Due anni in carcere da innocente. L’orafo Lorenzo Osmari: “L’accusa di violenza sessuale era inventata, ho perso figli e casa”

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Due anni in cella per violenza sessuale. Ma era innocente. È la storia di Lorenzo Osmari, orafo di 58 anni di Colleferro, è ambientata in Irlanda. Lì si era trasferito con la compagna e i quattro figli per lavorare e imparare l’inglese. E lì, come racconta la sentenza che lo ha scagionato, ha affrontato il passaggio più drammatico della sua vita: dopo 25 mesi in carcere, la corte penale di Limerik lo ha ritenuto “non colpevole”.Il 58enne era stato accusato dal figlio di una coppia amica della famiglia: “Mi ha massaggiato nelle parti intime”.

Gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni costano allo Stato 26 milioni di euro

Le prove, seppur poco convincenti, hanno portato al rinvio a giudizio e poi alla condanna. Ora la sentenza di assoluzione e il racconto di quanto subito in questi mesi.“L’accusa nei miei confronti è stata completamente inventata. Ma una volta che si finisce in carcere, anche se poi viene dimostrata la propria innocenza, agli occhi degli altri si rimane sempre sporchi”, racconta il gioielliere che a lungo è stato anche arbitro di Karate.Poi la memoria torna a quel 28 dicembre 2018, giorno nel quale un ragazzo di 16 anni, amico dei suoi figli, lo ha denunciato per violenza sessuale.

Accuse per cui ancora oggi non può rivedere la sua famiglia, per via di un divieto di avvicinamento all’appartamento.“Sono state completamente inventata – spiega Lorenzo Osmari al Messaggero – nonostante non ci fosse un certificato medico che comprovasse le lesioni derivanti dai presunti abusi e nonostante non sia stato trovato il mio dna sul corpo di quel ragazzo, mi hanno rinviato a giudizio”.

“Mi hanno arrestato sulla base di prove costruite a tavolino e delle parole di un giovane che ora fa l’attore. Avendo intuito che era disturbato, gli chiesi di non venire più a casa nostra. Quel 28 dicembre si presentò lo stesso e mi fece delle avances. Temendo di essere scoperto, lui andò la sera stessa dalla polizia accusandomi di violenza sessuale. La mia famiglia gli ha creduto, è stata plagiata. Non vedo i miei figli da 5 anni, nonostante sia innocente”, racconta l’orafo.

Che poi ricorda l’inferno del carcere: “Ogni tanto tagliavano la gola o violentavano qualcuno in cella. Dopo tre giorni che non mi davano da mangiare, protestai e le guardie mi sbeffeggiarono: “Stai tranquillo italiano, ora arriva la pasta”. E a fianco al piatto trovai degli escrementi”. L’incubo continua anche dopo l’assoluzione: “L’ambasciata si è rifiutata di accogliermi, né mi ha procurato un avvocato o un biglietto per rientrare in Italia. A Colleferro ho ritrovato i miei appartamenti occupati da nigeriani, ai quali un uomo che si spacciava per me li aveva affittati. Il paradosso è che, risultando proprietario di quegli immobili, la Caritas non mi voleva dare nemmeno un piatto di fagioli. Parenti e amici mi trattano ancora come un appestato, invitandomi ad andarmene dal paese. E la Federazione non vuole più che arbitri le partite di karate”.

L’ultimo proposito: “Chiederò all’Irlanda il risarcimento per ingiusta detenzione e per avermi sottratto i figli. Hanno violato tutti i diritti umani”.

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