Alfredo Zenucchi conferma l’uccisione della moglie Rossella Cominotti. I tatuaggi satanisti con 666: “L’esoterismo era una roba giovanile”

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Conferma tutto. «Ogni parola di quanto ho già detto ai carabinieri ed ai magistrati», ripete Alfredo Zenucchi al giudice per le indagini preliminari Dario Berrino, che stamani lo ha interrogato per la convalida del fermo in Procura, a Massa Carrara. L’assassino dell’Immacolata. l’uomo che ha sgozzato la moglie Rossella Cominotti a Mattarana, oggi è apparso molto provato. Giubbino nero, polo “La Coste” a strisce nere e blu: “Un fantasma che cammina”, lo descrive chi lo ha visto da vicino. Anche se l’edicolante di Cremona ha ripreso a mangiare: dall’8 dicembre aveva rifiutato persino l’acqua, sostenendo di voler morire “e raggiungere così la moglie”. In cella, invece, ha rifiutato il metadone, ma ha chiesto qualche farmaco che lo aiuti a prendere sonno.

Intanto, nella vita dell’assassino spunta una condanna passata in giudicato nel 2015: due anni prima aveva minacciato con un coltello la sorella che vive nella Bergamasca. Ma l’avvocato d’ufficio (Alberto Rimmaudo) di Alfredo spiega che in quel periodo il suo cliente era in pieno delirio di droga ed ospite in una comunità di recupero.

Comunque, oggi il gip per Zenucchi ha confermato la misura del carcere, ma l’avvocato ha chiesto il trasferimento in una struttura più sicura: «Per evitare che il mio cliente possa tentare il suicidio», precisa Rimmaudo. Con ogni probabilità, già oggi pomeriggio l’omicida sarà trasferito in quello di La Spezia che ha una sezione protetta. Nello stesso tempo il giudice di Massa si è dichiarato incompetente territorialmente ed ha rimesso il fascicolo alla Procura di La Spezia.

Intanto, nella vita di Alfredo non ci sono soltanto le pagine guardate sul web. Ci sono i tatuaggi che richiamano all’esoterismo, al satanismo, al numero 666 che nelle sacre scritture è il numero della bestia. Ma per Alfredo Zenucchi si tratta di «una passione giovanile che non c’entra niente con la decisione mia e di Rossella di ucciderci. È vero, ho sempre seguito queste robe qui, ma si parla di venti anni fa».

Nel frattempo la pm Elisa Loris ha incaricato i carabinieri diretti dal maggiore Marco Di Iesu di sequestrare tutti gli apparecchi elettronici della coppia, per verificare ogni possibile ipotesi al di fuori del comune intento di suicidarsi. Inevitabile, quindi, imbattersi in quelle pagine sul satanismo che l’uomo frequentava. Anche se Alfredo Zenucchi al suo legale ha voluto precisare che «io ormai da anni non usavo neanche più un profilo Facebook, al massimo ci pensava mia moglie».

Agli inquirenti, finora, Zenucchi ha invece confermato di aver avuto problemi di dipendenza. Tanto che per anni, dal 2011 al 2016, tra la sua Bergamo e Cremona è entrato e uscito da comunità per disintossicarsi: «Ma dalla dipendenza sono uscito, anche se non ho mai smesso del tutto».

Così all’inizio dell’ultimo viaggio che lui e Rossella hanno compiuto in Liguria «perché lei amava il mare» si sono fermati in farmacia e hanno comprato alcune siringhe, poi trovate nella stanza dell’Antica Locanda Luigina a Mattarana, insieme a eroina.

Secondo il suo legale, il racconto che l’assassino ha più volte ripetuto agli inquirenti è sempre apparso logico e senza sbavature: «Eravamo stanchi di vivere». Da qui i ripetuti tentativi di farla finita, già nell’edicola di Cremona. Proprio per quanto riguarda l’edicola nel primissimo interrogatorio Alfredo Zenucchi ha parlato di una forte delusione ricevuta dalla coppia, per colpa di alcune persone che poi li avrebbero «pugnalati alle spalle». Una dichiarazione molto forte che successivamente Zenucchi ha chiesto di cancellare. Di fatto, l’acquisto dell’edicola avvenuta all’inizio del 2023 non aveva sancito quel nuovo inizio che i due tanto speravano.

