Dalla passeggiata di Sharon agli scontri ad al Aqsa: cos’è la Spianata delle Moschee e perché divide israeliani e palestinesi

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LONDRA – Per gli ebrei è il Monte del Tempio, per i musulmani è la Spianata delle Moschee, ma da secoli è diventata la spianata della discordia: un’antica altura, nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove sorgono fianco a fianco il luogo più sacro dell’ebraismo e uno dei luoghi più santi dell’Islam. Oltre a essere stato teatro di alcuni dei momenti più importanti del cristianesimo, evocato a poca distanza dal Santo Sepolcro, la chiesa eretta sopra il Golgota, il monte della crocefissione di Cristo.

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Adesso il Monte del Tempio o Spianata delle Moschee, questo colle così caro alle tre religioni monoteiste, potrebbe diventare per l’ennesima volta un focolaio di tensioni e violenze: il governo israeliano ha annunciato che intende limitarne l’accesso ai fedeli arabi durante il Ramadan, il mese di preghiera e digiuno del calendario islamico. Un mese che inizia il 10 marzo e che coincide con la scadenza indicata dal primo ministro Netanyahu per il via all’offensiva a Rafah, l’ultima città non ancora conquistata dall’esercito dello Stato ebraico nella striscia di Gaza, se entro quel giorno Hamas non avrà liberato i circa 130 ostaggi suoi prigionieri. Ecco una scheda per capire cosa è questo santuario accanitamente conteso e di quali episodi è stato protagonista nel conflitto israeliano-palestinese.

Il Monte del Tempio

Il Monte prende nome dal Tempio ebraico di Gerusalemme, dedicato al Dio dell’ebraismo, costruito secondo la Bibbia dal re d’Israele Salomone nel X secolo avanti Cristo, distrutto e ricostruito nel VI secolo avanti Cristo dagli israeliti e ampliato dal 20 avanti Cristo dal re di Israele Erode il Grande e dai suoi successori, infine distrutto dai Romani nella prima guerra giudaica nel 70 dopo Cristo.

È anche identificato con la montagna citata nell’Antico Testamento come il luogo dove Dio, per mettere alla prova la fede di Abramo, gli ordina di sacrificare il proprio figlio Isacco, ma un angelo lo blocca mentre il Patriarca sta per eseguire l’atto, interpretato dai cristiani come la prefigurazione del sacrificio di Gesù.

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All’epoca dell’imperatore Adriano, dopo una rivolta ebraica, sul sito sorge un tempio dedicato al dio Giove. In seguito, dopo la cristianizzazione dell’Impero Romano, sul monte viene costruita una basilica dedicata alla Vergine Maria. Nel VII secolo, dopo la conquista musulmana di Gerusalemme, vi sono costruite le moschee ancora oggi esistenti. Con la prima crociata, è nuovamente occupato dai cristiani che trasformano le moschee in sede dei cavalieri templari e in cappelle. Con la riconquista musulmana della città, le moschee ritornano luoghi di culto dell’Islam. Dopo la proclamazione dello stato di Israele nel 1948 e la prima guerra arabo-israeliana, il Monte del Tempio, insieme a tutta la Città Vecchia e alla parte orientale di Gerusalemme, rimane sotto il controllo della Giordania fino al ’67, l’anno in cui, dopo la guerra dei Sei Giorni, viene annesso a Israele. Da allora il suo status è amministrato in base a un accordo tra Israele e Giordania. Del Tempio ebraico originale, dove si svolsero anche vari episodi della vita di Cristo, rimane in piedi il Muro Occidentale, come lo chiamano gli ebrei, o Muro del Pianto, il luogo più sacro dell’ebraismo.

Spianata delle Moschee

La spianata, ovvero la piatta sommità del monte, che raggiunge i 743 metri di altitudine sul livello del mare, chiamata in arabo al-Haram al-Sharif (il Nobile Santuario), è oggi dominata da tre imponenti edifici che risalgono al VII secolo dopo Cristo e alla nascita dell’Islam per opera di Maometto, sebbene abbiano subito numerose distruzioni, ricostruzioni e trasformazioni nei secoli successivi: la moschea al-Aqsa, la Cupola della Roccia e la Cupola della Catena, oltre a quattro minareti. Le mura dell’epoca di Erode circondano il sito, a cui si può accedere da undici entrate, dieci delle quali riservate ai musulmani. Sul lato orientale, da una delle porte di ingresso, murata secoli fa, si presume che fosse entrato Gesù pochi giorni prima di morire sulla croce, proveniente dal monte degli Ulivi che si trova proprio su quel lato.

