Cambio di sesso, l’ira delle madri dopo le critiche del ministero a Careggi: “In caso di stop mia figlia si uccide”

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Parlano piano, la voce indebolita dalla paura, dal terrore che in Italia venga vietato l’uso della triptorelina, il farmaco che interrompe lo sviluppo puberale in attesa di decidere se procedere con il cambio di sesso. “Se mia figlia smette di prendere quella medicina si ammazza”, dice una mamma.

L’ispezione e la relazione

L’ospedale fiorentino di Careggi è il centro più importante per la somministrazione della triptorelina. Finito al centro di un’interrogazione del senatore Maurizio Gasparri, ha ricevuto a gennaio la visita degli ispettori del ministero alla Salute. La loro relazione, trasmessa anche alla procura fiorentina che ha aperto un’indagine, non è ancora nota ma Gasparri ha letto la risposta ricevuta dal ministro Orazio Schillaci dove si parla di “elementi di criticità molto significativi”, perché mancherebbe l’assistenza neuropsichiatrica e perché non sarebbero state fatte le comunicazioni all’Aifa sull’uso del farmaco. Ma i dettagli dei rilievi degli ispettori non sono noti.

“Che fine faremo?”

Tutto il rumoroso dibattito politico, le commissioni di inchiesta, le interrogazioni, i tavoli tecnici, le disfide tra i partiti a colpi di comunicati stampa sono come un terribile Moloc per le famiglie dei ragazzi seguiti da Careggi. Le prese di posizione spesso ideologiche si scontrano con le angosce della vita reale di alcune decine di persone, che affrontano problemi quotidiani con figli che fin da piccolissimi spengono la luce quando si fanno la doccia per non vedersi nudi. Una confusione che fa temere per il futuro: “E se chiudono tutto che fine facciamo?”.

In tanti stanno già pensando al dopo, come Maria (tutti i nomi sono di fantasia), che progetta di trasferirsi in Spagna per far proseguire il trattamento farmacologico della figlia. “Ci stanno pensando in tanti, da settimana abbiamo preso contatti con centri di quel Paese e di altri”.

“Sono preoccupati anche i ragazzi”

Anna è di Roma ed è lei a dire che sua figlia, nata maschio e oggi tredicenne, si ucciderebbe se smettesse di fare il farmaco. “Ha iniziato da due anni, come potrebbe, tra qualche mese ritrovarsi con i primi peli della barba? Tra l’altro ho cercato, come gli altri genitori, di tenerla fuori da questa vicenda ma con i social ha scoperto tutto, ed è molto preoccupata”. La figlia di Anna è stata prima seguita al San Camillo, poi è arrivata a Firenze. “Abbiamo capito quale strada percorrere prestissimo, quando aveva 2 o 3 anni. Quello che molti di coloro che parlano in questi giorni non capiscono, è che la trafila a Careggi è molto lunga. Ci sono controlli periodici, ogni volta bisogna fare il colloquio con la psicologa e la visita endocrinologica. Si fanno tanti esami, del sangue e di altro tipo, come le densitometrie ossee. Passano anni prima che venga prescritta la triptorelina e infatti Careggi ha la nomea di essere molto lenta. Figurarsi che tante famiglie si lamentano. E invece a leggere certe dichiarazioni sembra che la medicina venga data subito a tutti”.

Anna e la figlia erano a Careggi due giorni dopo l’ispezione del ministero, che è stata il 23 e il 24 gennaio. “Non capivamo cosa stava succedendo. Voglio sperare che le terapie non vengano interrotte, noi siamo in una situazione di disperazione. Non si vuole capire che questi sono farmaci salvavita”.

La rabbia per l’assenza di notizie

A Careggi arrivano persone da tutta Italia. “Abbiamo subito una cattiveria — aggiunge Lucia — Hanno deciso di gettare nel panico famiglie che hanno ragazzi con problemi. E visto come hanno gestito tutto? Siamo qui che aspettiamo risposte ufficiali su cosa succederà all’ospedale e al suo ambulatorio e le prime informazioni che ci arrivano giungono da un gazebo in una piazza”. Il riferimento è alla tenda di Forza Italia, nel quartiere delle Cure a Firenze, accanto alla quale Gasparri sabato ha letto la risposta di Schillaci alla sua interrogazione.

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