Elezioni regionali in Abruzzo 2024, tutto quello che c’è da sapere prima del voto

Pubblicità
Pubblicità

Come già successo in Sardegna, anche in Abruzzo è probabile che la partita si giocherà sul filo. L’accostamento tra le due tornate non è azzardato. Lo sa bene il candidato del centrosinistra Luciano D’Amico che anziché farsi vedere con i big nazionali ha deciso di chiudere al fianco di Alessandra Todde, fresca del successo sull’Isola. Anche Marco Marsilio per il comizio finale ha preferito tenere alla larga i colonnelli della maggioranza per dare spazio ai governatori del centrodestra. Sono le ultime cronache di una campagna elettorale costellata da tematiche locali e implicazioni più ampie. Dove si è parlato di ambiente e sanità, ma anche della storia dei due candidati in corsa, della loro identità e dell’effetto nazionale che avrebbe la vittoria di uno e la sconfitta dell’altro.

ELEZIONI ABRUZZO – RISULTATI – RIEPILOGO REGIONALE

D’Amico il federatore

Al netto dell’esito elettorale, un primo risultato – in termini strettamente politici – lo ha già portato a casa: unire tutte le forze del centrosinistra. Luciano D’Amico, classe ‘60, docente universitario, commercialista e figlio di contadini, è riuscito a mettere insieme Renzi e Fratoianni, Conte e Calenda, M5s e Pd, Italia Viva e rossoverdi di Avs. “Penso che se anche il nostro sistema elettorale prevedesse il voto disgiunto, per Marsilio sarebbero guai”, ha ipotizzato D’Amico a Repubblica poco dopo la sconfitta della destra in Sardegna. L’unità delle forze progressiste sarà un elemento decisivo nella sfida contro il governatore uscente, sostenuto compattamente da FdI, Lega e Forza Italia. In realtà lo è in tutte le competizioni di stampo maggioritario, dove un solo voto in più può fare la differenza. Si è visto sull’Isola, dove il centrosinistra è uscito vittorioso sul filo di lana, nonostante l’assenza dei moderati dalla coalizione giallo-rossa guidata da Alessandra Todde. Questa volta, però, anche i centristi saranno della partita.

COME SI VOTA IN ABRUZZO

Il governatore pendolare

L’hanno soprannominato ‘il governatore pendolare’ perché, per dirla con le parole del consigliere regionale dem Pierpaolo Petrucci, “ogni volta che può, da cinque anni, un autista pagato con soldi pubblici lo va a prendere a Roma, e poi lo riporta a casa”. La vita da governatore di Marsilio è scandita da un’insolita spola Roma-L’Aquila. Presidente dell’Abruzzo, ma residente in Lazio, nella Capitale, dove è nato e cresciuto da figlio di genitori abruzzesi. Un’anomalia bella buona, tanto da diventare uno dei punti di frizione da campagna elettorale tra il governatore e chi – avversari politici in testa, sostenitori dell’abruzzese doc Luciano D’Amico – gli rinfaccia una scarsa conoscenza del territorio e un uso sconsiderato dei soldi pubblici necessari per finanziare la repentina trasferta tra i due capoluoghi. Intervistato da Repubblica, si è difeso così: “Ho speso tutti i miei risparmi e acceso un mutuo che pagherò fino a 75 anni per comprare la casa dei miei sogni a Chieti. Se quando sono all’Aquila e ho finito di lavorare, a notte fonda, sento l’esigenza di andare a dare un bacio a mia figlia e mia moglie, non penso che possa essermi contestato”.

Marsilio, uomo di Meloni

Quella del ‘governatore pendolare’ è una narrazione che fa il paio con un altro aspetto emerso durante la campagna elettorale e che potrebbe avere implicazioni potenzialmente spiacevoli in caso di sconfitta e positive in caso di vittoria. Riguarda la storia politica di Marsilio. O meglio: il legame con la premier Giorgia Meloni. Il governo dell’Abruzzo, infatti, è considerato una succursale della sezione romana di FdI. Di più: Meloni e Marsilio si conoscono da quando militavano nelle giovanili missine della Capitale. Fu il primo, all’epoca leader di Fare fronte, ad accogliere la seconda quando quest’ultima bussò alle porte della sezione dell’Msi di Garbatella per iscriversi al partito. I due erano insieme anche nella corrente missina dei Gabbiani, nella storica sezione di Colle Oppio. Insomma, una sconfitta di Marsilio si tradurrebbe in una sconfitta anche per Meloni. La seconda, peraltro, nel giro di pochi giorni. Viceversa, in caso di vittoria la vicinanza con il governatore rafforzerebbe la premier uscita malconcia dalla tornata in Sardegna a causa della sconfitta del ‘suo’ candidato, il meloniano Paolo Truzzu.

CHI SONO I CANDIDATI

Sanità allo sbando

E’ considerata una dei punti deboli dell’amministrazione Marsilio. Ciò su cui l’opposizione sta spingendo per mettere in difficoltà il governatore. Non è un caso che la segretaria del Pd Elly Schlein abbia deciso di dedicare una tappa della campagna abruzzese al piccolo ospedale di Popoli. “La destra che governa in Abruzzo sta declassando gli ospedali nelle aree interne, creando enormi disagi alle comunità”, ha detto la leader dem improvvisando un presidio davanti all’ospedale dopo che il direttore sanitario della Asl di Pescara le aveva chiesto di sospendere la visita all’interno della struttura per ragioni aspramente contestate dai dem. Polemiche a parte, la sanità è una della questioni più sentite dagli abruzzesi. E per questo potenzialmente decisiva per le sorti degli sfidanti in gara. Marsilio rivendica quanto fatto negli ultimi cinque anni, mentre per D’Amico è necessario “agire con urgenza”. Del resto, come ricostruito da Repubblica, la sanità abruzzese versa in condizioni persino peggiori rispetto alla già preoccupante situazione nazionale: definanziamento, mancanza di personale, tempi di attesa lunghissimi e code al pronto soccorso. Senza contare i problemi legati all’assenza di medici di base, recentemente scesi in piazza contro la mancata sostituzione dei colleghi andati in pensione.

La riserva di Borsacchio e lo scontro con il Mic

La vicenda è piombata sulla campagna elettorale la settimana scorsa, quando i tecnici del ministero della Cultura, guidato da Gennaro Sangiuliano, hanno deciso di sollevare più di una perplessità (poi declassata dal Mic a “normale prassi dei rapporti tra amministrazioni centrali e regionali”) sulla delibera targata Marsilio della riserva di Borsacchio. In sostanza, con un emendamento infilato nottetempo nelle pieghe del Bilancio regionale, lo scorso dicembre alcuni consiglieri di centrodestra hanno ridotto ad un fazzoletto di terra il polmone verde abruzzese, riducendo l’area protetta dagli oltre 1.000 ettari di spiaggia e colline ad appena 25. La decisione ha animato la campagna elettorale anche per via della mole di critiche che l’hanno accompagnata. Contro il provvedimento infatti si sono scagliati i residenti, le associazioni ambientaliste e l’opposizione. L’accusa indirizzata a Marsilio è quella di favorire una speculazione cementizia all’interno di uno dei pochi luoghi della costa abruzzese rimasti incontaminati.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *