Volano gas e petrolio, il mercato teme le conseguenze politiche del conflitto

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ROMA – Più che preoccupazioni industriali, sono i timori per le conseguenze politiche degli sconti tra Israele e Hamas a preoccupare gli investitori. Così si spiega la partenza estremamente negativa dei prezzi delle materie prime alla riapertura dei mercati dopo la pausa per il fine settimana. Le quotazioni di petrolio e gas naturale hanno subito preso il volo in tutte le Borse: il petrolio, in avvio, è arrivato a superare il 5 per cento in Europa e sono in scia anche le “opzioni” a Wall Street. Per il gas il rimbalzo è addirittura superiore, oltre il 7 per cento.

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Israele sta diventando un produttore importante di gas dopo al scoperta, negli ultimi anni, del più grande giacimento off shore del Mediterraneo, in un area che interessa anche Cipro, Libano e Turchia. Ma è attualmente in fase di sviluppo, così come le infrastrutture per il trasporto. Dalla costa passano anche i tubi che portano la materia prima fino in Egitto.

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Per cui, al momento, i timori non riguardano le forniture nell’immediato. Ma la possibile escalation del conflitto. Per esempio, se gli Stati Uniti e l’Europa dovessero tornare a imporre sanzioni ed embarghi all’Iran, accusato di aver appoggiato le incursioni di Hamas. E se dovesse venir meno il petrolio iraniano sul mercato ci sarebbero ripercussioni per l’esclusione di uno dei primi produttori al mondo.

Ma la reazione degli investitori si spiega anche con la parola “incertezza”: petrolio e gas vengono percepiti dagli operatori finanziari come rischiosi, materie prime sottoposte a decisioni geopolitiche sempre più complesse. E scommettono sulla volatilità dei prezzi, come movimento speculativo, o comprano temendo che ci possano essere problemi di fornitura nei prossimi mesi. Tenendo conto poi che le scorte a livello globale sono ai minimi da molti anni.

La recensione

L’arma del gas naturale per le guerre dell’energia

Il dossier energia subito sul tavolo del governo. Il primo commento è del ministro delle Imprese, Adolfo Urso e non può che essere molto preoccupato: “La situazione di emergenza rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco a quello dell’energia, come accaduto per la guerra della Russia in ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio”. Questa la prima reazione dell’esponente di Fratelli d’Italia interpellato da Rai News 24. “Da quei paesi giungono altre risorse alla nostra Europa. Dobbiamo capire e comprendere anche se dobbiamo pensare all’autonomia strategica del nostro continente per l’approvvigionamento energetico ma non solo”.

In realtà, nell’area direttamente coinvolta dagli scontri non arrivano né gas né petrolio. I progetti in corso (come il possibile gasdotto potrebbe portare gas dai grandi giacimenti tra Israele e Cipro è di là da venire. Ma è chiaro che Urso teme il coinvolgimento di altri paesi dell’area. L’Iran, in primis, come detto. Così il ministro come teme ripercussioni politiche più ampie. E pone il problema dell’instabilità dei mercati energetici. Gli stessi timori degli investitori, del resto.

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