L’indagine calligrafica: “Il suo stile elegante”

Una calligrafia riconoscibile. Elegante, allungata. Che spesso Rossella abbelliva con decorazioni disegnate di suo pugno, anche in documenti formali come fatture o ricevute. Quella calligrafia, adesso, è il termine di paragone con cui verrà analizzata la lettera ritrovata insieme alle siringhe sul comodino della stanza dell’Antica Locanda Luigina, in val di Vara, dove è stata sgozzata con un colpo di rasoio.

Una consulenza cruciale, per stabilire se è stata davvero lei a scrivere quel biglietto sottoscritto anche da lui: «Il nostro amore durerà in eterno». E che si chiude anche con delle indicazioni precise su quel che si sarebbe dovuto fare dopo la morte di entrambi: «Non vogliamo nessun funerale, vogliamo essere cremati».

Solo che l’assassino, dopo averla uccisa ed essere rimasto 36 ore accanto al cadavere, non si è suicidato: «Ci ho provato, non ci sono riuscito», il suo racconto ripetuto ormai tante volte.

La lettera, quindi. Ma anche il cartello che i due hanno lasciato lo scorso 28 novembre davanti all’edicola che gestivano a Bonemerse, in provincia di Cremona, prima di sparire nel nulla. La scrittura, giura chi conosceva la coppia, è di lei: «Chiuso dalle 16.30 per motivi famigliari».

Calligrafia allungata, elegante. Anche questo è un dettaglio fondamentale: se il racconto del killer nella sua allucinata disperazione è coerente, come al momento ritengono i carabinieri diretti dal maggiore Marco Di Iesu, dimostrare che la donna abbia scritto di suo pugno sia il biglietto di addio sia l’avviso in edicola porterebbe a rafforzare ancor di più la pista del comune intento di farla finita.

Le denunce “inascolate”

Anche se scrivere può non voler dire condividere. E qui si apre un altro, dolorosissimo capitolo. Francesca Schiroli, zia della vittima, non è per nulla convinta: «Sarà vero? Io di lui non so proprio nulla e questo mi fa rabbia». La cugina Nicoletta Belletti, che è stata la prima a lanciare un appello via Facebook sulla scomparsa della coppia, è ancora più netta: «Lei era solare, impossibile che pensasse al suicidio», nonostante disturbi di cui Rossella soffriva, e che non riusciva proprio a superare.

Nel suo appello social la cugina tra l’altro aveva scritto che «le forze dell’ordine stanno già lavorando». E qui si apre un altra sliding door. Perché effettivamente tanto la zia di Rossella quanto il sindaco di Bonemerse, Luca Ferrarini, si erano rivolti ai carabinieri, a Mantova e a Cremona. Il primo cittadino in particolare più di una volta, sia al telefono che di persona, insospettito dal fatto che i giornali si accatastassero davanti all’edicola chiusa e che i cellulari dei due fossero spenti. Il tutto proprio pochi giorni prima di incassare i soldi per il servizio delle consegne a domicilio.

Certo qui si tratta di due persone adulte – 53 anni lei, 57 lui – e di quello che va rubricato alla voce “allontanamento volontario”. Ragionando, tra l’altro, con il senno di poi.

Ma viste le circostanze in linea teorica si potevano fare due cose: in primis, effettuare una segnalazione inserendo i dati nel sistema informativo nazionale Ricerca Scomparsi. In questo modo, alla registrazione della coppia in albergo sarebbe arrivato subito un alert alla Questura. E invece all’hotel Napoleon a Pontremoli, all’Hotel Doria di Lerici e all’Antica locanda Luigina di Mattarana, dove si è chiuso questo tragico ultimo viaggio, i due hanno lasciato tranquillamente i documenti.

In alternativa, proprio perché ogni albergatore in Italia è tenuto a inserire il nome dei clienti nel cosiddetto “servizio alloggiati”, alle forze dell’ordine sarebbe bastato chiedere alla Questura (che gestisce il database per ragioni amministrative) di controllare i nomi nel server per scoprire dove si trovavano. Forse sarebbe stato troppo tardi, o comunque inutile. Forse la tragedia si sarebbe potuta evitare.

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