ROMA – Come un pungolo, Matteo Salvini. Insistente e dritto, a scardinare soluzioni e ambizioni di Giorgia Meloni. Nelle ultime ore lo va ripetendo con sempre più insistenza ai suoi: “I voti per le europee li prendiamo andando ancora più a destra”.
A destra di Fratelli d’Italia. In strada, tra i trattori. Atto primo di una strategia che ha già messo gli occhi su altre sacche di malcontento: i portuali che si agitano in Campania, i pescatori schierati contro la “matrigna Europa”, le aziende del packaging.
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Parola d’ordine: farsi guidare dai sondaggi, come quello di Demos pubblicato sabato su Repubblica, secondo cui 8 italiani su 10 stanno con i trattori. E stare lontani dal fortino ovattato di Palazzo Chigi, dove la premier e il fedelissimo ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida hanno scelto altri interlocutori, a iniziare dalla amica – eufemismo – Coldiretti, il nemico giurato dei contadini in rivolta.
Ma le decisioni si prendono nei Palazzi e il rischio, se non ci si siede al tavolo che conta, è diventare urlatori e non decisori. Ecco perché il leader della Lega prepara una mossa. Poche righe, su un foglio da esibire la settimana prossima a Montecitorio. In calce la firma dei deputati del Carroccio che siedono nelle commissioni impegnate a votare gli emendamenti al decreto Milleproroghe. Incluso quello della discordia, che cancella l’Irpef sui terreni fino a 10mila euro, voluto dalla premier e blindato ieri dal ministro di FdI Luca Ciriani.
I trattori in strada raccontano la fine di un modello agricolo che non regge, basato su produzioni intensive senza controllo della filiera e dei prezzi,
La mossa, dunque. Un subemendamento per allargare l’esenzione a tutti gli agricoltori, anche ai grandi che puntano sull’innovazione e soffrono però la concorrenza dei prodotti extra-Ue.
Anche un modo, il deposito della controproposta, per provare a inchiodare FdI alla responsabilità di salvare solo una parte degli agricoltori, seppure consistente. “Se vogliono fare un’esenzione parziale deve essere chiaro che è una scelta loro”, chiosa un big del partito. Loro, non del titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti. Leghista pure lui. Ma, nello spin che arriva da FdI, schierato con Meloni e Lollobrigida per una cancellazione parziale dell’Irpef, a tutela delle casse pubbliche.
La protesta dei trattori e il silenzio della sinistra
Un tirar per la giacchetta che non è piaciuto affatto a Salvini. Irritato per il tentativo dei meloniani di contrapporlo al “suo” ministro dell’Economia, che sulla questione resta silente.
Anche perché i leghisti hanno messo gli occhi su un “tesoretto” che può risolvere il problema delle coperture. Nel Fondo “taglia-tasse” c’è un miliardo: per allargare l’esenzione a tutti gli agricoltori – ragionano fonti leghiste – “basterebbero appena 98 milioni”. Ma il custode della cassaforte è il viceministro FdI Maurizio Leo, che non vuole certo mettersi contro Lollobrigida.
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La partita si sposta in Parlamento, dunque. Ma continua anche fuori. Da qui alle Europee il Capitano è pronto a saltare su altre categorie le quali, chi per una ragione e chi per l’altra, hanno di che protestare.
Magari individuando il solito, facile e generico nemico dell’Europa. Un esempio sono i pescatori, evergreen di Salvini, che se ne occupa a fasi alterne da una decina d’anni. Per le norme Ue i vecchi pescherecci vanno demoliti, nel weekend è imposto il fermo, la pesca a strascico non sarà più consentita.
Norme a tutela del mare e contro i furbi, ma che per la Lega rientrano nel solito disegno del presunto estremismo ambientalista nemico della “libertà”. E anche i pescatori, come gli agricoltori, riscuotono simpatie trasversali.
Poi ci sono i marittimi: nella legge di bilancio il governo ha ridotto l’indennità di malattia dal 75 al 60%, i parlamentari leghisti stanno ricevendo numerose sollecitazioni dai territori, qua e là ci sono stati diversi presidi di lavoratori, i più agguerriti sono in Campania; un po’ come per i trattori, la Lega può incarnare l’opposizione interna alla maggioranza, chiedendo modifiche e miglioramenti.
Poi il partito di Salvini ingaggerà una battaglia (elettorale) contro “direttive e regolamenti su industria e packaging che creerebbero ulteriori danni”, promettono da via Bellerio.
Ogni Paese Ue infatti è tenuto a ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite – meno riciclo, più riuso – e le aziende che producono cartone, metallo e plastiche già prefigurano il 10% di posti di lavoro in meno. Ce n’è abbastanza per rinfocolare l’ostilità contro Bruxelles: tutto fa brodo nella caccia al voto del vicepremier.
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