Ian Schrager, l’inventore dello Studio 54: “Apro un hotel a Roma per farvi sentire delle star”

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Con lo Studio 54 ha cambiato il volto dei club, con i suoi hotel quello dell’ospitalità. Il segreto di Ian Schrager? Creare esperienze immersive alla portata (quasi) di tutti. L’inventore della formula dei boutique hotel ha appena aperto in Italia The Rome Edition, a due passi da via Veneto. Un gioiello di 93 stanze a cui nel 2025 seguirà Milano. C’è da star sicuri che, come successe per il 54, farà sentire gli ospiti le star dello show. 

Ian Schrager e Steve Rubel proprietari del nightclub Studio 54 

A prima vista club e hotel non hanno nulla in comune. Uno tiene sveglie le persone, l’altro le manda a letto.  
«Entrambi hanno l’obiettivo di prendersi cura delle persone e tenerle allegre. Certo il settore alberghiero è molto più civile di quello dei locali notturni, ma anche un hotel è una forma di intrattenimento». 

Che tipo di esperienza si farà nel suo nuovo hotel romano?
«Si avrà la sensazione di essere in un posto speciale, davvero glamour. Come quando si entra in un locale notturno e si percepisce l’elettricità. Non sai esattamente che cos’è, ma c’è. Un hotel deve catturare lo spirito della città in modi sottili, essere un microcosmo. Vai al Rome Edition non solo per dormire. Devi proprio sentirti a Roma e poter avere tutto quello che vuoi anche solo restando lì».

Grace Jones allo Studio 54

 Che tipo di clienti si aspetta di vedere? 
«È difficile categorizzare. Mi aspetto da Mick Jagger che ha 80 anni a Miley Cyrus o Ariana Grande. La sensibilità attraversa la popolazione in lungo e in largo. E quando metti insieme persone diverse l’energia di un posto aumenta». 

Lei è nel settore ospitalità dall’84, quando inaugurò il Morgans a New York. Come è cambiato il concetto di lusso?
«È sempre in evoluzione ed è più accessibile. Oggi la moneta corrente del lusso non sono i soldi, ma l’apprezzamento della raffinatezza. L’élite è fatta di persone che rispondono alle cose belle della vita. Il compito di un hotel non è tanto servire in guanti bianchi e bottoni dorati, ma farti vivere un’esperienza senza attriti in modo che tu possa stare a tuo agio e goderti il tempo. Quando arrivo non voglio sedermi e bere champagne dopo un volo intercontinentale, ma andare velocemente in camera a farmi una doccia».

Lo stilista amerciano Halston con Bianca e Mick Jagger allo Studio 54 durante il party di compleanno di Bianca Jagger

I vostri hotel sono famosi per avere stanze da letto molto piccole. È nella lobby che accade tutto.
«Esatto. E questo è molto importante oggi perché la tecnologia ci sta isolando. Pensavamo che ci avrebbe regalato più tempo libero e invece ce lo ha tolto. Bisogna avere l’opportunità di incontrare e interagire con persone diverse». 

Un elemento chiave dei suoi hotel è il design. Cominciò con Philippe Starck e poi Herzog & de Meuron, John Pawson…
«In verità cominciai con Andrée Putman al Morgans. Starck arrivò quando vidi come aveva reinventato il concetto di brasserie a Parigi. E il bagno. Lo chiamai per il Royalton».

Da sinistra Bob Colacello, Jerry Hall, Andy Warhol, Debbie Harry, Truman Capote e Paloma Picasso a una festa dello Studio 54 per la rivista INTERVIEW

Lo Studio 54 è stato definito la “Woodstock di clubland”. In un timeframe di soli 33 mesi tra la fine della guerra in Vietnam e la crisi dell’Aids ha avuto un enorme impatto sulla cultura. Perché?
«Era un ottimo prodotto e la gente lo sapeva, come oggi lo sa il cliente che compra un telefono Apple, che è diventato quasi un culto. Un prodotto attrae le persone perché è diverso dagli altri e comunica delle emozioni. Ha uno spirito. Io e Steve (Rubell, il socio ndr) facevamo in modo che la gente tutte le sere si sentisse libera di divertirsi. È la stessa libertà che voglio in hotel. Ma non avevamo idea di cosa facevamo. Il club fu un successo immediato. Steve mi telefonò alle 5 del mattino. Eravamo finiti sulla prima pagina del giornale di New York, cosa mai successa prima per un locale notturno. Urlai: “Steve we made it!”. Ci sentivamo come aggrappati a un fulmine». 

Vladimir Horowitz con la moglie Wanda Toscanini

Da Andy Warhol a Grace Jones a Diana Ross. La sua celebrità preferita?
«Vladimir Horowitz. Veniva con la moglie (Wanda Toscanini, ndr) e ballava con i tappi per le orecchie. Per noi era emozionante. Una convalida!». 

La door policy era molto severa. Andy Warhol disse che il 54 “era una dittatura alla porta e una democrazia sulla pista”. 
«Pensavano che lo facessimo per chissà quali motivi, ma in realtà la door policy era la stessa di chi fa una cena a casa sua e invita le persone che possono andare d’accordo. La diversità creava la scintilla. Una ragazza con la tiara che balla accanto a un uomo in jeans e a torso nudo. Era tutto in funzione della riuscita della serata». 

Andy Warhol, Calvin Klein, Brooke Shields e Steve Rubell allo Studio 54 nel1981

Bianca Jagger a cavallo, la festa di Dolly Parton. Quanto spendevate  per “nutrire una bestia” aperta sei giorni su sette?
«Centinaia di migliaia di dollari a serata. Oggi sarebbero milioni. La mia festa preferita era Halloween, quando c’era la massima libertà. Immagini 2mila persone tutte insieme che si sentono libere di fare qualsiasi cosa quella notte, i costumi, le scenografie che riuscivamo a creare. Era magico. E poi la mattina dopo non c’era più nulla. Volevo stupire e voglio farlo ancora». 

Oggi la cultura dei club è in declino. 
«È il momento di proporre una nuova idea. Io l’ho fatto con Studio 54, ma credo di essere in grado di farlo anche adesso. Un club che punti a raggiungere la libertà assoluta, dove si balli furiosamente, dove la gente si diverta. Penso di poterlo fare in un secondo».

Farrah Fawcett balla con suo padre nel 1978 allo Studio 54

L’avventura dello Studio 54 non finì bene (Schrager e Rubell andarono in prigione per frode fiscale). Ha dei rimpianti?
«Non molti, ho sempre fatto quello che ho voluto. Vorrei non essere stato così sciocco e non aver vissuto quella terribile esperienza. Ma credo che le avversità rivelino davvero chi sei».  

Ian Schrager. Foto Chad Batka
il club Palladium
Bar Chrystie del Public. 
Il Public hotel di New York
Times Square Edition. Foto di N. Koening
London Edition. Foto di N. Koening 

Foto di N. Koening – T. Hursley – K. Rodriguez

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