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Al centro della spianata, che ha una forma rettangolare con dimensioni di circa 500 metri per 300, in corrispondenza dell’antico Tempio ebraico e dell’originaria cima del monte, si trova la Cupola della Roccia, anche detta moschea di Omar, caratterizzata dalla grande cupola dorata ritratta in molte immagini di Gerusalemme. Nelle sue vicinanze sorgono un centinaio di edifici religiosi, tra cui la Cupola della Catena e la Cupola dell’Ascensione, dove secondo la tradizione islamica Maometto salì al cielo in groppa a un cavallo alato. La moschea al-Aqsa, luogo delle più importanti cerimonie musulmane, sorge invece sul lato sud della spianata.

Accesso alla spianata

I cittadini arabo-israeliani di fede islamica, i circa mezzo milione di palestinesi residenti a Gerusalemme est e i visitatori stranieri musulmani sono normalmente autorizzati ad accedere alla Spianata e a pregare alla moschea senza restrizioni. Ma occasionalmente, per ragioni di sicurezza, il governo israeliano impedisce a determinate categorie di entrare o chiude completamente l’accesso. Talvolta, per timore di disordini, l’ingresso è vietato a tutti gli uomini al di sotto dei 50 anni e alle donne al di sotto dei 45, particolarmente durante la giornata di preghiera del venerdì.

Fino al 2000, i visitatori non musulmani, come turisti di altre fedi o non religiosi interessati a visitare la spianata per interesse storico e architettonico, potevano entrare nella moschea al Aqsa ottenendo un apposito biglietto dal Waqf, l’organismo che amministra il santuario per conto della Giordania insieme a Israele. Questa procedura è terminata con la Seconda Intifada, la rivolta palestinese a base di autobombe e attentati suicidi iniziata nel 2000: più di due decenni più tardi, il Wafq aspetta ancora che negoziati fra Israele e Giordania riaprano l’accesso a turisti e visitatori stranieri.

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I parà al Muro del Pianto

Una celebre fotografia in bianco e nero ritrae due paracadutisti israeliani, con gli occhi velati di lacrime, che guardano da vicino il Muro del Pianto, l’ultimo dei sei giorni della guerra del ’67 con la quale Israele conquista l’intera Gerusalemme, oltre a Cisgiordania, Gaza, Sinai e alture del Golan. Un’immagine emblematica, perché è la prima volta in duemila anni, dalla conquista della Giudea da parte degli antichi Romani, che il luogo più sacro dell’ebraismo torna in mano agli ebrei, anche se uno dei quattro quartieri della Città Vecchia di Gerusalemme è sempre stato quello ebraico e nel 1948, alla proclamazione di Israele, era ebraica la maggioranza della popolazione di Gerusalemme.

La commozione dei due parà è comprensibile. Ma quel momento segna anche l’inizio delle tensioni: perché in cima al Monte, sulla Spianata, pregano i musulmani, gli arabi, ovvero i palestinesi, mentre subito ai di sotto della Spianata, ai piedi del Muro Occidentale o Muro del Pianto, pregano gli ebrei, gli israeliani. Per tacere dei cristiani che vanno in pellegrinaggio a pochi isolati di distanza al Santo Sepolcro. Fra arabi che tirano pietre sugli ebrei di sotto ed ebrei che minacciano di salire a occupare la spianata delle Moschee, si frappongono i soldati israeliani. Truppe in uniforme con il mitra spianato pattugliano giorno e notte l’intera zona. Poco per volta, si moltiplicano gli incidenti, gli atti di terrorismo, le cariche della polizia, gli arresti, i feriti, i morti. L’area più sacra agli ebrei, e il terzo luogo più sacro al mondo per i musulmani, diventano un terreno di frequente scontro.

La passeggiata di Sharon

È generalmente ritenuto che la Seconda Intifada scoppia come conseguenza del fallito summit dell’estate 2000 a Camp David, negli Stati Uniti, fra il premier israeliano Ehud Barak e il leader palestinese Yasser Arafat, in cui quest’ultimo rifiuta l’offerta di uno stato palestinese con Gerusalemme est come capitale, pretendendo anche che i profughi palestinesi di tutto il Medio Oriente ottenessero il “diritto al ritorno” nelle città e nelle case di Israele lasciate nella guerra del 1948. Ma se questa è la ragione di fondo, la scintilla che scatena la rivolta dei kamikaze palestinesi, chiamata seconda Intifada per distinguerla dalla prima Intifada (quella caratterizzata dal lancio di pietre da parte di giovani arabi contro l’esercito israeliano negli anni Ottanta-primi anni Novanta), è la plateale “passeggiata” sulla Spianata delle moschee compiuta da Ariel Sharon, l’allora leader del Likud, il partito conservatore israeliano oggi guidato da Netanyahu.

