‘Vacanze di Natale’, la critica spietata del ‘New York Times’: quelle battutacce che raccontano un Paese in declino

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New York“Cosa leggevano i tedeschi mentre i loro classici scrivevano” è uno dei radiodrammi che il critico Walter Benjamin scrisse un secolo fa, per cogliere il nesso fra cultura alta e cultura popolare (Einaudi). Con il New York Times, a firma dell’inviato Jason Horowitz, a dedicare un articolo ai 40 anni del cinepanettone, saga greve di commedie trash che ha accompagnato il declino di un paese senza crescita, le parole di Benjamin tornano presaghe: mentre Rosi, Tornatore e Wertmüller giravano, quali film guardavano gli italiani?

L’articolo di Horowitz è spietato: “Mai degni di essere visti all’estero, i cinepanettoni erano destinati a fans che sognavano una fetta di cultura italiana, durante gli edonisti e menefreghisti anni di fine secolo. Per i critici, tuttavia, riflettevano il consumismo e sessismo dell’era di Silvio Berlusconi, che, come i segreti vergognosi, era nascosta in famiglia”, da Vacanze di Natale in poi ragazze un po’ tonte ma procaci, battute razziste, set arrapati, risate volgari.

L'articolo del New York Times

Il produttore Aurelio De Laurentiis e l’attore Jerry Calà lamentano con Horowitz che la battaglia delle donne, con il movimento #MeToo, scateni un clima politicamente corretto, in cui le gag piccolo borghesi contro diversi, Lgbtq+, emancipazione, etnie e culture non patriarcali sono deprecate, non applaudite. “Al contrario di chi dice che quei film sessisti non potrebbero prodursi oggi – scrive HorowitzDe Laurentiis pensa che sono proprio quello di cui la cupa stagione del #MeToo avrebbe bisogno”. Il produttore spiega a Horowitz di voler girare un film del genere, suggerendone anche “un titolo squallido e volgare” facendo esultare un suo segretario “bellissimo!”. Horowitz, che da anni scrive del nostro paese, usa l’autocelebrazione del cinepanettone, con tanto di “sci a Cortina, maxi-dolce con i canditi e magnum di prosecco”, per una requisitoria contro gli anni del bunga bunga, delle soubrette sugli schermi, di Drive In in tv, falsa satira sociale che nascondeva omertà con i media scadenti.

Il New York Times disegna, il ritardo di una cultura popolare incapace di raggiungere il mercato internazionale. Il cinepanettone, in 40 anni, “resta relegato al consumo domestico”, mentre il mondo ride di noi, non con noi. Horowitz cita il saggio del professore Alan O’Leary, Leeds University, Phenomenology of Cinepanettone e la critica Teresa Marchesi per chiarire come le battutacce dei film di Natale raccontino di un paese in declino, nostalgico di un boom economico perduto e senza ritorno, con il carisma di Silvio Berlusconi, dalle reti tv, alle vittorie nel calcio e in politica a esorcizzare, invano, l’appuntamento con il futuro. La sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni fa capolino rendendo omaggio “ai famosi cinepanettoni della mia gioventù”.

Forse il film che sogna De Laurentiis potrebbero ispirarsi al best seller del generale Vannacci bulli, pugni e pupe, con omosessuali, neri, immigrati, donne libere messi a posto a cazzotti e parolacce, magari con colpo di scena finale dell’Onorevole che spara alla festa di Capodanno.

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Anche Chiara Trebaiocchi, Harvard University, nel corso “L’evoluzione dell’italiano medio: tra stereotipi, satira e realtà” studia il cinepanettone, chiarendo come la presunta “satira” sia in realtà “assenza di satira” e sostegno allo status quo dominante, dai film di Natale alla tv crassa. Lungi dal “celebrare il cinepanettone”, come qualcuno insinua interessato, infatti, Jason Horowitz e New York Times criticano una deriva italiana compiaciuta, che si trascina fino alle vignette sessiste e razziste su giornali e tv, anche a firma di autori che si ritengono, chissà perché, “di sinistra”.

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Nel volume Declino, una storia italiana (Luiss University Press, Oxford University Press) lo studioso Andrea Capussela ci offre il contesto di quaranta anni di decadenza, celebrati a suon di film ridanciani, la produttività mancata, l’innovazione bocciata, il talento sprecato a favore di parenti ed amici, la competizione internazionale disprezzata e temuta, il protezionismo, di merci ed idee, meschino, provinciale ma rassicurante. Gli snob prediligevano la stilografica al web, gli altri andavano al cinepanettone, tutti insieme perdevano l’appuntamento con la storia.
La critica di Horowitz rimanda all’insegnamento che l’editore Giangiacomo Feltrinelli e lo scrittore Umberto Eco derivavano da Benjamin, per capire un paese serve studiarne la cultura di massa. Il cinepanettone ha anticipato l’era della mortadella divorata in Parlamento, delle risate dei leader europei contro i nostri governi, della scuola italiana bocciata nei test globali. Panettone amaro, in verità.

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