I grandi sogni azzurri, dagli Europei ai Giochi di Parigi: il 2024 dello sport è l’anno delle possibilità

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Si riparte. In difesa. Make Italy Great Again. Sarà un 2024 impegnativo. Per tutti, ma soprattutto per l’Italia. Che dovrà difendere in Germania il titolo europeo di calcio vinto a Wembley. Prima partita a Dortmund (contro l’Albania). Vi dice niente? Stesso stadio dove nel 2006 l’Italia di Lippi conquistò l’accesso alla finale battendo la nazionale di casa. Subito dopo ai Giochi di Parigi l’atletica azzurra schiererà e difenderà i suoi 5 ori olimpici che a Tokyo sono stati un indimenticabile Inno alla Gioia. Nella velocità, nell’alto, nella marcia, re e regine del mondo vestono d’azzurro. Italy sta lassù, l’oro al collo bisognerà toglierglielo.

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Cosa ha detto il 2023 dello sport

Molto è cambiato nel mondo: la temperatura, la geografia, le parole per dirlo. L’emisfero sud ha messo le mani sui titoli mondiali dei tre maggiori sport di squadra su un prato: calcio all’Argentina, cricket all’Australia, rugby al Sudafrica. Tre indiani e un pakistano hanno disputato la finale mondiale del giavellotto e una giapponese ha vinto il titolo delle donne (seconda una colombiana). Il giavellotto avete presente? Quella lunga lancia tipica del grande nord, bianco e biondo, dove chi vinceva si chiamava Pitkämäki o Thorkildsen e non Neeraj Chopra, ragazzo di Panipat, stato dell’Haryan, India del nord. La caduta degli dei è ovunque, anche nel mondo dei giganti dei canestri: la Germania è campione del mondo, gli Usa solo quarti. Torneranno Dream Team? A Parigi le star Nba cercano il loro quinto titolo consecutivo, peccato che i cinque ultimi Mvp (most valuable player), giocatori migliori del campionato, siano tutti nati fuori dall’America.

Parigi nuovamente olimpica

Respiro, altra parola chiave. Nel 2024 non si tratterrà più il respiro. Dopo due Olimpiadi senza pubblico finalmente si torna allo stadio e a un mondo che ritrova la voce. Momenti di Gloria nei Giochi del Centenario. Citius, altius, fortius. Il motto di Henri Didon e adottato dal barone de Coubertin esordì proprio a Parigi 1924. La Francia non vuole rimpicciolire la sua grandeur: cerimonia inaugurale non più allo stadio ma sfilata sulle acque della Senna. La festa del mondo deve appartenere a tutti e non solo al pubblico dello sport. Gli eventi si terranno all’interno e intorno ad alcuni dei monumenti più famosi della città, tra cui la Torre Eiffel, la Reggia di Versailles e Place de la Concorde. Apprezzata la sobrietà: niente alcolici negli stadi, tranne che nelle zone Vip (un bello 0 inaugurale Gianni Mura glielo avrebbe dato). La città di Charlie Hebdo, della strage del Bataclan, della cattedrale di Notre Dame in fiamme, vuole far dimenticare lutti e tragedie e tornare Ville Lumière. Cara, carissima Parigi. Auguri ai nuovi Maigret della sicurezza e ai turisti perché il prezzo dei biglietti vale un gioiello di Cartier.

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L’anno che verrà

Caldo, sarà un mondo sempre più caldo. Per clima e tensioni. E perché lo sport continua a spostarsi sempre più verso l’Asia, nell’area araba dove a quasi 39 anni Cristiano Ronaldo continua a buttarla dentro. Mentre la Francia attende che il suo capitano-calciatore, Kylian Mbappé, ex ragazzo della periferia (ora vive in un attico davanti alla Tour), decida se restare a Parigi o trasferirsi a Madrid, il mondo e l’Italia aspettano di sapere se il vincitore del primo torneo del Grande Slam avrà un nome nuovo. Ci sono quelli che non se vanno come Djokovic, quelli che ritornano come Nadal, quelli che si affacciano come Sinner e quelli che si riaffacciano come Alcaraz. Ma se lo sport significa provarci sempre, anche nell’eterna lotta vecchi e giovani, a voler tenere in mano la racchetta di Sinner, ormai saldo in cima alla classifica mondiale, c’è molto più di un villaggio azzurro. Meno baci (non richiesti), più rispetto. E dai, esageriamo, anche più tolleranza e apertura. Nello sport si gioca con e non contro tutti. Con chi corre con le super scarpe monouso da 500 euro e chi con la vecchia tuta da rifugiato, con chi può scegliere chi amare e con chi no, con chi prega e con chi non crede, con chi ha una via Emilia su cui far scorrere i motori a due a quattro ruote e chi ha solo i piedi nudi. Perché un po’ di memoria non guasta. E un secolo fa a Parigi in piscina arrivò un ragazzo di 19 anni con l’accappatoio bianco della divisa americana, perché con uno stratagemma (scambiandosi la data e il luogo di nascita con il fratello più giovane) risultava nato negli Usa. Invece Johnny Weissmuller, futuro Tarzan, veniva da un paese, appena fuori Timisoara, in Romania, prima che i suoi emigrassero nel 1905 in cerca di lavoro in America.

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Possibilità. Questo lo sport ha sempre dato e continua a offrire. Una mano, una stretta di mano, un diverso destino. A chi è diviso da guerre e ostilità. E magari anche il sogno di difendere gli abbracci. L’ultimo tra Vialli e Mancini a Wembley e quello tra Tamberi e Jacobs a Tokyo. Non perché dentro hanno l’oro, ma perché sono pieni del mondo di domani.

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