Una malattia le ha ucciso i figli, ma l’Australia ha messo in galera lei. Oggi la scienza italiana riapre il caso

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Kathleen Folbigg è una donna australiana, condannata a trent’anni di carcere – ne ha già scontati 17 – con l’accusa di aver soffocato i suoi quattro figli. Condannata e additata come la peggiore serial killer del paese down under. Ma una dottoressa australiana ha un dubbio sulle strane coincidenze dei particolari delle morti raccontate dalla madre e chiede un parere al cardiogenetista Peter Schwartz, direttore del Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie Cardiache di Origine Genetica e del Laboratorio di Genetica Cardiovascolare dell’Istituto Auxologico Italiano IRCCS di Milano. Uno dei maggiori esperti al mondo. 

Studiando i casi di due dei bimbi uccisi (negli altri due bambini si parla di una mutazione associata, in studi sperimentali, a forme mortali di epilessia già in tenera età ma le ricerche sono in corso) si è individuata una mutazione sul gene della Calmodulina. Quando sono presenti queste alterazioni del DNA, è pratica corrente considerarle causa del decesso. Schwartz rimette quindi i due casi sotto la lente d’ingrandimento della giustizia: insieme ad altri ha visto che nel corredo genetico di due bambini era infatti presente una mutazione particolare, rarissima, sul gene della Calmodulina. Da questa osservazione almeno per due casi di decesso si “riparte” anche sul fronte giuridico nella valutazione di quanto avvenuto, dopo che la Folbigg è stata definita una delle più efferate serial killer della storia. Proprio questa alterazione genetica, presente su uno dei tre geni che regolano appunto la Calmodulina, si associa ad aritmie cardiache estremamente gravi, capaci di scatenare una “tempesta” elettrica nel cuore e portare a morte improvvisa chi ne soffre già in età infantile o pediatrica.

“Le nostre conclusioni – racconta Schwartz a Salute dal Sudafrica – sono state che la presenza in due dei quattro bambini morti (entrambi deceduti nel sonno) di una mutazione ereditata dalla madre sul gene della Calmodulina, fa ragionevolmente pensare che questa sia stata la causa della loro morte improvvisa: quando si trova una mutazione sul gene della Calmodulina è pratica corrente considerare questa la causa della morte. Insomma: un “Cold Case” diventa lo strumento per ragionare nuovamente su una sindrome rarissima, che entra in gioco come possibile fattore causale delle Sids, la morte in culla. A volte questi fenomeni drammatici possono infatti trarre origine proprio da invisibili modificazioni nel DNA.

Calmodulina e morte improvvisa

La scoperta del ruolo delle mutazioni su uno dei tre geni della Calmodulina nella genesi della morte improvvisa del neonato è recentissima. Nel 2013 lo stesso Schwartz insieme a Lia Crotti ha scoperto la correlazione di queste mutazioni, rare. “La loro prevalenza è ignota – spiega Schwartz – e nel Registro Internazionale di queste mutazioni, coordinato da noi, sono stati arruolati 104 pazienti di tutto il mondo”. Fondamentale, pur se è davvero difficile pensare di “svelare” i segreti nascosti nel DNA di ogni neonato, sarebbe riconoscere queste modificazioni genetiche precocemente. “L’importanza del riconoscimento precoce dipende dal fatto che con adeguate terapie molti di questi pazienti possono avere una vita essenzialmente normale – segnala l’esperto – nella maggior parte dei casi queste forme possono essere identificate con un elettrocardiogramma nelle prime settimane di vita. A volte le aritmie avvengono già nel periodo fetale e possono mettere sull’avviso anche prima del parto”.

Va detto che, a sorpresa, le prime ricerche sulla presenza di queste mutazioni in vittime di SIDS hanno dato esito negativo. Ma il consiglio dell’esperto è chiaro. “Se vi sono casi noti nelle famiglie, lo screening neonatale è imperativo così come l’attento monitoraggio delle gravidanze; più spesso però questi casi, proprio per la loro gravità, sono delle mutazioni de novo, cioè comparse durante la gravidanza e quindi assenti in entrambi i genitori”, ricorda Schwartz, che da 50 anni si occupa di SIDS  e da quasi 20 anni con altri ricercatori ha dimostrato che circa il 10% di questi casi è dovuto alla sindrome del QT lungo. In questi casi, va detto, un semplice elettrocardiogramma può rivelare questa anomalia del tracciato e quindi consentire un monitoraggio più attento della situazione

Cosa sappiamo della SIDS

La sindrome da morte improvvisa del neonato o SIDS rappresenta un evento drammatico, anche perché non è preceduta da alcun segnale d’allarme, può colpire sia di giorno che di notte, in culla o nel passeggino o ancora nel seggiolino dell’auto. Colpisce il bambino nel primo anno di vita con particolare incidenza fra i 2 e i 4 mesi di vita e rappresenta circa il 40 per cento delle morti del periodo post-natale. A rendere ancor più drammatica la situazione concorrono anche le scarse conoscenze sull’origine del quadro. Alcuni studiosi sostengono che la causa principale della morte in culla sarebbe da ricercare in specifiche anomalie del cervello, con mancato controllo dei ritmi del sonno e della veglia. Più probabilmente, tuttavia, a determinare il decesso dei piccoli sarebbe una combinazione di eventi e in alcuni casi potrebbe essere coinvolto il cuore. A questo punto entra in gioco come possibile causa di una percentuale di casi di “morte in culla” l’allungamento patologico di un intervallo elettrico del cuore, chiamato tratto QT. Se questo spazio sul tracciato elettrocardiografico è allungato oltre i valori di normalità  è aumentato il rischio di un’aritmia grave. Infine sono stati chiamati in causa anche modificazioni dei sistemi di controllo della pressione e della respirazione, oltre che situazioni ambientali come la posizione assunta nel sonno, le ripetute infezioni delle vie respiratorie o anche meccanismi ormonali ancora da definire con precisione.

Su cosa si basa la prevenzione

Ecco alcune semplici regole da rispettare:

  1. la  posizione  più  idonea  per  dormire è quella sulla schiena. Il piccolo non dovrebbe riposare a pancia sotto né di fianco.
  2. Per il materasso meglio scegliere quelli rigidi, senza cuscino: conviene poi evitare di far dormire il bimbo nel letto dei genitori.
  3. Sul fronte della temperatura meglio evitare di coprire troppo il lattante, che dovrebbe riposare lontano da fonti di calore. La temperatura ambientale ideale è tra i 18 e i 20 gradi.
  4. Il fumo è sicuramente dannoso, quindi già durante la gravidanza e ancor più dopo la nascita sono bandite le sigarette per chi vive con il piccolo.
  5. Il ciuccio sembra poter ridurre il rischio SIDS: va introdotto dopo il primo mese di vita, quando il piccolo ha già avviato l’allattamento  materno.

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