Sul Banksy che sbiadisce street artist contro Sgarbi: “È effimero, no al restauro”

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VENEZIA. La torcia è sbiadita, quasi spenta. I contorni del giubbotto salvagente incerti. Il bambino migrante, l’opera realizzata da Banksy a Venezia nel maggio del 2019, sta sparendo sotto gli schiaffi del moto ondoso, l’effetto corrosivo del sale. Uno stencil da muro a spray, sulla parete di un palazzo abbandonato di Rio Novo, uno dei canali più trafficati della città, a pochi passi da campo Santa Margherita. Il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, vuole salvare l’opera. Se tenendola lì o staccandola, è da capire. Ma gli street artist non sono d’accordo: “Sono opere realizzate per sparire”.

Il finanziamento per il restauro 

A finanziare il restauro di Migrant Child sarà una fondazione bancaria d’intesa con lo stesso Sgarbi. “Non ci interessa avere il consenso dell’artista, il murales è stato realizzato illegalmente. Mi assumo io la responsabilità”, le parole di Sgarbi. Giusto? Sbagliato? “La street art è fatta per il luogo in cui è fatta. Non dovrebbe esserci mai l’intervento dell’uomo. Nessuno può possedere un’opera: di rimozione per favore non parliamo”, riflette Freak of Nature, all’anagrafe Federica Agnoletto, milanese nota per le sue canne di bambù verdi sui luoghi abbandonati. “Quell’opera”, aggiunge, “dovrà avere la vita che avrà”. Ne è convinto anche Cristiano Bovo, 49 anni, in arte Joys: “La vedo così: si salva o si strappa un’opera dal muro se l’artista è morto o è la sua opera più importante. Banksy usa i colori da trent’anni, conosce la loro durata, non penso che avesse la presunzione di sperare che il suo lavoro rimanesse lì per sempre”. “Il rischio maggiore”, aggiunge, “è quello di andare contro la sua volontà. In questa operazione vedo molto marketing”. In tanti citano il caso di Blu, street artist italiano tra i più noti. Nel 2016, a Bologna, decise di cancellare le sue opere per evitare che venissero strappate ed esposte in mostra. “Di fronte alla tracotanza di chi si sente libero di prendere perfino i disegni dai muri, non resta che fare sparire i disegni”, scrisse il blog del collettivo Wu Ming.

Le opere non si ritoccano

“Un artista può accettare che un’opera venga cancellata, fa parte del gioco, ma non ritoccata o rimossa”, dice Evyrein, vicentino di 42 anni che ha iniziato ad affacciarsi all’arte di strada proprio grazie ai lavori di Banksy. In questi giorni Evyrein è a Napoli. “Se proprio è necessario”, concede, “potrei accettare una protezione in plexiglass, come qui per la Madonna con la pistola. Ma non mi convince”. Tra gli artisti che nei giorni scorsi hanno scelto Venezia per i loro interventi c’è il francese James Colomina, la cui statua della Madonna rossa con la maschera da sub apparsa sul ponte del Lovo come monito contro il cambiamento climatico, è stata subito rimossa dalla polizia locale. “La street art è un’arte temporanea, quando Banksy ha realizzato l’opera avrà considerato che un po’ alla volta sarebbe scomparsa. Anche questo è ciò che rende bello il lavoro. Chiediamolo a lui”. Non dovrebbe essere più così difficile se è vero che, dietro il nome di Banksy, c’è quello di Robin Gunningham, 53enne di Bristol da molti anni indiziato numero uno. Secondo il tabloid Daily Mail è imputato per diffamazione, insieme alla società che commercializza i prodotti dell’artista, presso l’alta corte di Londra. In un processo che riguarda proprio Banksy.

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