Aiuti militari all’Ucraina, mai così basso il sostegno degli italiani dall’inizio della guerra

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Viviamo “in tempo di guerre”. Vicine e lontane da noi. La distanza importa relativamente poco, sul piano della percezione. Perché i media osservano e riproducono gli eventi bellici in tempo reale. In diretta. E li amplificano. In quanto la paura suscita, comprensibilmente, attenzione. E, quindi, genera audience. Ma, per la stessa ragione, ridefinisce in modo continuo la realtà. Perché le paure si sovrappongono e riproducono. Con effetti reciproci. In quanto una paura ridimensiona, relativamente, le altre. E noi stessi ci abituiamo alle paure. Per questa ragione il consenso degli italiani verso la decisione del governo di inviare aiuti militari in Ucraina, dopo l’intervento della Russia nel febbraio 2022, ha fatto osservare diverse variazioni, nel corso dei mesi seguenti, come emerge dai sondaggi condotti da Demos-LaPolis (Università di Urbino). D’altronde, le iniziative politiche, al proposito, si sono ri-prodotte, nel corso dei mesi. E, “alla fine dell’anno appena finito”, il governo ha approvato l’ottavo decreto per l’invio di armi all’Ucraina. E ha prorogato fino al 31 dicembre 2024 l’autorizzazione ad aiuti militari a Kiev, ricorrendo ai fondi delle nostre Forze Armate, “con il consenso dell’intero governo”, come ha sottolineato la Difesa.

Così, nell’ultimo anno, abbiamo assistito a variazioni continue nell’orientamento dei cittadini, che hanno, comunque, dimostrato un consenso sempre elevato. Anche se mai dominante. All’inizio, nella primavera del 2022, infatti, appariva – di poco – superiore al 50%. E, comunque, non è mai sceso mai al di sotto del 40%. È, peraltro, significativo come il sostegno all’invio di aiuti militari, dopo aver toccato livelli molto alti, durante l’estate del 2023, sia sceso in modo significativo, in autunno. Quando l’attacco di Hamas a Israele e la conseguente reazione, concentrata sulla Striscia di Gaza, hanno spostato altrove, cioè verso Medio Oriente, il baricentro dell’attenzione e delle preoccupazioni che pervadono l’opinione pubblica. E attraggono i media.

Tuttavia, le divisioni, nella società, a questo proposito, nel corso dei mesi sono divenute profonde ed evidenti. In particolare, sotto il profilo politico. E attraversano all’interno gli stessi partiti. Distanziando i gruppi dirigenti dalla loro base.

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Nonostante che in Parlamento, nei giorni scorsi, il Pd si fosse astenuto sulla consegna di armi a Kiev, i suoi elettori sembrano orientati diversamente. Sugli aiuti militari all’Ucraina, infatti, il maggior grado di favore è espresso proprio dagli elettori del Pd: 56%. Mentre, simmetricamente, la base dei partiti del governo di centro-destra, al proposito, manifesta un consenso più limitato e di misura analoga. Fra il 45% (FdI e Fi) e il 48% (Lega). In fondo a questa graduatoria, troviamo il M5S. Poco più di un terzo, fra i suoi elettori, infatti, si dice d’accordo sugli aiuti militari a Kiev.

Un altro aspetto che sottolinea e marca le differenze fra i cittadini, oltre alla posizione politica, è l’età. La generazione. Il massimo grado di approvazione verso i provvedimenti del governo, e quindi verso il sostegno militare all’Ucraina, si osserva nelle classi di età “opposte”. Fra i più giovani, sotto ai 30 anni (46%), e, soprattutto, fra gli anziani, oltre i 65 anni (50%). Se associamo l’età alla professione, questa distinzione “comune” diviene ancora più evidente, in quanto il sostegno più elevato caratterizza gli studenti (52%) e i pensionati (50%).

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Queste “analoghe diversità” contribuiscono a spiegare come le differenze di atteggiamento riflettano un comune problema. L’in-sicurezza. Che, naturalmente, pervade gli anziani, i quali vedono e hanno di fronte un futuro “corto”. E i giovani, che, invece, hanno davanti un futuro “lungo”. Un “orizzonte ampio”, Ma, al tempo stesso, “oscuro”. Senza certezze.

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“In tempo di guerre”, dunque, l’insicurezza assume colori politici e tratti generazionali definiti. E contribuisce ad accentuare il disincanto verso i Paesi teatro di invasioni, come l’Ucraina. Soprattutto, ma non solo, fra gli elettori di centro-destra. Di generazioni opposte. Fra i più giovani e i più anziani. Un po’ per abitudine. Un po’ – e soprattutto – perché “il mondo incombe su di noi”. Senza darci il tempo di comprenderne le ragioni e le tensioni, che si ripropongono di giorno in giorno. Un giorno dopo l’altro.

È la “banalità del male”, per citare, un’altra volta, un testo fondamentale di Hannah Arendt. Che, purtroppo, rimane sempre attuale. E tutt’altro che “banale”.

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