Guerra, inflazione, gas: quanti rischi per la crescita. Il Fmi taglia le stime, ma l’Italia quest’anno centrerà il +3%

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MILANO – Prospettive sempre più “cupe e incerte” sull’economia globale “ancora sconvolta dalla pandemia e dall’invasione russa dell’Ucraina”. Una situazione in cui molti dei rischi che erano stati segnalati in primavera “hanno iniziato a concretizzarsi”. Quali? “Un’inflazione superiore alle attese, soprattutto negli Stati Uniti e nelle principali economie europee” che “sta innescando un inasprimento delle condizioni finanziarie globali”. E poi il riemergere del Covid in Cina che ha rinvigorito la forte politica di chiusure di Pechino, con annesso rallentamento economico. E ancora le “ulteriori ricadute negative dalla guerra in Ucraina“. Un mix che porta il Fondo monetario internazionale, nell’aggiornamento del suo World economic outlook, ad abbassare le previsioni di crescita: “Rallenta dal 6,1% dell’anno scorso al 3,2% quest’anno e al 2,9% l’anno prossimo, con declassamenti di 0,4 e 0,7 punti percentuali da aprile. Ciò riflette lo stallo della crescita nelle tre maggiori economie mondiali – Stati Uniti, Cina e zona euro – con importanti conseguenze per le prospettive globali”, si legge nell’intervento del capo della ricerca Pierre-Olivier Gourinchas, che accompagna l’aggiornamento delle stime.

Le previsioni del Fmi nell'aggiornamento del Weo

Le previsioni del Fmi nell’aggiornamento del Weo 

L’Italia ha un ruolo particolare in questa sforbiciata. Generalmente dominano infatti i segni negativi, con la crescita degli Usa abbassata di 1,4 e 1,3 punti percentuali rispettivamente quest’anno e il prossimo. Anche l’Eurozona soffre una riduzione, limitata a 0,2 punti nel 2022. E in questo caso l’Italia figura tra gli elementi di tenuta: “Le prospettive migliori per il turismo e l’attività industriale in Italia sono più che compensate da significativi downgrade in Francia, Germania e Spagna”. Per il Belpaese, infatti, la previsione del Fondo è tra le poche a migliorare al +3% quest’anno (+0,7 punti percentuali su aprile). Lo stesso governo d’altra parte ha preso atto di conti migliori del previsto che liberano risorse per oltre 14 miliardi per i nuovi aiuti. E la società d’analisi economica Prometeia ha annotato solo ieri, nell’Analisi dei settori industriali appena aggiornata con Intesa Sanpaolo, che la produzione manifatturiera italiana ha mantenuto buoni ritmi di crescita dopo lo scoppio della guerra, registrando un +2,6% tendenziale nel periodo marzo-maggio 2022, un risultato migliore di quello di francia (+1,9%), spagna (+1,6%) e soprattutto germania (-2,2%), penalizzata dal crollo della produzione automotive, che ha trascinato al ribasso anche i settori a monte della filiera.

Ma per l’anno prossimo, riprendendo le stime del Fmi, è previsto un fortissimo rallentamento, con una crescita al lumicino: +0,7%, peggiore tra le economie Ue più grandi e in calo di 1 punto tondo rispetto alle previsioni di aprile.

Tornando allo sguardo globale, il Fmi spiega che lo scenario non si sgombra dalle nubi, con questo aggiornamento. E mette giù un elenco di punti che rappresentano ulteriori rischi di ribassi. Al primo posto c’è la possibilità che la guerra in Ucraina porti a un improvviso stop dei flussi di gas dalla Russia all’Europa, elemento di forte tensione in queste ore. Poi, l’inflazione potrebbe rimanere elevata se il mercato del lavoro resta in tensione oppure le aspettative per il futuro si slegano da quelle che sono le indicazioni delle Banche centrali, con la prospettiva che il costo per raffreddare l’economia salga ancora di più. Proprio il fatto che le condizioni finanziarie globali si stanno restringendo, potrebbe far crescere la pressione sul debito dei Paesi emergenti e in via di sviluppo. Di nuovo il Covid rappresenta una minaccia, soprattutto per i lockdown in Cina. Ancora, la crescita dei prezzi di energia e cibo possono far esplodere l’insicurezza alimentare a livello globale e con essa forti proteste, così come la “frammentazione” geopolitica è un muro per il commercio e la cooperazione globali.

Come recentemente indicato in un blog del Fondo, poi, gli economisti non escludono uno scenario alternativo che contempla lo stop totale del gas russo: un “significativo rischio economico per l’Europa. Un taglio totale prolungato causerebbe carenze nei paesi dell’Europa centrale e orientale che potrebbero sperimentare perdite in termini di pil fino al 6%. Anche in Italia l’impatto sarebbe significativo anche se c’è un potenziale maggior per assicurarsi forniture alternative. Gli effetti in Austria e Germania sarebbero meno severi ma sempre significativi”, ha pronosticato Washington.

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