8 marzo, in Irlanda al via il referendum per cambiare la Costituzione sessista. La vittoria dei “sì” non è scontata

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LONDRA – “Se non votiamo sì, sarà un brutto passo indietro per l’Irlanda”. Il Taoiseach, ossia il primo ministro Leo Varadkar, non ha dubbi. Oggi, 8 marzo, la Repubblica va al voto per cambiare la sua Costituzione, la più longeva dell’Unione Europea ma che molti reputano sessista, denigratoria e persino misogina nei confronti delle donne irlandesi. Le quali, nella versione attuale della Carta, farebbero bene “restare in casa”.

Il referendum sull’altra metà del cielo d’Irlanda

Fino a qualche settimana fa sembrava scontata la vittoria del “sì” al referendum per cambiare la Costituzione. Ora, invece, gli indecisi sono cresciuti, e si attestano, secondo le ultime rilevazioni, al 35%. Insomma, il risultato è ancora in bilico, e fino a ieri si è fatto campagna per convincere i “neutrali” a spostarsi da una parte o dall’altra.

Perché, nel Paese di storie drammatiche e misogine come nel film “Madgalene”, oggi bisogna decidere se emendare la Carta Costituzionale del 1937, scritta dall’allora presidente del consiglio esecutivo Éamon de Valera e alleati, in stretto contatto con la Chiesa Cattolica.

I quesiti sono due. La prima modifica riguarda l’articolo 41.1.1, che parla del matrimonio. Se oggi si legge che, un po’ come in Italia, “lo Stato irlandese promette di difendere particolarmente l’istituzione del matrimonio, sul quale si fonda la famiglia, e proteggerla da ogni attacco esterno”, la nuova proposta recita: “Lo Stato riconosce la famiglia, che sia fondata sul matrimonio o altre unioni di lunga durata, come il nucleo primario, naturale e fondamentale della società”.

“Donne casalinghe”: un referendum in Irlanda per cambiare la Costituzione del 1937

Il secondo ritocco alla Costituzione irlandese riguarda invece più specificatamente il ruolo della donna. Nell’attuale articolo 41.2 si legge: “Lo Stato riconosce che, passando la sua vita in casa, la donna dà alla comunità un sostegno senza il quale il bene comune non potrebbe mai essere raggiunto”. E inoltre: “Lo Stato farà sì che le madri, in caso di necessità economiche, non debbano essere obbligate a lavorare, per occuparsi invece dei loro impegni casalinghi”. Il nuovo testo, invece, rimpiazzerebbe il vecchio così: “Lo Stato riconosce l’attenzione e l’accudimento, da parte di membri di una famiglia, di altri dello stesso nucleo, perché si tratta di azioni senza le quali il bene comune non può essere raggiunto”.

“Non possiamo rimanere ancorati al passato”, insiste Varadkar, “ci sono centinaia di migliaia di persone in Irlanda che non sono riconosciute in base al concetto di “famiglia tradizionale” espresso nella nostra Costituzione del 1937”. Molte associazioni femminili come la National Women’s Council sono con il premier. Ma proprio la definizione “unioni di lunga durata”, inclusa nella prima proposta di modifica, ha generato critiche. Perché, per i fautori del “no”, potrebbe aprire a qualsiasi interpretazione: incluse la poligamia e il ricongiungimento familiare per i richiedenti asilo, tema molto caldo in un’Irlanda afflitta da una grave crisi di alloggi popolari. Ricostruzioni “pretestuose”, secondo Varadkar.

Il controverso lottatore Conor McGregor si è schierato per il “no’, sostenuto persino da Elon Musk su X: “Questi sono i leader di cui l’Irlanda ha bisogno!”. Non solo. C’è chi come l’avvocata Brenda Power, del movimento “Lawyers For No”, difende proprio “il ruolo della donna in casa. Anzi, dovrebbe essere lodato e valorizzato”, dice a Sky News, “la realtà è che le donne fanno un lavoro fondamentale tra le mura domestiche e di recente un sondaggio ha dimostrato come il 70% delle irlandesi rimarrebbero in casa, se potessero”.

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