose che si dicono e i fogli che si scrivono, ma soprattutto fare capire che la felicità di ogni essere umano non è quella che vivi per te, ma quella che dai alle persone alle quali vuoi bene e che ti vogliono bene. Felicità non è girare per Coverciano come un ebete con le cuffiette della musica nelle orecchie. La felicità è fare la felicità di chi è andato all’estero a lavorare perché non riusciva a tirare avanti fino alla fine del mese e adesso due ore prima della partita si mettono davanti alla tivù ad aspettare la Nazionale e la squadra li fa sentire più contenti. Non avrà più la possibilità di vivere calcisticamente con me chi non si sbatte per il campo. La sua carriera continuerà, ma non con me. A forza di difendere di continuo i propri figlioli li si rende più deboli. Quando s’è fatta una sciocchezza e si deve chiedere scusa, si chiede scusa”.

Tattica duttile

La difesa a 4 non è un dogma assoluto, quella a 3 resta un’alternativa: “Bisogna essere pronti anche a fare qualcosa di diverso. Il 4-3-3 o il 4-2-3-1 è una cosa più facile da fare, è questione di una decina di metri. Certo avere tra le linee Perrotta oppure uno come Del Piero o Baggio è differente. Ma se ci fossero 10’ da fare in un’altra maniera, siamo attrezzati”.

Parola d’ordine: migliorare

La strada, conclude, è quella giusta: “Abbiamo fatto vedere buone risposte. Però non sono ancora sufficienti. Io dico, come Maurizio Viscidi, che finalmente nel calcio moderno si gioca in undici”. Il messaggio è sull’importanza del ruolo del portiere: “Ogni tanto, costruendo l’azione da lì, si possono fare delle bischerate, ma io vi posso fare vedere quanti gol nascono dall’azione costruita dal portiere e dalla superiorità numerica”. Infine Spalletti tira fuori un foglietto preparato da lui per i giocatori. Riguarda il possesso palla e la riconquista: “Nel calcio il divertimento è il 30% e la fatica pure. Il restante 40% è la perdita e la riconquista della palla, cioè una grande rottura di coglioni”. Ma senza quella, conclude il ct, non si arriva da nessuna parte.

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