Attacco a Repubblica, giornalisti e opposizioni: “Meloni insofferente a ogni forma di critica”

Pubblicità
Pubblicità

ROMA — «Servono più domande, non meno. Attaccare un mezzo di informazione per il lavoro che svolge è antidemocratico e anticostituzionale. Il pluralismo dell’informazione e la coralità delle voci hanno reso l’Italia un Paese libero e, fino a questo momento, democratico», dice Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti. La risposta è a Giorgia Meloni, che ospite di Quarta Repubblica lunedì, ha più che altro preso di mira l’editore di questo giornale, John Elkann e le politiche industriali del suo gruppo; un modo chiaramente mirato a deviare l’attenzione rispetto alle critiche giornalistiche ricevute da Repubblica e a delegittimare il ruolo di un’informazione non allineata al governo. Nel caso specifico, il focus del quotidiano sulle privatizzazioni pensate dall’esecutivo.

Chi ha paura di un giornale libero

«Delegittimare una testata giornalistica, che sia Repubblica o un’altra, collegando il lavoro dei giornalisti all’orientamento economico-politico del loro editore è fuorviante. Le domande — prosegue Costante — vanno fatte ai politici e i politici hanno l’obbligo di rispondere. Sono i principi fondamentali ai quali si ispira ogni buon giornalista, dal direttore al redattore. L’irrisione e la delegittimazione qualificano chi le fa». La posizione del sindacato dei giornalisti è condivisa da esponenti di tutta l’opposizione: Pd, M5S, Alleanza verdi sinistra, +Europa, Italia viva. Questo perché, al di là dell’attacco della presidente del Consiglio ad un giornale utilizzando il diversivo di ciò che fa o non fa il suo editore, l’esecutivo non nasconde la propria insofferenza verso i media, a maggior ragione se non compiacenti. Si occupa quel che si può (la Rai), oppure si riducono fondi e contributi all’editoria, un settore in crisi a causa di vari fattori di mercato, ma che ha un ruolo fondamentale per ogni democrazia avanzata e perciò andrebbe tutelato. Quindi per adesso non è stato rifinanziato il Fondo straordinario per l’editoria, parliamo di un centinaio di milioni di euro in ballo; l’obbligo di pubblicità legale sui quotidiani è appesa a un emendamento di FdI, perché il nuovo codice degli appalti prevede che basta farlo sul sito dell’Anac: una scelta — si racconta — caldeggiata da Matteo Salvini e che varrebbe 120-130 milioni di euro di perdita secca per i quotidiani.

«Le parole di Meloni simboleggiano l’indifferenza e il disprezzo verso ogni forma di critica, di diversità, di opposizione, bisogna reagire insieme», dice il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti, già presidente di Fnsi. «Questo attacco pubblico non trova giustificazioni. L’Italia ha già vissuto la prepotenza di una certa politica nei confronti dell’informazione», ricorda Sandro Ruotolo, responsabile informazione dei dem. «Aggredisce l’informazione che non le va giù perché le tiene testa», sottolinea Sandra Zampa (Pd). Siamo di fronte a un «ultimo episodio di una catena di interventi che ha messo nel mirino la libertà di stampa e il giornalismo indipendente, ma anche la satira e la libertà di espressione», fa notare invece la 5 Stelle Barbara Floridia, presidente commissione di vigilanza Rai. La rossoverde Elisabetta Piccolotti parla di «metodico lavoro di intimidazione verso i giornalisti», mentre Benedetto Della Vedova rileva il doppio registro di Meloni: «Non lo ha fatto e ha fatto bene, ma non ricordo suoi interventi contro Mediaset dei Berlusconi o contro i giornali del gruppo Angelucci, posseduti da un parlamentare della Lega…». Infine c’è Matteo Renzi, che in una lettera alla direzione di Repubblica ha spiegato che «si possono avere diverse opinioni e dare differenti giudizi ma non ci si può permettere di contestare la libertà dell’iniziativa privata da un lato e dall’altro sindacare le scelte di un giornale».

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *