Imprenditori in lista alle Europee, tour nelle fabbriche: il Pd di Schlein a caccia di moderati

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ROMA – Qualche imprenditore in lista alle Europee. Un tour per i distretti industriali, a braccetto con Stefano Bonaccini. Una conferenza a febbraio per lanciare il piano industriale del Pd. Per dirla con Antonio Misiani, responsabile Economia nella segreteria dei democratici, “Elly non ci sta a farsi confinare nella riserva indiana del massimalismo, ad assecondare questa caricatura che mette in circolo chi le vuole male”. Nel giro stretto della segretaria, c’è chi si spinge ad ipotizzare una “fase due” della gestione Schlein, da qui alle Europee. La “fase 1” sarebbe quella di questi primi 10 mesi di mandato: coprirsi a sinistra, ricomporre le fratture con gli elettori che si sono allontanati per la batteria di governi di larghe intese abbracciati dal Pd, da Monti in poi. Marcare le distanze dall’agenda Draghi, anche. Soprattutto – e qui siamo quasi più nell’antropologia, che nella politica – scollare dal Nazareno l’etichetta di “partito del potere”, che Giuseppe Conte, come può, prova a riappiccicare anche sul nuovo corso. Ma ora che si fa?

La crisi di Forza Italia, l’autodistruzione del progetto del Terzo Polo per le bizze dei suoi aspiranti federatori, apre uno spazio politico tutt’altro che trascurabile. In cui il Pd ha tutta l’intenzione di incunearsi. Non solo l’ala riformista. Anche Schlein, racconta chi le sta intorno, non ha voglia di rinunciare a una fetta di elettorato che era considerato fondativo del Pd. Certo riuscirci non è una missione facile. Però, fa notare Misiani, “il voto sul Mes è stato uno spartiacque non solo per le ripercussioni su Forza Italia, ma anche per quel pezzo di mondo imprenditoriale che finora sperava in una Meloni moderata, in grado di dialogare con l’Europa”. Per l’ex vice-ministro dell’Economia, oggi senatore, “è chiaro che Schlein abbia fatto coincidere molto della sua agenda politica con la lotta alle diseguaglianze. Ma un dialogo col mondo dell’impresa c’è”.

Anche in vista della contro-manovra dei democratici, la leader ha incontrato sì i sindacati – il feeling con Maurizio Landini è buono, certo la Cgil non tornerà modalità “cinghia di trasmissione” come ai tempi di Botteghe Oscure, ma almeno l’Opa di Conte pare scongiurata – ma ha anche cercato e discusso col capo di Confindustria, Carlo Bonomi. E con un filotto di sigle che rappresentano la piccola e media imprenditoria: artigiani, commercianti, agricoltori.

Giri di tavolo a cui seguiranno altre mosse, da qui al voto del 9 giugno, cruciale per il Pd ma anche per il destino della sua giovane segretaria. Schlein ha in testa un tour nei distretti industriali dello Stivale. Lombardia, Veneto, la Motor Valley emiliano-romagnola. Sud. La segretaria vorrebbe essere affiancata, in queste tappe, da Stefano Bonaccini, l’ex rivale del congresso ora presidente del partito, che da luglio sta provando a fondere le correnti riformiste e cattoliche del Pd, con la sua area “Energia Popolare”. Bonaccini su questo chiodo batte da mesi. Certo, con toni meno tranchant rispetto alla campagna delle primarie, quando diceva che tra i difetti di Schlein ne notava soprattutto uno: “Difficilmente Elly pronuncia le parole impresa e crescita”. Un consiglio, forse non richiesto, che comunque la segretaria ha dimostrato di avere colto.

Più che infilarsi nelle polemiche di giornata, anche ad alto tasso di popolarità social – dallo spot della pesca dell’Esselunga al pandoro di Chiara Ferragni – la quasi totalità delle esternazioni pubbliche di Schlein è imperniata sull’economia e sul lavoro. Anche per smentire l’altra narrazione in voga tra i suoi detrattori, cioè che “parli solo di diritti Lgbtq”.

A febbraio, a ridosso del congresso del partito socialista europeo, che si terrà a Roma, Schlein lancerà una conferenza nazionale per illustrare il piano industriale del Pd. Un modo per dire: Meloni non se ne occupa, lo facciamo noi. Un percorso, il dialogo con le imprese, che si è già in parte manifestato in queste settimane, quando nella “manovra alternativa” del Nazareno sono spuntate misure come Industria 4.0, i voucher per la digitalizzazione delle pmi, i pannelli fotovoltaici per le imprese, idea di Romano Prodi.

C’è poi il capitolo liste, che Schlein aprirà a gennaio, per provare a risolvere il tetris tra fine febbraio e inizio marzo. Il nodo principale, di cui tutto il partito discute dalla fine dell’estate, è se la segretaria scenderà direttamente in campo, candidandosi per Bruxelles come probabilmente farà Meloni. Schlein però sembra più concentrata sul «profilo», o meglio, sui diversi “profili” da candidare, per dare l’idea che il suo Pd plurale lo sia davvero. Punta a liste “aperte”, diceva alla contro-Atreju di due settimane fa, dove gli oratori principali erano Prodi, Letta, Gentiloni e Bindi. “Sembrava un congresso della Margherita”, la battuta fulminante dell’ex ministro Andrea Orlando. E lo spettro di questa apertura, raccontano parlamentari di peso vicini alla leader, porterà anche ad imprenditori ed economisti in lista. Chiarezza di linea politica, senza però farsi chiudere nella “riserva indiana” costruita da avversari interni ed esterni: è la puntata di Schlein.

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