Ex-generale protagonista della sorprendente controffensiva israeliana nella guerra dello Yom Kippur del ’73, quando alla testa di una colonna di carri armati attraversò il canale di Suez e stava per marciare sul Cairo, cambiando le sorti del conflitto, Sharon è detestato dal mondo arabo soprattutto per le stragi di Sabra e Shatila, due campi profughi palestinesi a Beirut, durante l’invasione lanciata da Israele nel 1982 per mettere fine agli attacchi e agli attentati dei palestinesi che avevano fatto del Libano la propria base.

Due stragi commesse da una milizia libanese cristiana alleata di Israele in quella guerra, ma che Sharon, ministro della Difesa, non impedì e di cui gli venne attribuita la responsabilità. Questi precedenti contribuiscono a fare apparire ancora di più come una provocazione la sua visita, il 28 settembre 2000, accompagnato da mille poliziotti per proteggerlo, alla moschea al Aqsa sulla spianata delle moschee: “Il monte del Tempio è e rimarrà nelle nostre mani, è il luogo più sacro di ogni ebreo e ogni ebreo ha diritto di visitarlo”, afferma l’ex-generale.

Dimostranti palestinesi lo accolgono tirando pietre. La polizia risponde con lancio di lacrimogeni e proiettili di gomma. Il giorno dopo, un venerdì, dunque giorno di preghiera per i musulmani, la presenza militare israeliana sulla Spianata cresce, causando altri scontri e svariate vittime. C’erano già stati incidenti attorno alla Spianata, per esempio per la decisione israeliana di allargare un tunnel sotto le moschee, allo scopo di recuperare antichi reperti religiosi ebraici, visto anche questo come una provocazione sacrilega, Ma la passeggiata di Sharon ha due risultati: scatena la Seconda Intifada e porta lui stesso, pochi mesi dopo, a vincere le elezioni e diventare primo ministro al posto del laburista Barak.

Le battaglie della spianata

La Seconda Intifada dura fino al 2005 e provoca più di 3 mila morti fra israeliani vittime di attentati e palestinesi vittime di operazioni militari. In quel periodo si moltiplicano gli episodi di violenza in prossimità della spianata delle moschee e del muro del Pianto, e per estensione all’interno della Città Vecchia, le cui mura segnano il confine de facto tra la Gerusalemme ovest pienamente israeliana e la Gerusalemme est prevalentemente palestinese. Ma tensioni e scontri nelle vicinanze della spianata proseguono anche dopo la fine della rivolta. Specie nei periodi di conflitto tra Israele e palestinesi, e in particolare durante le cosiddette “guerre di Gaza” che scoppiano ogni qualche anno con variabile durata e intensità, ogni venerdì è una giornata di tensione e spesso di battaglia attorno alle moschee della spianata e lungo le vie che ad essa conducono.

Uno degli scontri più violenti è quello dell’aprile 2023, quando gruppi di palestinesi si barricano dentro la moschea al Aqsa dopo una serata di preghiera del Ramadan, rispondendo a voci circolate nelle ore precedenti secondo cui militanti ebrei volevano uccidere una capra sul santuario islamico, un sacrificio religioso per l’imminente Pasqua ebraica, atto peraltro proibito dalla legge israeliana. La polizia israeliana reagisce con un raid dentro la moschea, ferendo 50 persone e arrestandone 400. Il giorno seguente Hamas comincia a lanciare razzi contro Israele e gli Hezbollah fanno altrettanto dal Libano, ufficialmente come rappresaglia per la mano pesante della polizia alla moschea.

Lanci e scontri sul terreno vanno avanti fino a ottobre, con due protagonisti che gettano benzina sul fuoco: il ministro per la sicurezza nazionale israeliana Itamar Ben-Gvir, leader di uno dei partiti di estrema destra che in coalizione con il Likud hanno riportato Netanyahu al potere, e Mohammed Deif, uno dei capi militari di Hamas. Entrambi sono di nuovo protagonisti della odierna guerra di Gaza: il secondo come cervello dell’aggressione a Israele del 7 ottobre, il primo come capofila dei duri all’interno del governo israeliano nell’offensiva contro Hamas.

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