Giorgia ‘la divina’ a Repubblica delle Idee: “credo nel cambiamento, ma è tanto faticoso”

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BOLOGNA – Giorgia “la divina” (la definizione è di Ernesto Assante, che la ripete più volte come un mantra) con grazia e grinta ammalia e agguanta piazza Maggiore, chiudendo la seconda giornata di RepIdee con un misto di straordinario talento e incredibile modestia. Non è un’intervista, ma quasi un flusso di coscienza, una confessione a cuore aperto quella che i due regalano alle migliaia di persone in piazza, in religioso silenzio e coi telefonini pronti a immortalare le canzoni che Giorgia dona al pubblico, da “Gocce di memoria” a “E poi” sul palco di RepIdee si toccano corde della storia della canzone italiana. Giorgia si dimostra davvero “la più grande dopo Mina” con una timidezza accordata con l’ironia.

“Musica e parole” sul palco, per ripercorrere le rappe di una carriera, per raccontare un talento impareggiabile. “Io imparavo in casa, da mio padre”, racconta Giorgia. “Lui ha sempre cercato di migliorarsi, e mi imponeva la musica black. Imparavo anche da quel che ascoltavo, tanta radio, i canali musicali, leggevo Assante e Castaldo. Ma tu mi criticavi Whitney Houston e io ce l’avevo con te”, confessa Giorgia ad Assante. “Poi si andava tanto in giro, nei club che facevano musica dal vivo. Sono cresciuta in una realtà molto viva e varia”. È così che è diventata l’artista che è.  “Sono cresciuta in una famiglia in cui mio padre ha conquistato grande successo negli anni Settanta e poi l’ha perso: ho vissuto in famiglia queste onde. Quando è arrivata la popolarità l’ho vissuta come qualcosa che potevo perdere il giorno dopo. Mi hanno proprio educato a non montarmi la testa, ma è anche questione di carattere: sono pessimista di fondo, quindi vivo tutto con una certa moderazione”, confessa.

Una carriera è fatta anche di fasi, di sfumature, di dubbi. “Io credo tanto nel cambiamento, ci credo anche come speranza. Ma è faticoso, perché comporta sempre una piccola morte, è un tunnel stretto da cui si deve passare trovando risorse nuove. Anche questo è il senso della vita: se si nasce e si muore uguali, si è buttata via l’esperienza. Più volte durante gli anni ho pensato di dover cambiare stile, perché attingevo sempre agli stessi miti. Mi sembra giusto non ripetermi, prima di tutto verso me stessa, ma anche verso il pubblico. Se il ‘dentro’ ti dice che va bene, allora andrà bene davvero”. Ed è andata benissimo in piazza Maggiore, emozioni che hanno fatto vibrare il pubblico. 

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