Travolto dal treno a Chiari, così è morto l’operaio Rolando Joao Martins Lima: la nebbia e l’ipotesi della corsa sui binari per non ritardare i lavori

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CHIARI (BRESCIA) — L’Italo per Bergamo correva a 160 orari, le fotoelettriche del cantiere (tiraggio dei cavi dell’alta tensione tra due tralicci, in appalto per Terna) fendevano a malapena la nebbia, due chilometri oltre la stazione di Chiari, in direzione Bergamo. Intorno solo buio, campagna e umidità. L’operaio Rolando Joao Martins Lima ha avuto pochi istanti per capire. Era esperto: 51 anni, una figlia di 25 e una moglie che lo aspettavano in Portogallo, da una ventina dipendente della Rebaioli spa di Darfo Boario, storica ditta della Val Camonica specializzata in quel tipo di lavori con commesse da tutta Europa. Portoghese era tutta la squadra — un capocantiere e dodici operai compreso il fratello di Martins Lima — che a quei tralicci lavorava da aprile, andando e venendo da Lisbona ogni volta che il cantiere lo richiedeva per poi volare in Germania o in Norvegia. Due colleghi hanno visto il treno straziare il povero Rolando, a mezzanotte in punto. Il fratello ha solo sentito il rumore e le urla. Lo shock lo ha paralizzato fino a ieri pomeriggio, quando gli agenti del compartimento Polfer della Lombardia lo hanno sentito a verbale.

Indaga la Procura di Brescia, diretta da Francesco Prete, sull’ennesima morte bianca. Il fascicolo per omicidio colposo è aperto al momento a carico di ignoti. E tutto, al momento, porta a pensare a un’incauta manovra da parte dell’operaio, ancora più inspiegabile visto che quel cantiere, quella zona e quel lavoro li conosceva benissimo. I tredici operai erano divisi in due squadre, sei per parte sulle due sponde opposte della massicciata più il capocantiere, ognuna dotata di gru per issare i cavi verso la parte superiore dei tralicci, e come per ogni turno avevano cominciato a scaldare le macchine poco prima di mezzanotte. Lo stop alla circolazione dei treni era previsto per le 0.45, l’interruzione di corrente per le 1.30, dunque l’Italo viaggiava regolarmente ed aveva visibilità fortemente limitata. Ad ogni modo, «le attività — precisa una nota della Rebaioli spa — non prevedevano nessuna attività sui binari e neppure l’attraversamento degli stessi da parte degli operai né prima né durante il fermo treni». Martins Lima, hanno spiegato i colleghi alla Polfer, era arrivato in ritardo, forse aveva sbagliato strada per la nebbia e si era ritrovato sul viottolo opposto alla sua piazzola di lavoro. L’ipotesi su cui stanno lavorando gli investigatori è che abbia azzardato l’attraversamento per non far partire i lavori in ritardo, ma l’accertamento di eventuali responsabilità sarà lungo e passerà per l’autopsia sul corpo dell’operaio e sullo studio dei capitolati d’appalto, delle procedure nel cantiere e delle precauzioni antinfortunistiche.

Resta lo sgomento di fronte a una tragedia che non conosce fine: «Non è tollerabile», ammonisce il senatore Avs ed ex sindacalista Tino Magni. Il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini invia la sua «vicinanza alla famiglia» e ricorda che «la sicurezza nei cantieri è e sarà sempre una priorità». Il deputato Pd Emiliano Fossi attacca frontalmente Fs, che aveva lasciato trapelare l’ipotesi di un “incauto attraversamento”: «Scaricare subito la colpa su un cittadino morto mentre stava lavorando e quindi non in grado di poter spiegare la dinamica è francamente squallido ed indegno per un’azienda di Stato». Ibrahima Niane, della Cgil bresciana, chiede «che siano chiarite le comunicazioni intervenute tra Rfi e Terna e tra Terna e la ditta in appalto e che in ogni modo la vicinanza di cantieri al percorso ferroviario non deve mettere a rischio la sicurezza». Amaro Mario Bailo della Uil: «Assistiamo a delle belle passerelle di cordoglio quando accadono questi fatti e poi più nulla in attesa che accada di nuovo».

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