C’è stato un momento in cui Virginia Raggi ha creduto che fosse davvero possibile. Lasciare il Campidoglio, dove da un giorno all’altra è passata da sindaca a consigliera d’opposizione, per sognare in grande.
C’è stata una fase in cui la traiettoria politica dell’ex prima cittadina grillina sembrava destinata a incrociarsi di nuovo con quella del Movimento 5 Stelle. Poi le occasioni sono sfumate. Maledicendo il limite del secondo mandato, Raggi ha mancato l’appuntamento con le Regionali e le Politiche. E ora quello con le Europee.
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No, Virginia no. Così ha deciso Giuseppe Conte, che non ha voluto sentire storie. E ha fatto una scelta precisa, ponderata. Letteralmente: a chi gli ripeteva che l’uscita dal Campidoglio dell’ex sindaca avrebbe favorito un accordo tutto capitolino tra i 5S e il Pd del ministro dell’Economia del governo giallorosso, Roberto Gualtieri, ha opposto un secco “no”.
Il regolamento del Movimento per le candidature a Bruxelles ha fatto il resto: Raggi è consigliera comunale, potrebbe correre. Ma i bizantinismi pentastellati le ricordano che è al terzo mandato: consigliera con Marino sindaco, prima cittadina e poi oggi di nuovo consigliera. Troppi. E, pure se la diretta interessata volesse dare un’interpretazione diversa alle regole, si ritroverebbe nell’imbarazzante situazione di doversi autogiudicare: Raggi è uno dei tre membri di garanzia del M5S con Roberto Fico e Laura Bottici.
Insomma, l’impresa va rimandata ancora una volta. Per l’infelicità di tutti. Di chi, come Antonio De Santis, ex assessore e oggi capogruppo della Lista civica Raggi, da mediatore si è speso fino all’ultimo momento per trovare una soluzione. Di chi, si racconta in Campidoglio, come l’altra ex assessora Linda Meleo tifa per l’accordo con il Pd.
E di chi, come il lidense Paolo Ferrara, ha smesso da un pezzo di fare le barricate contro la maggioranza dem in aula Giulio Cesare e teme di restare presto vittima a sua volta del limite dei due mandati.
Tutti al lavoro per arrivare a meta. Tutti scontenti, perché Conte non ha voluto sentire ragioni: meglio così che trovarsi un’europarlamentare pericolosa. «Virginia ha 200 mila voti e un milione di follower», ripetono i 5S. Numeri che, più che scaldare l’ex premier, devono avergli confermato che lanciare la scalata di Raggi al Movimento concedendole uno scranno in Europa sarebbe stato un autogol.
E dire che i due si conoscono da una vita, da quando lei era una matricola alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre e lui, da assistente, la teneva a battesimo al primo esame di Diritto privato.
Destini incrociati, oggi finiti su binari paralleli. I due si guardano a distanza. Studiano le rispettive mosse. Parte del Movimento crede che dopo la terza delusione Raggi possa abbracciare la causa di Alessandro Di Battista, che più di una volta si è speso pubblicamente per l’ex sindaca. Altri che Raggi incasserà anche questo colpo con il sorriso (di circostanza) di chi ha appena perso l’ultimo volo per Bruxelles.
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