Biodiversità, dalle Alpi agli Appennini: l’Italia divisa in due dalle farfalle

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Lassù, arroccata sulle vette dei Monti della Laga, c’è una popolazione di farfalle che per noi è “invisibile”. L’abbiamo sempre creduta identica alle altre “erebia pandose” presenti in abbondanza sulle Alpi, eppure ci sbagliavamo. Già, perché per le farfalle ci sono due Italie: quella delle Alpi e quella degli Appennini, e sebbene molti esemplari si somigliano fra loro, le popolazioni di farfalle che vivono in queste due aree sono geneticamente molto diverse.

Coenonympha elbana (foto di Leonardo Dapporto) 

Questa scoperta recente, frutto di una incredibile collaborazione fra scienziati e cittadini, è importantissima per riuscire a preservare e proteggere le farfalle d’Italia. Un bell’esempio per capire perché lo fornisce proprio la popolazione dei Monti della Laga: era similissima a quella delle Alpi, eppure  è geneticamente endemica e unica e in Appennino, a differenza di quella alpina, soffre ed è minacciata dal surriscaldamento globale. Piccoli invisibili dettagli sulla biodiversità che ci raccontano un’Italia spaccata in due per le farfalle, e con diverse possibili strategie per conservarle.

Satyrium spini (foto di Paolo Mazzei) 

 I segreti della mappa delle farfalle italiane sono oggi contenuti nello studio, da poco pubblicato su Molecular Ecology, costruito in dieci anni di impegno da un team di scienziati guidato da Leonardo Dapporto, ricercatore di Zoologia dell’Università di Firenze, che assieme ai colleghi dell’Università di Torino e grazie alla collaborazione con otto diversi parchi nazionali ha raccolto un’enorme mole di dati su questi animali.

Parnassius mnemosyne (foto di Paolo Mazzei)  Se sono riusciti a scoprire così tanti dettagli sulle farfalle del nostro Paese, lo devono anche alla “meravigliosa collaborazione con i cittadini. Si chiama citizen science ed è un fenomeno esploso negli ultimi cinque anni: semplici appassionati che scattano foto e le caricano su una piattaforma, in modo tale che noi possiamo identificarle. Ho passato giorni a guardare anche 50mila foto, ma è stato magnifico scoprire così tanti nuovi dettagli”, racconta a Repubblica il ricercatore.

Melanargia arge (di Paolo Mazzei) 

Grazie a 300mila segnalazioni, a dati storici del 1800 e all’analisi di 269 specie di farfalle, i ricercatori dopo oltre 20mila sequenze di Dna di farfalle sono riusciti a tracciare una mappa delle popolazioni di questi preziosissimi impollinatori.

 
“Alcune farfalle rare sono state scovate proprio dai cittadini. Altri ci hanno mandato foto di esemplari che credevamo scomparsi in certe zone. Alla fine, foto dopo foto, esame dopo esame, abbiamo scoperto una Italia divisa in due. Le Alpi, dalla Liguria in su, e poi l’Appennino e le isole. Spesso la diversità è criptica: molte specie che a occhio nudo ci sembrano uguali e presenti in entrambe le zone in realtà sono diverse.  Due esemplari che a noi appaiono entrambi bianchi e identici, per le farfalle che usano gli ultravioletti magari sono uno bianco e uno rosa. Così, sequenziando il Dna, abbiamo deciso di andare a fondo per mappare la biodiversità”.

Euphydryas maturna (foto di Stefano Scalercio)  Il risultato è stato sorprendente. “Due Italie, e finalmente non si parla di una ricca e una povera, perché sono entrambe ricche di biodiversità. Circa 35 farfalle sono endemiche delle Alpi, mentre 29 sono endemiche dell’Appennino. E sa quante sono quelle condivise da entrambi? Appena sette”.

Dati e cifre che hanno portato a comprendere come molte delle farfalle dell’Appenino e delle isole, che credevamo identiche a quelle delle Alpi, siano in realtà diverse, con differenti problemi. Per esempio il surriscaldamento climatico, “uno dei rischi più grandi per questi impollinatori in declino”, dice Dapporto. Ora che però possiamo identificare le diversità, possiamo proteggerle in maniera corretta. “È necessario infatti distinguere, magari anche come Liste rosse o sistemi di protezione, quelle alpine da quelle appenniniche. Solo così potremo applicare metodi efficaci di conservazione”. Un esempio è appunto l’erebia pandose: quella Appenninica è già minacciata, mentre quella delle Alpi no.

Anthocharis damone (foto di Vlad Dinca) 

“In generale, le farfalle d’Italia, seppur in difficoltà resistono. Ma serve l’aiuto di tutti, dai cittadini ai parchi, per proteggerle. Servono persino idee. Per esempio le farfalle, per il surriscaldamento globale, rischiano di rimanere congelate. Per ibernarsi di solito vanno sotto la neve, dove la temperatura è stabile: ma si scioglie a causa del clima caldo, senza neve, di notte soffrono il freddo e muoiono. Ecco allora che magari con un po’ di neve da spruzzare appositamente per le farfalle, potrebbero salvarsi. Più le studiamo, più scopriamo dettagli, come il fatto che si stanno spostando sempre più in alto, in media anche di 5 metri l’anno. Sono convinto che continuando a collaborare con i cittadini, potremo trovare nuove soluzioni, adattate alle farfalle delle due Italie, per riuscire a salvarle da un destino che per molti insetti sembra segnato”.

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